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La guida di Zero ai migliori festival in Italia a ottobre e novembre

Gli appuntamenti per non smettere di divertirsi neanche in autunno

Scritto da Chiara Colli il 27 settembre 2019
Aggiornato il 30 ottobre 2019

Fino a qualche anno fa sarebbe parso impossibile, eppure è sempre più vicino il giorno in cui aspetteremo l’autunno non solo per infilare (finalmente) il golfino ma pure perché sarà la stagione regina dei festival. L’estate continua ad avere più frecce al proprio arco – festival in spiaggia, festival nei boschi, festival attorno cui costruire le vacanze – eppure come vedrete nelle prossime righe il periodo tra ottobre e dicembre comincia ad affollarsi di appuntamenti – perlopiù, inevitabilmente, cittadini – che non hanno molto da invidiare ai colleghi dei mesi afosi. Una pratica diffusa da anni in Europa, che sta diventando anche una sana abitudine in Italia. L’imbarazzo della scelta si sviluppa lungo i grandi pilastri dell’autunno italico – Club to Club, Transmissions, il ritorno di Robot, il “cambio di stagione” di Spring Attitude -, e continua con la ricerca contemporanea di Milano Musica, le incursioni sonore al confine psicogeografico di Ombre Lunghe, il movimento perpetuo di Electropark, la trasversalità di Linecheck, l’esplorazione oltre i “paletti di genere” di JazzMi e del Rome Psych Fest, entrambi alla quarta edizione. La lista è anche destinata a essere aggiornata nel corso delle prossime settimane: dimenticate il letargo ancora per un po’ e ricordatevi di tornare a consultare queste pagine prima che faccia capolino l’inverno. Perché #divertirsiègiusto.

28° FESTIVAL DI MILANO MUSICA (MILANO, DAL 2 OTTOBRE AL 25 NOVEMBRE)


È sorprendente quanto la creatività musicale contemporanea risulti (ancora) poco conosciuta al grande pubblico. Poco lo spazio che le è dedicato, almeno rispetto alla quantità di grandi compositori e divulgatori italiani del Novecento (da Berio a Sciarrino) e alle programmazioni consacrate alla “classica”; poche le occasioni per portarla alle orecchie di un pubblico diverso, non per forza specializzato o di addetti ai lavori. Tra queste, il Festival Milano Musica è la più radicata ed estesa nel tempo, un’esplosione di suoni del Novecento e del nuovo Millennio che quest’anno si estende per ben due mesi, con 24 concerti in 12 location diverse della città – dall’Auditorium San Fedele alla Scala passando per l’HangarBicocca, Santeria Toscana e Teatro Franco Parenti. Nata nel 1990 per volere di Luciana Pestalozza, Duilio Courir e Patrice Martinet, Milano Musica è la più importante manifestazione italiana dedicata alla contemporanea, seconda solo alla Biennale Musica di Venezia. Come di consueto il ricchissimo programma porta in focus un compositore legato al Novecento, che quest’anno è Luca Francesconi: uno degli autori più eclettici del panorama musicale mondiale e dei più eseguiti, milanese di nascita e formazione. “Velocità nel tempo” è il filo rosso dell’edizione, introdotta da queste stesse illuminanti parole del compositore: «Non esiste un tempo ma infinite stratificazioni simultanee di flussi temporali gettati in avanti o in molte altre direzioni, velocissimi o sospesi. Anche il passato si concentra tutto in un presente mobile che racchiude il futuro». La produzione di Francesconi viene approfondita con brani in prima italiana e messa in prospettiva con una ricca programmazione dei suoi maestri Stockhausen e Berio. Xenakis, Manzoni, Donatoni, Stravinskij e Mahler come altre coordinate di riferimento stilistico dell’autore. «In my end is my beginning».
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SPRING ATTITUDE (ROMA, DAL 10 AL 12 OTTOBRE)


