Sono quattro anni che Hyperlocal racconta i quartieri e le scene artistiche e musicali di riferimento. Nato inizialmente nel 2021 come un magazine cartaceo in affissione, pensato alla stregua di una mostra a cielo aperto o un “giornale da passeggio”, dove i volti degli abitanti dei quartieri torreggiavano per le vie della città raccontandosi e assieme inquadrando le ragioni estetiche, politiche e sociali, che configurano un’identità collettiva del quartiere, Hyperlocal è diventato negli anni una piattaforma. Si sono aggiunti gli omonimi Club, un format di eventi che ha portato sul palco di Triennale Milano quindici quartieri (uscendo dai anche i confini nazionali l’anno scorso) nel quale performers, artiste e artisti, corpi di ballo, registi e poeti si sono esibiti in un palinsesto eterogeneo, rappresentando i crismi e i tropismi estetici del proprio quartiere, vale a dire portando al pubblico quei grovigli culturali non sempre visibili, perlopiù carsici, che costituiscono il limaccio su cui si edificano scene, consolidate e abbozzate. Arriva poi il Festival, un tripudio di due giorni: due edizioni a Milano che hanno visto la partecipazione di decine di quartieri, scelti tra Milano, Roma, Bologna, Torino, Napoli ma anche Marsiglia, Londra e Monaco. Con l’ultima edizione del Festival, Hyperlocal ha messo in chiaro come il lavoro di scandaglio sui quartieri e le comunità sia la messa di un’opera di uno sguardo, un’intuizione che vede la formazione delle scene locali come un fenomeno d’interesse urbano in grado di parlare del e al locale (i quartieri, ma idealmente anche altri territori altrettanto circoscritti) nei termini di una maglia di relazioni culturali e spaziali globali, provando così a fare quell’operazione vecchia come il mondo della relazione parte-tutto, della risoluzione della mappa piana e del globo.
Un’idea di ponte culturale nella quale si configura quel groviglio di rapporti di cui i singoli luoghi si nutrono e nei quali acquistano via via riconoscimento.
Al quarto anno di attività, con alle spalle undici Magazine, quindici Club e due Festival, Hyperlocal annuncia tutte le date del palinsesto estivo a Milano, a cominciare dalla settimana prossima con gli Hyperlocal Talks: il secondo palinsesto di conversazioni realizzato in occasione di ArchWeek, quest’anno nello spazio CUORE di Triennale Milano. La scelta di Hyperlocal si focalizza quest’anno su tre storie ben circoscritte a tre quartieri: sul quartiere Umberto I di La Spezia, dove risiede la più grande comunità europea della Repubblica Dominicana ed è a tutti gli effetti l’unica città italiana in cui il dembow va per la maggiore; sul Centro di Milano e la storia leggendaria di Fiorucci, tra performance musicali storiche, l’invenzione di un modello di store e il successivo – quanto inconsapevole – sodalizio con la generazione Acid House britannica; Porta Venezia e Gratosoglio, con un pezzo inedito della storia diasporica eritrea ed etiope a Milano, a partire dal primo club di world music in città, lo Zimba.
A seguire, ci sono i tre Club. Il primo si colloca molto al di fuori del tiro finora avuto da Hyperlocal: si accoglie Buahbatu, quartiere della città di Bandung in Indonesia, con tutta una scena di musica ad alto volume tra hardcore e metal, curata assieme all’etichetta Artetetra. Il secondo vedrà invece l’esibizione del Centro di Milano, presumibilmente tutto musica classica e contemporanea, balletti e reinterpretazioni di brani storici. Il terzo e ultimo sarà invece su uno dei quartieri ultimamente più dibattuti della città: San Siro, dal quale ci sarà da aspettarsi la presenza indubbia della drill e della trap di quartiere, e certamente un riferimento alla cultura calcistica e allo Stadio, indiscutibile simbolo della città.
Infine il Festival, alla sua terza edizione. Della quale a oggi c’è poco da dire, se non la certezza che i quartieri coinvolti eccederanno notevolmente la dimensione italiana.
Si dimostra insomma l’ampiezza con cui Hyperlocal intende proseguire il proprio lavoro: l’idea di ponte, di relazione culturale transnazionale e di riferimenti incrociati, nella quale si configura quel groviglio di rapporti di cui i singoli luoghi si nutrono, e nei quali acquistano via via riconoscimento.