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Il mio bling bling tra i bar degli Hotel a 5 stelle

Gli hotel dai tappeti rossi dove è sempre Natale, le auto superano i 100k e lo sfarzo è una ragione di vita

quartiere Centrale

Scritto da Martina di Iorio il 10 febbraio 2022
Aggiornato il 17 febbraio 2022

Foto di Agnese Bedini & Melania Dalle Grave DSL Studio

Un mio amico, sicuramente geniale ma con qualche turba sul versante autostima, mi diceva sempre: “Oggi è stata una giornata storta, ho bisogno di lusso”. E così facendo riusciva a propormi cose mirabolanti, per niente scontate, di certo poco economiche. Il lusso, continuava con fermezza, è quel segmento commerciale che rende la vita meno penosa, più brillante. Sarà che gli ho creduto, che forse mi devo fare un’iniezione di quel po’ di lusso che mi manca quotidianamente, integrandolo con una dose booster di sfarzo, eleganza, guanti bianchi e arredi importanti. Mi domando: come integrare la mia passione per il bere con questa spinta verso una vita mondana, patinata e sfavillante? Per un no radicale allo spritz economico, al bicchiere di plastica e al freddo dei marciapiedi, parto alla ricerca dei migliori banconi dei bar a 5 stelle. Soprattutto negli hotel.

Per un no radicale allo spritz economico, al bicchiere di plastica e al freddo dei marciapiedi.

Prima di approcciarmi a questo tour patinato, mi faccio alcune domande sul concetto di lusso. Se questo sia legato a un’esperienza di tipo esclusiva, unica, rara e irraggiungibile. Oppure se sia qualcosa da ostentare, che chiunque può valutare, senza la necessità di una particolare vena edonistica. Retorica che non ho il tempo di approfondire. Il lusso mi chiama, e sicuramente non conosce queste elucubrazioni mentali. Perché in questi posti comanda il cash, quello che con il cambio favorevole di russi e cinesi ci spazza via velocemente. Tra turisti piegati dal peso dello shopping, American Express fiammanti e sottofondo musicale di sax, a Milano fermarsi a bere negli hotel di lusso assume queste forme, che qui vi condivido. 

Foto di Agnese Bedini & Melania Dalle Grave DSL Studio
Foto di Agnese Bedini & Melania Dalle Grave DSL Studio

Mi vesto meglio del solito, spolvero le mie Louboutin sulle quali non so più camminare, due anni di comfort food e comfort outfit mi hanno resa più goffa e anche più grassa. Non importa, voglio essere il massimo perché qui non si scherza, l’occasione richiede la migliore versione di me. Questa volta cambio scenario, voglio capire cosa si prova ad accavallare le gambe sorseggiando – qui non si trangugia – drink che superano i 20 € negli hotel di lusso di Milano. Se vogliamo geolocalizzare questi luoghi direi che per la maggior parte si trovano qui, in zona Centrale, a cavallo tra Repubblica e la Stazione, e la cosa mi fa già riflettere: le facciate imponenti e illuminate degli hotel, come le macchine di lusso parcheggiate davanti, fanno da contraltare a una zona che mostra anche il suo lato più decadente, bisognoso e indigente. Il lusso non ci fa caso, mi dico, gira la faccia e va avanti. D’altronde qui il concetto che viene ribadito è quello dell’esclusività. Nessuna polemica.

Foto di Agnese Bedini & Melania Dalle Grave DSL Studio
Foto di Agnese Bedini & Melania Dalle Grave DSL Studio

Il primo Hotel che voglio visitare è il Principe di Savoia, uno storico albergo progettato dall’architetto milanese Cesare Tenca e inaugurato nel 1986. Al tempo si chiamava “Hotel du Nord”, decorato in stile Art Nouveau, in poche parole lo stile liberty molto in voga al tempo. Nel 1927 l’hotel riapre sotto l’insegna “Principe & Savoia”, ovvero i cognomi dei due proprietari e nel giro di alcune decade diventa punto di riferimento per artisti e celebrità, soprattutto legate al mondo del Teatro alla Scala. Un lungo tappeto rosso mi apre la strada verso l’ingresso, una Bentley mi guarda di striscio, entro e non ci penso più. La vista è sicuramente appagata, le sinapsi gridano alla piena soddisfazione di tutto ciò che è pieno, sinuoso, caldo e accogliente. E ovviamente di lusso. Entro al Principe Bar dove mi accolgono in maniera impeccabile.  Qui mi sento un po’ come l’Aga Khan o come Aristotele Onassis, un tempo ospiti di queste stanze. Il Principe Bar, al piano terra dell’Hotel, è stato progettato dall’architetto Thierry Despont e unisce marmo, legno, lampadari in cristallo, un bellissimo pianoforte a coda e un bancone che fa invidia all’Overlook Hotel. La drink list si compone dei grandi classici e di alcune contemporanee rivisitazioni. Ordino un Martini Cocktail per essere in tema con la classe del bar, arriva preciso e in ordine con un aperitivo classico e rafforzato da alcune tartine. Guardo gli altri nella sala, sono quasi tutti stranieri, a parte colui che viene chiamato “Il Presidente”. Meglio non indagare e passare al prossimo bancone.