Il passaggio dall’estate all’autunno ormai si è consolidato: anche se le temperature di inizio ottobre e fine maggio spesso arrivano ai coincidere, le foglie che inizieranno a ingiallire su via Guido Reni, a Roma, non mentiranno e ci racconteranno dell’autunno ormai iniziato e della stagione indoor 2019/2020 che trova sin dai primissimi weekend uno dei momenti culmine del clubbing capitolino, Spring Attitude. Anche per quest’anno i giorni di musica saranno tre, mentre le location si riducono a due: le Ex Caserme di via Guido Reni per il party inaugurale – e a ingresso gratuito – con il live di Shigeto e la performance in realtà virtuale “EXALAND” firmata da SPIME.IM; Il MAXXI, dove si terrà il grosso del programma, suddiviso su tre palchi: Molinari Stage, Nastro Azzurro Stage e Auditorium. Il primo palco sarà quello più notturno, dove incontreremo sia mostri sacri come Andrew Weatherall, Laurent Garnier ed Ellen Allien (con i visual di Pfadfinderei), che giovani speranze come Elena Colombi, Zenker Brothers e il collettivo Ivreatronic. Sul secondo stage l’Attitude sarà decisamente più italiana – e pop con diverse sfumature – e vedrà in rassegna il rap di Massimo Pericolo e Rancore, come il nu R&B di Venerus o il cantautorato sofisticato di Giorgio Poi. Infine l’Auditorium, dedicato ai progetti più sperimentali, tra i quali segnaliamo il live di Mai Mai Mai per la presentazione del nuovo album “Nel Sud”, i “panmediterranei” C’Mon Tigre, il duo tutto ritmo e synth Elephantides e l’accoppiata Dressel/Amorosi, dove l’electro dello storico collettivo MinimalRome incontra il basso dei Goblin in un’ideale colonna sonora horror retrofuturista; infine il duo Weval, perché un sigillo Kompakt in un festival ci sta sempre bene.
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ELECTROPARK (GENOVA, DAL 16 AL 19 OTTOBRE)


Genova è quel tipo di città che non ha bisogno di scuse per essere visitata. Genova è bella sempre, e a renderla unica è anche il modo in cui accoglie e riempie di personalità i suoi contrasti: il mare con le colline e le montagne quasi a strapiombo, il centro storico magico e seducente e i vicoli di Prè ancora a metà fra decadenza e poesia, il carattere aspro e schietto del suo popolo, lo stile inconfondibile di città portuale coi piedi per terra ma sempre aperta al nuovo e alla contemporaneità (del cibo neanche c’è bisogno di parlare). Genova non ha bisogno di scuse per essere visitata, ma viverla attraverso un festival che esalta questo moto perpetuo e questi contrasti non può che essere una buona occasione. Per l’ottava edizione il cuore della città ospita Electropark, musica elettronica e di ricerca, con varie anteprime italiane, disseminata tra il quartiere di Prè – uno dei centri storici medievali più estesi d’Europa, quartiere multietnico per eccellenza e pertanto simbolo veritiero di “contaminazione” – e il Porto Antico. E quindi, dal 16 al 19 ottobre, potreste ritrovarvi ad ascoltare tra i vicoli o nello storico epicentro del commercio e della vita genovese: la performance audio/video “10000 Peacock Feathers in Foaming Acid” di quel genio dell’ambient di William Basinski, i beat storti e abissali di Hieroglyphic Being, il guru Andrew Weatherall, la beatmaker canadese RAMZi, la techno underground di Rrose, i bassi ipnotici e le percussioni industriali di Giant Swan (Robin Stewart & Harry Wright), le sintesi naturali del duo sperimentale sull’asse Giappone/Francia composto da Tomoko Sauvage & Emmanuelle Parrenin, il performer elettroacustico Alberto Barberis, lo spettacolo audio/video del duo inglese Sculpture, il duo tedesco Zenker Brothers in b2b con Stenny e la techno di Piezo. E poi talk, approfondimenti e percorsi dedicati all’onda lunga di Genova che prova a espandersi in territori inesplorati. Prendetevi un week-end libero e andate a Genova.
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OMBRE LUNGHE (BOLOGNA, DAL 17 AL 19 OTTOBRE)


