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Polilegacy

I volti e i progettisti mitologici che sono passati dal Politecnico facendogli guadagnare il valhalla della progettazione 

quartiere Bovisa

Scritto da Emilio Lonardo il 1 aprile 2022
Aggiornato il 11 aprile 2022

Quando, finite le scuole superiori, mi sono ritrovato di fronte alla fatidica scelta che molti 18 si trovano a dover fare, ovvero dove andare all’università, non ho avuto dubbi (tralasciando quella che prevedeva di proseguire una dignitosissima carriera di calciatore a cavallo tra serie C e serie B); mi sarei trasferito dalle sicurezze della mia città natale, Avellino, a Milano, per studiare Design al Politecnico di Milano. La perentorietà della decisione si divideva circa equamente tra la possibilità di fare una lunga esperienza fuori casa, un Erasmus lungo almeno cinque anni, l’aura di grandiosità che riveste il Politecnico di Milano sia a livello nazionale che internazionale, e poi la possibilità di imparare a progettare case e oggetti, sulla scia di chi negli anni ha fatto sì che Milano e una delle sue più importanti Università, diventassero un centro nevralgico per la materia. La decisione era presa e, come si dice in questi casi, il resto è storia. Così eccomi qui, a scrivere di quelle figure che sedici anni prima hanno tracciato la mia strada, con ancora il sogno di potermi un giorno, anche lontanamente, avvicinare a prendere un posto nella memoria di chi verrà.

Gli insuperabili, gli invincibili, i nomi che in fondo ti hanno insegnato qualcosa: sono i santi progettisti del Politecnico.

Tralasciano i grandissimi del più lontano passato, come i fratelli Castiglioni con i loro oggetti iconici ed ironici (la lampada Arco tra tutti), Gae Aulenti, che ha progettato una delle piazze più iconiche della città (Piazzale Cadorna) e presta il nome ad un’altra più recente (Piazza Gae Aulenti, appunto), Marco Zanuso che con il suo telefono “Grillo” (progettato con Richard Sapper) ha fatto chiacchierare per ore ed ore i nostri genitori, o Ettore Sottsass jr. il cui sguardo sognante ha prodotto un immaginario seducente e tutt’ora in voga, solo per citarne alcuni, e i recentemente scomparsi Alessandro Mendini ed Enzo Mari, ci sono una serie di figure presenti che si spera continuino a progettare (che vuol dire, se fatto nella maniera corretta, migliorare la vita quotidiana delle persone) a lungo.

Ecco allora gli architetti e i designer che hanno permesso al Politecnico di Milano di diventare il Politecnico di Milano prima dell’avvento dei ranking e dei KPI di valutazione, letti attraverso una breve bibliografia ed un’espressione che tenta di riassumere il loro approccio:

 

Renzo Piano

Renzo Piano è tra i più noti architetti dell’epoca contemporanea. Genovese dal 1937, Piano nasce da una famiglia di costruttori edili, che gli permetterà di sviluppare l’attenzione al dettaglio costruttivo fin dagli studi universitari. Infatti, già in quegli anni ha la possibilità di realizzare modelli in scala 1:1 di alcune parti dei suoi lavori.

Tra i progetti che lo hanno reso famoso c’è il Centro Georges Pompidou di Parigi, che disegna insieme a Richard Rogers e Gianfranco Franchini. Ispirato dalla volontà di voler mettere in luce la nuova tecnica costruttiva in metallo degli edifici circostanti, il Pompidou rimane ancora oggi uno degli esempi più rivoluzionari e rappresentativi del movimento high-tech. Nel 2013 viene insignito della carica di senatore a vita e nel 2018, in seguito al crollo del Ponte Morandi nella sua Genova, dona alla città il progetto per la nuova infrastruttura.

L’essenziale (non) è invisibile agli occhi

 

Stefano Boeri

Stefano Boeri negli ultimi anni, dalla realizzazione della sua opera più famosa, il Bosco Verticale, è diventato una superstar dell’architettura internazionale. Questo progetto di architettura verde, inaugurato nel 2014 ed ispirato in parte ai giardini pensili di Babilonia e ad un filone utopico definito Treetopia, è presto diventato un format che ha garantito all’architetto milanese, classe ‘56, numerose commesse in giro per il mondo. Laureato in Architettura nel 1980, figlio di Cini Boeri, architetta anche lei e già ideatrice della Casa nel Bosco ad Osmate (Varese), fratello di Tito Boeri, presidente dell’INPS, Stefano Boeri è attivo anche in politica, assumendo la carica di Assessore alla Cultura nella giunta Pisapia tra il 2011 e il 2013. Oltre all’attività professionale è docente al Politecnico di Milano e in diverse altre Università europee, oltre a ricoprire il ruolo di Presidente della Triennale di Milano e di curatore dell’edizione 2021 del Salone del Mobile, intitolato per l’occasione Supersalone. Durante l’emergenza scaturita dal diffondersi del COVID-19 progetta, a titolo gratuito, il concept architettonico e comunicativo della campagna di vaccinazione anti-Covid-19, “L ‘Italia rinasce con un fiore”

Lo slogan come progetto

Italo Lupi

Italo Lupi è uno di quei maestri della progettazione che egli manifesta attraverso l’identità visiva. Progetta infatti immagini, campagne di comunicazione, segnaletiche, allestimenti e loghi. Il più famoso dei quali, quello della Triennale di Milano, recentemente sostituito, per volere di Stefano Boeri, da uno rinnovato progettato dallo studio NORM.

Lupi ha collaborato proficuamente con altre figure storiche del Design, come con i fratelli Castiglioni, Mario Bellini, Guido Canali, e molti altri, vincendo tre Compassi D’Oro, tra i premi più importanti al mondo per chi si occupa di progetto.

L’eleganza di un tratto semplice

 

Ugo La Pietra

Inscrivere Ugo La Pietra in un ambito è impossibile. Architetto, designer, fotografo, regista, artista, nel corso della sua carriera professionale, Ugo La Pietra ha agilmente camminato a cavallo dei saperi, travalicando i confini, inventandone di nuovi. Curatore e progettista di più di 1000 mostre personali e non, con le sue ricerche sullo spazio pubblico urbano, la relazione tra centri e periferie, le innovazioni percettive legate anche all’evoluzione tecnologica, tra uomo e ambiente costruito, Ugo La Pietra è una di quelle figure mitologiche che hanno fatto la storia della progettazione e non solo

Neoeclettismo

Fabio Novembre

La produzione progettuale di Fabio Novembre, salentino, ma milanese d’adozione, segue alcuni canoni molto precisi e ricorrenti: l’utilizzo di un’estetica sensual-pop (si pensi al progetto delle sedie him/her, che ricalcano le sagome di corpi nudi), spesso provocatoria, il ricorso a figure retoriche formali, come metafore e sineddoche, la ricerca spregiudicata del limite concettuale. Fabio Novembre ha contribuito ad esportare il design del prodotto italiano nel mondo, grazie alla collaborazione con molte delle aziende più importanti del mobile. Insieme all’attività professionale è direttore scientifico della Domus Academy ed organizza l’edizione di un blog intitolato IoNoi, un viaggio narrativo tra progetti, opere, foto appartenenti a periodi diversi, da mettere a confronto alla ricerca di quelle che definisce “echoes” le ispirazioni che hanno a loro volta ispirato altri progetti.

Un pop seducente