Ad could not be loaded.

Giocare in velocità: il basket in carrozzina alla BVA

La pallacanestro paralimpica richiede forza e concentrazione, bisogna imparare a giocare e a correre in velocità e a tirare

Scritto da Laura Antonella Carli il 21 aprile 2022
Aggiornato il 26 aprile 2022

Foto di LawLup

Dall’inaugurazione della Bebe Vio Academy abbiamo seguito gli allenamenti con i ragazzi, i bambini, incontrato i coach, i trainee e gli studenti. Volevamo capire di cosa si trattasse, di come lo sport potesse fare della competitività una comunità coesa, di come l’allenamento, i riflessi, la velocità e la fatica potessero diventare stimoli concreti per compiere qualcosa che prima non si credeva di poter fare. Abbiamo deciso di raccontarvi, allenamento per allenamento, cosa succede nelle discipline paralimpiche che vengono coltivate tra il Bicocca Stadium e il Centro Sportivo Iseo: ateltica, calcio, scherma, sitting volley e basket in carrozzina. Ci siamo andati, li abbiamo conosciuti tutti e ci abbiamo anche giocato. La scorsa volta abbiamo seguito gli allenamenti del sitting volley, questa volta abbiamo assistito al basket in carrozina.

Il basket in carrozzina è tra gli sport paralimpici più popolari: è conosciuto, seguito e anche molto trasmesso in televisione. Forse perché, esattamente come il basket canonico, è uno sport serrato, dinamico e spettacolare. Rispetto al basket tradizionale, però, una partita di pallacanestro in carrozzina fa sorgere alcune domande in chi la guarda: quanto è difficile gestire contemporaneamente palla e carrozzina? Il tiro a canestro presuppone una tecnica diversa? È difficile palleggiare tenendo conto dell’ingombro delle ruote?

In questi mesi ho avuto la possibilità di frequentare la realtà unica della Bebe Vio Academy: il progetto di avviamento sportivo studiato da Bebe Vio in partnership con Nike e gestito dall’associazione art4sport che permette a ragazze e ragazzi dai 6 ai 18 anni, con e senza disabilità, di sperimentare cinque discipline sportive: scherma in carrozzina, calcio amputati, sitting volley, atletica paralimpica e, appunto, basket in carrozzina. Una delle frasi che mi sono sentita ripetere più spesso da staff e volontari – e dalla stessa Bebe Vio – riguardava l’importanza di mettersi in gioco in prima persona. In un contesto così multidisciplinare e inclusivo, infatti, è difficile che tutti sappiano già fare tutto. Va da sé che parte della sfida e del divertimento sta, anche per adulti e coach, proprio nel cimentarsi in cose mai fatte e nel buttarsi nella mischia insieme ai ragazzi. Così ho deciso di provare a mia volta, partecipando all’allenamento di una disciplina che mi aveva particolarmente colpito per la sua vivace complessità.

Sono fatte apposta per giocare e correre in velocità: delle carrozzine in versione Formula 1.

“Devi avere contemporaneamente la gestione della carrozzina e della palla” mi aveva anticipato Riccardo, uno dei tirocinanti dell’Academy. Non solo: la pallacanestro paralimpica richiede anche forza fisica, o meglio: una buona gestione della propria forza. Le carrozzine utilizzate per il basket hanno caratteristiche tecniche specifiche che garantiscono maggiore velocità e migliore manovrabilità, oltre che un sistema di antiribaltamento. L’asse delle ruote, dotate di corrimano, è inclinata tra i 12 e i 20 gradi. Sono fatte apposta per giocare e correre in velocità: delle carrozzine in versione Formula 1.

Il riscaldamento inizia con i classici giri di campo. Il primo impatto con la carrozzina è duplice: da una parte è divertentissimo, si inizia a correre e a girare su sé stessi come se si fosse sui pattini o su qualsiasi altro sistema dotato di ruote che ti permette di scivolare veloce sul pavimento come su una lastra di ghiaccio. O sui go kart. Dall’altra ci si rende subito conto che, per gestire con efficacia un ausilio di questo tipo, è necessario fare un po’ di pratica. Mi è stato particolarmente chiaro quando mi sono resa conto che rispetto ai ragazzi, che dopo settimane vantano una certa dimestichezza, ero sempre un esercizio indietro. Io stavo ultimando l’esercizio precedente, loro erano già passati a quello successivo. I primi step sono dunque delle sorte di “prove di guida” perché in questo tipo di pallacanestro la carrozzina è considerata parte del giocatore: inizialmente è un aspetto in più da gestire, ma dopo un po’ di pratica diventa una risorsa e una fonte di divertimento ulteriore.