“Invisibility” è la parola chiave dell’edizione 2019 di Ombre Lunghe, la piattaforma bolognese che rigetta la rassicurante definizione di “festival” per condurre il proprio pubblico in tre serate di incursioni sonore al confine psicogeografico, in luoghi remoti nei quali la musica dal vivo si fonde con l’arte performativa. Dopo le due tappe di avvicinamento andate in scena al Teatro del Baraccano (con Seth GrahamJay Glass Dubs e la memorabile sessione del percussionista Eli Keszler), si inizia giovedì 17 sotto la cupola del Teatro San Leonardo. L’invito è quello di perdersi tra i frammenti di memorie acustiche raccolti e ricostruiti dal compositore e biologo Donato Epiro, per poi ritrovarsi all’improvviso in mezzo all’imprevedibile flusso sonoro del giapponese Sugai Ken – tra gli act più attesi della rassegna. Il giorno seguente, sempre al San Leonardo, è un takeover al femminile: prima l’emergente artista svizzera Martina Lussi, con le sue composizioni elettroacustiche disorientanti che riflettono l’overload dell’infosfera collettiva; a seguire la giapponese-londinese Hatis Noit, performer autodidatta capace di trascinare con la sola voce lungo strati di atmosfere che riecheggiano meditazioni buddiste, canto gregoriano, classica orientale e lirica occidentale. Sabato 19 si chiude ad Ateliersì, con un gran finale che dosa sound design d’avanguardia e ritmi dance-oriented: in scena il trevigiano cyberpunk Holy Similaun, il suono onirico e sofisticato del torinese Daniele Mana, la veterana sound artist londinese e part-time dj Shelley Parkere lo scontro finale a colpi di bassi tra le due etichette francesi Brothers From Different Mothers Antinote.
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ROBOT (BOLOGNA, 25 & 26 OTTOBRE)


Non è importante sapere cosa e come succede, l’importante è il risultato finale, facile e comprensibile a tutti. Una condizione esistenziale oscura della modernità definita Black Box (scatola nera) che diventa il punto di partenza della nuova edizione di roBOt, il festival dedicato alla nuova musica elettronica di Shape che cerca di sfuggire alle classificazioni algoritmiche, proponendo una line up di ampio respiro internazionale dove i generi si incontrano e scontrano fuori dall’autoplay. Si parte con una preview il 12 ottobre a Palazzo Re Enzo, poi il ritorno del negli spazi della Sala Maggiore dell‘Ex GAM il 25 e 26 ottobre e il festone finale del 26 notte in uno dei capannoni di DumBO, l’ex scalo ferroviario Ravone rigenerato da Eventeria e Open Group. Tra gli ultimi grandi nomi annunciati: il mitico Andrew Weatherall e i pionieri della scena acid house 808 State, il bristoliano Batu con la sua UK dance “bassy”, il rave per la fine del mondo del trio The Comet Is Coming, il producer romano Donato Dozzy, un Alessandro Cortini fresco di nuovo disco, la dj brasiliana Badsista e, da Melbourne, Francis Inferno Orchestra. Spiccano anche il produttore spagnolo John Talabot, già ospite dell’ottava edizione, e i paesaggi sonori illuminati di Leon Vynehall. Oltre a tutto questo, come se non bastasse, il live di Tolouse Low Trax, fondatore e resident del Salon Des Amateurs, le sonorità poco ortodosse dei israeliani Red Axes e dall’Olanda migliore Interstellar Funk. Non poteva ovviamente mancare la galassia NTS Radio con due dei suoi resident migliori:Moxie e Afrodeutsche. Avete mai visto una scatola nera capace di brillare?
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CLUB TO CLUB (TORINO, DAL 30 OTTOBRE AL 3 NOVEMBRE)


