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C2C: Best of

Siamo stati alla XX edizione del festival e questi sono stati i nostri act preferiti

Scritto da La Redazione il 11 novembre 2022

Foto di Kimberley Ross

È tornato il C2C e l’ha fatto come al suo solito, con quell’attitudine di chi guarda verso il proprio territorio ma dopo essersi fatto un bel giro fuori dal paese – cosa che, date le preview internazionali, è effettivamente successa. Un’edizione di addirittura quattro serate di concerti, con la volontà di voler mappare tutto ciò che c’è di interessante e innovativo nel panorama europeo e mondiale, oscillando tra i nomi più freschi e gli hall of famer, le scommesse e le certezze, i guest internazionali e quelli locali – un’intera serata, l’ultima, a cura di Gang of Ducks, label di riferimento della musica elettronica underground torinese.

Una line up che permette al pubblico italiano di vedere artisti che difficilmente passano dalle nostre parti.

Abbiamo ballato, ci siamo divertiti e abbiamo scoperto, o confermato, quali sono i nostri artisti di punta del momento. Di seguito, gli highlights del festival secondo ZERO:

BLACKHAINE

Il live di Blackhaine sembra non partire mai e non smettere di partire allo stesso tempo. Il performer originario di Manchester ha incantato con una presenza scenica amena: un fantasma bianco, dinoccolato e oblungo che si è contorto disordinatamente, riflettendo nei movimenti del corpo le produzioni della sua musica. Brani attraversati da una tensione costante terribilmente eccitante, un infinito crescendo senza nessuna risoluzione. Ingannato, il pubblico ha addirittura provato a formare mosh pit mai veramente partiti, dissoltisi invece subito con la comica rovinosità di un altissimo castello di carte che crolla.

JAMIE XX

Jamie XX e Club To Club sono un’accoppiata così giusta che quasi stona. Il capo dell’elettronica inglese rappresenta la doppia anima che ha da sempre la rassegna torinese: da un lato, scura ma divertente, con i bassi spinti al massimo e quell’atmosfera collettiva che solo i festival musicali sono in grado di creare oggi; dall’altro, un mash-up di fini riferimenti culturali alti e bassi, che spaziano dal 2° Coro delle Lavandaie a Gil-Scott Heron. Jamie XX non delude mai, ma innova poco. E per chi lo segue religiosamente da un festival all’altro come i sottoscritti, sarebbe più interessante vederlo uscire da una comfort zone ormai consolidata.

CARIBOU

Caribou è l’altra carta vincente di ogni festival degli ultimi anni, insieme a Jamie XX. A Torino ha dato riprova che la dimensione live è il suo habitat naturale: pop senza sbavare, elettronico e indie in ogni sua produzione, ha quella capacità unica di farti essere in un club e ad un concerto contemporaneamente. Un’esperienza immersiva e totalizzante che ti trasporta in un cosmo alternativo in cui ogni nota ha il solo scopo di farti star bene col mondo.

BILL KOULIGAS

La vera rivelazione di questo festival. Almeno per chi, come noi, ne ha ballato ogni singola traccia fino alle 4:30 del mattino. Bill Kouligas è uno di quei DJ che ha il potere magico di non farti lasciare mai la pista, contro ogni tua volontà di andare a casa. L’artista tedesco prende l’oscurità di Amnesia Scanner e Yves Tumor (di cui ha pubblicato diversi lavori attraverso la sua label PAN) e li mischia con techno danzereccia e campioni industriali anni ’90. È una ventata di Berlino che ti ricorda perché la capitale tedesca è ancora la patria dell’elettronica in Europa.

MAKAYA McCRAVEN

La mano di Makaya McCraven po esse fero o poesse piuma. Al C2C è spesso stata ferro: la poliedricità del batterista di Chicago si è espressa in un set che ha infarcito il raffinato jazz contemporaneo (con tanto di archi) del suo ultimo album con break hip-hop secchi e ipnotizzanti. Un concerto bellissimo, capace di far muovere il collo anche ai clubber più indefessi e non abituati alle sonorità di questo tipo; grazie anche ad un impianto ed una equalizzazione sulle medio-basse semplicemente esagerati – in senso positivo. La libertà  di “Bitches Brew” incontra J Dilla all’interno di un club techno. Tutto vero, tutto bellissimo.