Il basket è uno degli sport paralimpici più fedeli alla controparte canonica. Le dimensioni del campo sono le stesse, il canestro e la sua altezza sono identici, così come la palla e la posizione della linea dei tre punti. Anche la durata delle partite è la stessa: quattro periodi di dieci minuti. A livello professionistico esiste un sistema a punti – da 1 a 5 – assegnato ai giocatori per comporre squadre, ma nel contesto informale della BVA questo aspetto può essere trascurato. Una regola importante riguarda invece i “passi” e i “doppi” della pallacanestro tradizionale. I due passi diventano due spinte di ruote mentre la regola del doppio palleggio rimane uguale: una volta interrotto il palleggio non può essere ripreso. Dopo i primi esercizi di gestione della carrozzina – con e senza palla – si procede con i tiri a canestro e poi con la partita vera e propria. “La tecnica di tiro è la stessa”, mi spiegano gli allenatori. Tuttavia per me, che ho poca forza nelle braccia, tirare a canestro senza darmi la spinta con le gambe non è semplicissimo. Chiedo consiglio a qualcuno dei ragazzi che si sta allenando con me: mi mostrano la posizione corretta delle mani e mi spiegano le loro tecniche. La mia performance migliora un po’.

La partita è ovviamente il momento più atteso. È allegra e dinamica, un mix di agonismo e aiuto reciproco.

“I ragazzi vorrebbero arrivare subito a canestro. Il nostro compito è insegnare loro i fondamentali facendoli divertire”, mi raccontano Marco Tomba e Carlo Orsi, coach di basket della BVA. E in effetti, come ci si aspetterebbe, la partita è il momento più atteso. È allegra e dinamica. Un felice mix di agonismo e aiuto reciproco, che si esplicita soprattutto nella spontanea volontà di coinvolgere tutti nel gioco, non solo chi ha le doti da cestista più spiccate.

Tomba e Orsi lavorano insieme da 7 anni, arrivano entrambi dal basket in piedi e allenano presso la Briantea84 di Cantù, in serie A. Marco Tomba è approdato all’allenamento dall’arbitraggio: “Facevo l’arbitro di basket in piedi, guardando la paralimpiadi mi sono appassionato anche al basket in carrozzina, ho iniziato ad arbitrarlo e così ho conosciuto l’ambiente e non l’ho più lasciato”. Oltre al divertimento, confermato da tutti i coach dell’Academy, Orsi e Tomba sono molto felici di allenare alla BVA anche per la possibilità di reclutare nuove leve. “Siamo sempre in cerca di nuovi atleti”, mi spiega Orsi: “e questi due anni di pandemia non hanno certo aiutato”. Orsi e Tomba erano abituati a fare “scouting in giro”, nelle scuole o negli oratori. “I ragazzi più sport conoscono meglio è, e qui alla BVA ne sperimentano cinque in un colpo solo, si fanno una panoramica”. Con il loro occhio esperto da allenatori, i due mi rivelano di aver già individuato alcuni ragazzi che vorrebbero portare nella loro società, che poi è uno degli scopi fondamentali della BVA: offrire un ventaglio di esperienze che permetta, a chi lo desidera, di intraprendere poi un percorso sportivo mirato.

Per i profani si tratta di imparare due discipline in una: giocare a pallacanestro e guidare la carrozzina.

Per quanto riguarda la mia esperienza con il basket in carrozzina, posso dire che sì, in parte è difficile come sembra, ma è solo questione di abitudine. Lo dimostrano con efficacia i ragazzi, che si destreggiano perfettamente, come se la carrozzina fosse una prosecuzione del loro corpo. E non parlo solo di chi ha disabilità motorie ed è già abituato a questo tipo di ausilio, ma anche di chi si è approcciato per la prima volta a una carrozzina proprio alla BVA. Per i profani si tratta di imparare due discipline in una: giocare a pallacanestro e guidare la carrozzina. Fare le due cose contemporaneamente non è semplice ma è entusiasmante e dà molta soddisfazione. Si tratta di uno sport molto completo, che richiede concentrazione, precisione ma anche forza ed esplosività. Il giorno dopo il mio allenamento avevo male alle braccia e raccontavo a tutti la mia esperienza.

 

La seconda sessione di allenamenti andrà da marzo a fine maggioQui è possibile inviare la richiesta di iscrizione alla sessione di settembre, mentre per ulteriori informazioni: bebevioacademy@art4sport.org