In sintonia con lo zeitgeist della generazione Netflix, Club To Club 2019 ha impostato la propria strategia di comunicazione sul concetto di serialità televisiva. Da un lato invoglia a schiodarsi dal divano per vedere dal vivo gli attori principali dell’avant-pop contemporaneo, dall’altro suggerisce il binge watching immersivo e totalizzante di un festival che punta da sempre a essere un’esperienza di clubbing attenta e attiva. Giunto quasi al traguardo del ventennale e uscito dal recinto dell’elettronica in senso stretto per abbracciare un concetto di musica che unisca i puntini tra pop e avanguardia, C2C segue una sceneggiatura più o meno nota, con uno stile ormai riconoscibilissimo. Tuttavia non mancano colpi di scena. Se James Blake torna in città con il suo lavoro più accessibile ed eclettico, Flume mostra il suo lato più sperimentale. Invece, il palpitante sound cinematografico dei redivivi Chromatics dovrebbe essere in sintonia con l’esordio da solista di Romy, voce dei The XX. Un fil rouge lega anche le “Dive aliene” SOPHIE e Holly Herndon, così come un terreno comune fa incontrare le cavalcate strumentali di Battles e The Comet is Coming. Gli episodi da segnalare sarebbero tanti, troppi: l’urban pop delle sorelline inglesi Let’s Eat Grandma, l’omaggio dei Visibile Cloaks all’ambient giapponese o lo spleen mediterraneo del collettivo Napoli Segreta. Facciamo che ci si vede coi pop corn tra Lingotto e Porta Palazzo per la maratona. Ah, come per le series: conviene l’abbonamento.
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JAZZMI (MILANO, DALL’1 AL 10 NOVEMBRE)


Ci sono festival che sembrano fatti apposta per avventurarsi in cerca di una risposta alla domanda «Cos’è il jazz oggi?», arricchendo di voci il dibattito. JazzMi è uno di quelli: sin da quando è entrato in maniera dirompente nell’autunno milanese ha inoculato nei nostri timpani un ricco catalogo della musica del Diavolo. Perché il jazz è bello perché è vario, e JazzMi sembra averlo perfettamente compreso, trovando così la chiave per far breccia anche in un pubblico inafferrabile come quello milanese, capace di saltuarie esaltazioni e costante indifferenza, anche davanti a nomi di comprovata fiducia. JazzMi risponde conseguentemente inserendo (quasi) tutti gli elementi in programma, forte della certezza che la curiosità aizza l’appetito. Certo, l’edizione di quest’anno è forse quella che guarda di più al passato rispetto a quelle viste sinora, ma l’ampiezza della proposta si coglie mettendo i programmi delle varie annate in fila, sommandoli uno all’altro. Il tema del 2019 d’altronde sembra essere la celebrazione degli anniversari in ogni campo, in un clima non da fine della Storia ma da ripartenza. Quarant’anni fa moriva Charles Mingus? Ecco la Mingus Big Band. Indubbiamente il jazz è memoria, tanto è forte il suo legame con la tradizione e con chi ha sempre saputo sfidarla, e continua a farlo. È il caso di quello che potremmo definire l’headliner di questa edizione, Archie Shepp, che a 82 suonati (mai termine fu più azzeccato) non ha ancora intenzioni di arrendersi, e forse nemmeno di calmarsi. È una di quelle leggende viventi che accompagnano lo sviluppo del jazz facendosi testimoni di una storia, e non è il solo in cartellone. E in programma come lui ci sono due capostipiti del nerdismo più affascinante come Herbie Hancock e John McLaughlin, ma anche una voce profonda e toccante della black music contemporanea come Ghostpoet. Cos’è stato il jazz sino a ieri è più facile a dirsi, anche quando è stato ricerca verso nuovi mondi. Patrizio Fariselli oggi la sua esplorazione l’ha spinta verso l’esotismo. I Supermarket verso una “world music” tutta sviluppata entro i confini della Romagna, che come tutti i confini (pure quelli musicali) sono continuo argomento di dibattito. I Taxiwars di Tom Barman aggiungono croccantezza alle vecchie sonorità del bop, facendole passare per un frituur fiammingo. I Kokoroko lo riportano in Africa, per raccogliere l’insegnamento dell’afrobeat e seguirli sino alle periferie londinesi. I Rymden lo travolgono con un approccio scandinavo che anzichè esplodere si cristallizza nella tensione. Ambrose Akinmusire sembra quasi tornare allo spiritual jazz, se non fosse che lo agita evocando nuovi spiriti. Che cos’è il jazz oggi, dunque? È mutamento, esplorazione, rottura.
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ROME PSYCH FEST (ROMA, 15 & 16 NOVEMBRE)