Qui l’occhio arriva fino alla nuova Milano dei grattacieli e il sole, nell’ora del suo declino, regala tramonti meccanici.

L’Hotel Excelsior Gallia è adiacente alla Stazione Centrale, qui si viene principalmente per godersi un drink o una cena ai piani superiori. Infatti Terrazza Gallia è la mia meta, all’ultimo piano dell’Hotel, da qui la vista è impagabile e da Piazza Duca d’Aosta il colosso di Centrale sembra un leone che dorme. Nel segno del Made in Italy mi godo una piena esperienza 5 stelle, e infatti in cucina c’è lo zampino dei più istrionici chef italiani tre stelle Michelin, i fratelli Cerea, che hanno firmato la carta e affidato la direzione ai fornelli agli executive chef Vincenzo e Antonio Lebano. Qui, al settimo piano, sembra già che la mia vita vada meglio, soprattutto dopo che ordino un Gallia Sandwich e butto giù (sempre con stile) un Kofùna con bourbon, umeshu e riduzione di birra. Sicuramente più contemporaneo del Principe di Savoia, qui il concetto di lusso è declinato sui toni del design moderno e meno barocco. Altro giro altra corsa, pago un bel 50 euro per le sopracitate prelibatezze e mi sposto al Me Milan il Duca. La mia ascesa verso l’olimpo del lusso qui ha una sferzata: salgo al 10° piano in quello che è il Radio Rooftop Bar, un rooftop ispirato a quelli di New York ma in maniera nostrana. Sembra più un beach club a Ibiza o Miami, si mangia ceviche al salmone o burger al wagyu e si ascolta musica in filo diffusione. Vetro, minimalismo e legno scuro vincono su questo rooftop che domina zona Repubblica spaziando l’orizzonte fino ai giardini di Porta Venezia. Sicuramente era meglio venire durante l’ora del tramonto: qui l’occhio arriva fino alla nuova Milano dei grattacieli e il sole, nell’ora del suo declino, regala tramonti meccanici. Bando al romanticismo, qui tra tacchi 12 e minigonne mozzafiato non rimpiango di aver messo le mie Louboutin, anche se i piedi chiedono pietà. Dal Radio Rooftop mi ricordo di una Milano che è stata: sfarzosa, sempre sul pezzo, che ha voglia di divertirsi. Quando torneremo così?

Foto di Agnese Bedini & Melania Dalle Grave DSL Studio
Foto di Agnese Bedini & Melania Dalle Grave DSL Studio

Concludo, un po’ sbronza, il mio tour al Westin Palace. Qui venivo quando ho avuto la brillante idea di diventare sommelier, è un hotel che conosco bene e che mi ricorda la casa di quei giorni beverini. Lo stile Mid-Century mi mette un po’ ansia, ma la coppia di anziani tedeschi affianco a me mi riempie il cuore. Lui le versa una tisana mentre lei legge impassibile qualche titolo. Il The Lounge Bar è un grosso salotto per bene milanese, caldo e molto Sciuragram, dove sicuramente il peso della tradizione è preponderante. Accenti ottanio, carte da parati a tema foliage ed esotici oggetti d’arredo completano l’opera a 5 stelle. Esco e chiamo un taxi, che in questo concetto di lusso vuol dire trovarlo proprio davanti a te in qualsiasi momento. Tiro le somme mentre cerco di non parlare con il tassista, un brav’uomo che vuole però sapere un po’ troppo del perché una giovane donna se ne va in giro per Hotel di lusso. Penso a questi American bar, all’idea di sfarzo, lusso, e ho capito tre cose. La prima è che è sempre Natale qui dentro, e le luci giocano una parte fondamentale. Poi, che se hai una Toyota forse è meglio parcheggiare più avanti, magari dietro. E in ultimo, se ci sapete fare, riuscirete anche a farvi chiamare Presidente, senza un vero motivo.