PA SALIEAU

Il cucciolo di leone dal Gambia è diventato ufficialmente re: King Salieau entra con una gigantesca maschera tribale africana e appena la toglie emerge un sorriso a trentaquattro denti, talmente potente da ricevere in feedback un’energia dal pubblico sufficiente per godersi il resto della performance senza particolari sforzi, divertendosi come se fosse la prima volta che sale su un palco di queste dimensioni. Con lui batterista e bassista (che suona anche il synth) perfetti per ricalcare le sue strumentali afro-beats. Una vibe nel pubblico di quelle che ti fa percepire poco meno di un’ora di concerto – non saprei esattamente, l’orologio è l’ultima cosa che ho guardato, NdR – come una manciata di minuti. A mani basse uno dei migliori act del festival.

BICEP

Il duo dell’Irlanda del Nord ha incantato il Lingotto con uno degli show più spettacolari di questa edizione. Probabilmente uno degli act con maggiore affluenza, un distesa di persone che arrivava praticamente a riempire la sala del Main Stage. Lo schema è semplice e circolare: break – build up – drop; un loop enorme di sali e scendi tanto prevedibile quanto efficace e capace di tenere il pubblico sotto palco per la durata di due ore. Complice, un gioco di luci e di laser degno di una navicella spaziale. To the moon and back, several times.

DJ PLEAD

Chiudere il sabato non è un’impresa affatto facile. Da molti DJ Plead era aspettato con un misto di curiosità e speranza: confermerà quanto di buono (tanto) i suoi ep, remix e singoli avevano fatto sentire? La risposta, possiamo dirlo con tranquillità è: . Un set meraviglioso, che nella sua apparente staticità in realtà si muoveva tantissimo, solo in modo diverso rispetto a quello cui si è abituati in questo tipo di situazioni. Nessun crescendo plateale o drop da festivalone, nessun effetto A/V ad aiutare. Piuttosto una pulsione costante che prendeva per mano e faceva visitare con agio arrangiamenti percussivi stratificati e ricchissimi, formicolii eccitanti su corpo e cervello. Un clubbing dalla qualità quasi afrobeat, in cui si poteva ballare seguendo la libertà delle percussioni o la sicurezza della cassa, mescolando tutto a piacere. Grande conferma e speriamo nuova certezza per il futuro.

HANS ARSEN & REPTILIAN EXPO

Sorpresa domenicale piacevolissima la collaborazione tra Hans Arsen e Reptilian Expo. Sulle produzioni precise come un orologio svizzero del secondo, il primo ha viaggiato con un’ammaliante grazia scomposta, una sorta di attraente goffagine. Uno yin e uno yang che ha funzionato molto bene, con dei bassi così rotondi e porosi che ancora vibrano nel cranio mentre i sussurri provano a farsi spazio tra quello che rimane.

STENNY & EHUA

Bombardamenti di bassi e batterie contro la folla come fosse una partita di paintball dove però, al posto dei colori troviamo le onde sonore che esplodono contro il pubblico, e dove invece, al posto di schivarli, vince chi raccoglie più colpi rimanendo sul campo sfiancato. Harsh bass music nello stile di Ilian Tape, label tedesca di riferimento per questo tipo di sound. Coppia collaudata e super funzionante, assolutamente da rifare. Una vera e propria chiusura col botto per questo C2C.

Il Club To Club è in assoluto un’entità, un vero e proprio punto di riferimento per chi, qua in Italia, vive di musica soprattutto proveniente dall’estero. Il più grande merito dell’organizzazione è quello di essere riuscita negli anni a formare e costruire una manifestazione capace di creare una line up che permetta al pubblico – e nonostante la significativa quota di una audience non-italian speaking, qua mi soffermo sulla parte italiana – di vedere artisti che difficilmente passano dalle nostre parti, il tutto con una trasversalità che tanto ricorda lo stampo dei festival internazionali. E non da meno, di fare una grande festa. Altrettanti anni di sorprese, di super guest, e ovviamente di C2C.

HANNO CONTRIBUITO AI TESTI: GIULIO PECCI, TOMMASO MONTEANNI E IRENE PAPA