Un festival non per forza devoto al sacro fuoco del clubbing che arriva alla quarta edizione, a Roma, è per molti versi una notizia. Ovviamente ottima. Se la prima edizione era servita ad accorciare le distanze con il resto d’Europa, già lanciatissima nell’interspazio festivaliero dello “psych”, la seconda aveva iniziato a ragionare sulla psichedelia come attitudine ed esperienza un po’ più composita (visual, dj set, area distro) e la terza aveva allargato i confini alla world music, la quarta edizione del Rome Psych Fest giunge a consolidare le radici e la credibilità di quello che a questo punto speriamo diventi un appuntamento fisso dell’autunno capitolino. Una line up che a oggi mette alla base due classici doc psichedelici, internazionali e nostrani, con lo space rock mutante dei White Hills e il pop bizzarro dei Jennifer Gentle, con il nuovo album in uscita su La Tempesta. Gli assi sono come nelle migliori occasioni i nomi che non t’aspetti, il ritorno in città del groove irresistibile dellla Mauskovic Dance Band e il post punk acido e storto dei londinesi Snapped Ankles, finalmente dal vivo in Italia con la loro performance in cui, vestiti da alberi (!), resuscitano pure i morti. In line up anche la classe della fascinosa Kazu Makino dei Blonde Redhead, il folk del turco Umut Adan, e poi la copiosa e variegata quota italica con Gabriele Poso, Eluis Inferno, Be Forest, The Gentlemens, Thee Rag N Bone Man e Belly Hole Freak. Come per ogni escursione (sonora e non) che si rispetti, indossate scarpe comode e allaciate le sinapsi.
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LINECHECK – MUSIC MEETING AND FESTIVAL (MILANO, DAL 19 AL 24 NOVEMBRE)


Movimento. Sincronico e diacronico. Per raccontare Linecheck potremmo usare due concetti “illustri” della linguistica: del resto, come lo studio del linguaggio, Linecheck è uno strumento con enormi potenzialità e funzionalità ma anche complesso, articolato, che richiede tempo per essere compreso a fondo. Con un movimento di pensiero e di azione che è dinamico nel presente, nel momento specifico in cui prende forma, ma è soprattutto dinamico in prospettiva, nel tentativo di innescare un movimento di riflessione/azione musicale che cresca e si evolva nel tempo, nel futuro. Lo dimostra il crescendo di via vai, di facce, realtà, artisti, addetti ai lavori e appassionati di Paesi diversi che si incrociano durante il festival nei corridoi di BASE, headquarter del meeting, e lo dimostra l’evoluzione costante che l’appuntamento ha avuto fino a questa sua quinta edizione. La somma dei suoi due volti, il Music Meeting e il Festival, mantengono un obiettivo che risuona ancora ambizioso: accostare performance molto diverse tra di loro, pop e di nicchia, e far viaggiare su binari paralleli pubblico e addetti ai lavori attraverso concerti, workshop e talk, mescolando i punti di vista e allo stesso tempo facendo chiarezza, raccontando la musica come industria dell’intrattenimento ma anche come dimensione in continuo divenire e piena di potenziali nuove scoperte. Tra le novità di quest’anno la presenza di un guest country, il Canada, con un’ampia delegazione di professionisti, e la mutazione del volto serale e performativo in festival “diffuso”, con i due palchi principali a BASE e la distribuzione dei live in 10 diversi locali in zona Navigli. E poi il tema portante, tanto “inevitabile” quanto, in fondo, non esattamente scontato: quello della diversità e dell’inclusione, della necessità di multiculturalismo e dell’ugualianza di genere, riassunto nell’hashtag #soundslikediversity e supportato dal progetto Keychange. A trasformare in performance questa necessità di visione aperta al diverso, l’afrobeat di Sean Kuti & Egypt 80, l’artista queer glam pop Hubert Lenoir, il cantautore più “ricercato” della new wave italica Giorgio Poi, la psichedelia contaminata degli Al Doum & the Faryds, l’RnB con le radici in Nigeria di Arlo Parks, il fisarmonicista bielorusso Yegor Zabelov, la poetessa samurai Blu Samu e vari altri ancora da annunciare.
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TRANSMISSIONS XII (RAVENNA, DAL 21 AL 23 NOVEMBRE)


