Emozionata e impeccabile, così Cecilia Alemani ha presentato la 59esima Biennale di Venezia, curata da lei. Nonostante non dovrebbe essere più così, accogliamo con gioia una donna al vertice di questo sviluppo di visioni e sensibilità che, con precisione chirurgica e grande apertura, caratterizza i contenuti e i temi principali che animeranno tutta la manifestazione.
I temi individuati e sviluppati per questa Biennale – Il latte dei sogni, dal 23 aprile al 27 novembre – sono estremamente attuali, toccano i sensi e le emozioni, senza appellarsi a voli pindarici. Tre sono i filoni principali che accolgono le diverse ricerche e le visioni degli artisti: l’abbandono del dogma binario e il riposizionamento dell’essere umano rispetto al tempo e allo spazio; la relazione tra l’uomo e la tecnologia da un punto di vista consapevole e sociale e le forme contemporanee del legame tra la nostra specie e la terra (e oltre), con le sue diverse forme di vita. Questo spettacolare e ampio cammino si sviluppa e sfuma in cinque “capsule”, mostre inclusive che traslano tra nuove produzioni, opere contemporanee e declinazioni storiche, al cui percorso allestitivo hanno lavorato i Formafantasma. E che si articola negli spazi del Padiglione Centrale ai Giardini e in quelli delle Corderie, delle Artiglierie e negli spazi esterni delle Gaggiandre e del Giardino delle Vergini nel complesso dell’Arsenale.
Ulteriore segnale della comprensione e della presa di posizione rispetto ai temi proposti, è la scelta di una maggioranza di artiste donne e soggetti non binari provenienti da un panorama internazionale: per la precisione 213 artiste e artisti provenienti da 58 nazioni di cui 26 italiani, 180 alla prima partecipazione alla Mostra Internazionale, 1433 le opere e gli oggetti esposti e 80 nuove produzioni.
Sarà anche la condizione straordinaria in cui questa Biennale è stata costruita, ma le premesse e le promesse ci sono tutte e dalle quali traspare anche un certo coraggio, un esporsi e prendere posizioni di riflessioni su tematiche importanti ma con approccio propositivo.
Insomma, ci sarà da farsi un viaggetto nella sempre splendida Venezia e lasciarsi nutrire da questa edizione della Biennale, dalla poesia vivace che nutre anche il titolo (liberamente ispirato dal libro di favole di Leonora Carrington) e anche dal catalogo che, grazie ai tempi più dilatati del solito, contiene lunghi saggi che aprono e approfondiscono, tra filosofi, pensatori e un racconto mai tradotto della visionaria Ursula K Le Guin.