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Dieci dischi psichedelici secondo Adele Nigro

Ospite della prima delle due giornate del Rome Psych Fest, la voce e anima di Any Other dà la sua personale 'visione' di psichedelia con '10 dischi matti' per arrivare preparati al festival.

Scritto da Chiara Colli il 9 novembre 2018

Foto di Mattia Savelli

Dilatare le percezioni sensoriali, sorprendere e portare in luoghi inaspettati con la musica ma pure con i testi (quando se ne è capaci…), sperimentare incrociando suoni e generi diversi, ripetere certi pattern finchè quel moto circolare non assuma forme ogni volte diverse: la psichedelia è (anche) tutto questo. E ok, seppur nessuno definirebbe mai “Two, Geography” di Any Other come un disco “psichedelico“, va detto che quando abbiamo ascoltato per la prima volta “Walkthrough”, con quel suo andamento inquieto che lambisce addirittura territori “free”, il pensiero che ci fosse qualcosa di mesmerico e sperimentale nel secondo disco di Adele Nigro ci ha sfiorati eccome. Un disco indie rock decisamente più avventuroso del previsto, che scivola attraverso un labirinto interiore dove folk e soul (per menzionare giusto due sfumature) aprono a scenari non esattamente scontati quando si parla di cantautorato e indie italiano. Un viaggio pieno di prospettive diverse.

Il Rome Psych Fest, come un po’ tutti i festival/musicisti/etichette internazionali, ha fatto proprio il concetto, buono e giusto, per cui la psichedelia non è un genere, ma un’attitudine, qualcosa di ravvisabile in espressioni musicali anche molto diverse tra loro. E quindi, più che un “cortocircuito”, chiedere a una musicista sorprendentemente solo ventiquattrenne come Adele Nigro – che con i suoi Any Other sarà ospite della prima delle due serate dello Psych Fest – di scegliere 10 dischi psichedelici è un gioco, un sfida, un modo per cambiare ancora una volta prospettiva.


Adele ci dà la sua visione di psichedelia, con 10 dischi la cui eco è effettivamente ravvisabile anche nel suo secondo album. Dieci dischi “matti” (non senza sorprese), per entrare nel mood giusto del festival.

JULIA HOLTER- “Aviary”
Uscito da poco, è l’ultimo disco di Julia Holter. È un disco complesso pieno di input diversi: c’è la psichedelia, c’è la musica colta, c’è l’elettronica. Dentro c’è anche Tashi Wada. Secondo me è gigantesco.

THE BOOKS – “The Lemon Of Pink”
Collage music da paura. C’è un grande equilibrio di sample e strumenti acustici. Quando lo si ascolta, scorre in modo naturale e piacevole, ma se ci si sofferma sui singoli pezzi si capisce che ci sono mille chicche interessanti.

DON CHERRY – “Brown Rice”
Forse uno dei miei dischi jazz preferiti di sempre, eterogeneo al punto giusto. Il secondo pezzo, “Malkauns”, presenta un drone di tambura indiana che si sposa alla perfezione con la pocket trumpet di Don Cherry.

ROBERT WYATT – “Rock Bottom”
Colosso nella discografia di Robert Wyatt, fu prodotto dal batterista dei Pink Floyd Nick Mason. Già dall’apertura con “Sea Song” si capisce quanto grande sia.

PAULINE ANNA STROM – “Trans Millenia Music”
È una raccolta edita da RVNG Intl. di vari lavori di P.A. Strom. Aneddoto: l’anno scorso c’è stato un periodo in cui non riuscivo a dormire, allora mettevo su questo disco e riuscivo finalmente a addormentarmi – non perché è noioso, anzi, è strepitoso, ma perché trovo che abbia un grosso effetto calmante, meditativo.

PENGUIN CAFE ORCHESTRA – “Music From The Penguin Cafe”
Strumentali, innesti vocali, musica da camera, folk, minimalismo: ci sono mille cose nel primo disco della inglese Penguin Cafe Orchestra. È un disco interessante e a tratti divertente da ascoltare, pieno di cosine piccole che si notano man mano che lo si ascolta.

PARK JIHA – “Communion”
Jazz, minimalismo, improvvisazione: in questo disco di Park Jiha, compositrice sudcoreana, troviamo tutte queste cose. Ci sono strumenti della tradizione musicale coreana, ma anche sax, clarinetto basso, vibrafono… Disco assurdo, a tratti quasi violento, bellissimo.

A.V. – “Outro Tempo: Electronic and Contemporary Music from Brazil, 1978-1992”
Come suggerisce il titolo, è una compilation di musica brasiliana elettronica. Ma non c’è solo l’elettronica: c’è la sperimentazione, la fusion, le esperienze di musica tradizionale riviste e rimasticate. Molto interessante.

ARTHUR RUSSELl – “World Of Echo”
È il disco completamente “solista” di Arthur Russell. Dentro c’è la melodia, ma anche la sperimentazione e la dub, tutto rimaneggiato in fase di produzione grazie a eco, riverberi, elettronica. È toccante e avvolgente nonostante non sia un disco pop di forma canzone.

ANIMAL COLLECTIVE – “Sung Tongs”
Disco registrato solo da Avey Tare e Panda Bear praticamente a casa su un otto tracce, mixato e sovrainciso e poi rimixato. Ci sono chitarre acustiche, voci, rumori, percussioni… Ritmicamente è complesso ma senza affaticare l’ascolto, perché c’è anche una forte componente pop. Qualche anno fa l’hanno suonato dal vivo in duo, c’è un video intero del live su youtube. Guardatelo!