Ogni anno a Ravenna succede l’impossibile. Ogni anno nella provincia romagnola c’è una quantità di concerti da far impallidire gran parte delle maggiori città italiane, ma soprattutto ci sono due appuntamenti – per molti aspetti agli antipodi tra di loro – che a ogni edizione alzano di un po’ l’asticella della qualità e dell’attitudine “avventurosa” e ambiziosa dei festival in Italia. Se il Beaches Brew di Marina di Ravenna è il festone in spiaggia a giugno, caciarone, solare, “rock’n’roll oriented” ma comunque sempre attento alla contemporaneità e ai suoni dal mondo, Transmissions a Ravenna è il suo lato oscuro, più sperimentale e audace, avvolto nel buio e nel mistero di novembre e guidato da una visione sulla ricerca sonora intima nell’esperienza ma totalmente internazionale e aperta al mondo nelle coordinate musicali. Per la dodicesima edizione Transmissions rilancia un’altra volta, tornando a essere curata non dal suo ideatore Chris Angiolini o da un artista, ma da ben due. E che due. Da un lato Martin Bisi, guru della scena alternativa e noise newyorchese (fondatore dello storico BC Studio e produttore, tra gli altri, di Sonic Youth, Swans e Unsane, il suo ultimo lavoro “BC35” è stato prodotto proprio dall’etichetta di Bronson), dall’altro Radwan Ghazi Moumneh, ingegnere del suono, produttore e musicista canadese di origini libanesi (e anima del progetto Jersualem in My Heart). E quindi due nomi che garantiscono percorsi scoscesi tra i territori di avanguardia, noise, psichedelia, elettronica sperimentale e “world music”, con un risultato finale che dal rock acido dei White Hills arriva all’elettroacustica d’autore di Oren Ambarchi, dall’avant noise della (No) New York dei Live Skull e del BC35 Collective arriva alla nuova wave del Cairo di Maurice Louca e Nadah El Shazly, attraverso il jazz distopico dei Parlor Walls e l’elettronica-spoken-word della colombiana Lucrecia Dalt. Un concept e una proposta sonora che da sole rendono Transmissions, ancora una volta, un festival di inaudita potenza e una garanzia (anche da prendere a scatola chiusa) dell’autunno festivaliero italico. Se in più ci mettete la location clamorosa del main stage, le Artificerie Almagià, tutto il patrimonio storico-artistico di Ravenna e i pranzi nelle trattorie local potreste cominciare a pensare che il festival perfetto non è detto che sia (solo) quello in spiaggia.
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HANNO COLLABORATO AI TESTI: ALBERTO BOTTALICO, NICOLA GERUNDINO, LORENZO GIANNETTI, FILIPPO GRIECO, EMANUELE LUPPINO, SALVATORE PAPA