Eppur si muove. Stavolta anche a vista d’occhio. Vuoi la congiunzione di due iniezioni molto importanti di liquidità (Giubileo e fondi del PNRR), vuoi il superamento di una mentalità che cercava di solo di rattoppare e non di mutare (attraverso programmazione e progettazione), il quadro urbanistico di Roma sta assumendo nuove sembianze. Si tratta piccole pennellate, sia chiaro, perché da queste parti non vedremo mai skyline che cambiano ogni cinque anni. E forse c’è anche da augurarsi che questo non succeda mai, perché le città in cui si attivano queste dinamiche finiscono per triturare che le abita. Piuttosto, ad assumere nuove sembianze sono vie, piazze, edifici: tessere di un puzzle grande e soprattutto complesso, perché – nel sottosuolo o nelle paludi burocratiche – nasconde sempre la carta che azzera tutto e fa ripartire dal “Via”, come nel Monopoli.
Comincia così un piccolo viaggio nelle trasformazioni che stanno caratterizzando la città. Ogni tappa racconterà di un luogo e di un’intervento, partendo dalle idee e dai pensieri degli studi che lo hanno progettato: una narrazione che sarà volutamente più “umana” che tecnica, ponendo al suo centro il vissuto, nuovo e vecchio, degli spazi. Compagni di Zero saranno Scenario, piattaforma dedicata alla cultura visuale e urbana, e Accademia Italiana, ai cui studenti e studentesse è stato affidato il racconto fotografico. Si inizia con uno degli studi più attivi e coinvolti in questo processo di riscrittura architettonica, It’s, e dagli interventi di pedonalizzazione fatti in via Ottaviano e Piazza Risorgimento. Foto a cura di Matteo De Petris.
IT’S – PIAZZA RISORGIMENTO E VIA OTTAVIANO
«Su queste aree nel tempo si sono stratificati elementi urbani disomogenei, creando un paesaggio scomposto, indefinito. Il ricordo di via Ottaviano è quello di un luogo confuso, con un’identità amorfa: il tram 19, le auto, i marciapiedi stipati di persone in transito. Un paesaggio urbano incerto, rigido, a tratti claustrofobico, da attraversare più che da abitare. Di piazza Risorgimento ricordiamo soprattutto il rumore meccanico e gli odori dei mezzi in transito. Ancora una volta: gli autobus, le macchine, il tram. Un luogo bellissimo per la sua posizione e la sua morfologia, ma umanamente respingente per la sua atmosfera caotica al contorno».
«Prati, quartiere che ospita sia piazza Risorgimento che via Ottaviano, è una delle zone centrali di Roma di fondazione più recente. Ha una struttura urbana molto densa, composta da varie scale spaziali che convivono: macro, come le grandi caserme di viale delle Milizie e Viale Giulio Cesare, più minuta e compatta con l’approssimarsi alle mura Vaticane. In questa alternanza spaziale colpisce la coesistenza con una natura urbana monumentale e gigantesca, come accade in Via Barletta e Viale Mazzini, e, nello stesso contesto, l’assenza di una dimensione di spazio pubblico umano, in grado di essere abitato e di attivare dinamiche per la vita civica quotidiana. Questa natura gigantesca è stata di grande ispirazione per noi».
«Prati, inoltre, deve confrontarsi con la presenza del Vaticano e dei flussi conseguenti, fattore che determina una grande densità umana amplificata, in particolare nei momenti evenemenziali. È un quartiere che ha delle grandi pulsioni momentanee a cui seguono altrettanti momenti di calma e di lentezza. Il nostro progetto ha cercato di costruire spazi per accogliere queste differenti intensità: spazi liberi e disponibili per gli avvenimenti e per i grandi flussi convivono con isole naturali e luoghi più intimi e protetti».
«Abbiamo voluto restituire spazio alle persone, creando luoghi per nuove forme di socialità. Ripensare il suolo urbano costituisce un’opportunità per rigenerare i rapporti ambientali e sociali della città, ponendo i presupposti per una sua visione futura. Continuità, naturalità, identità, sono tra i temi principali che il progetto ha introdotto su tutti gli interventi, per evitare che risultino episodi univoci, ma generando potenziali prototipi di un nuovo ecosistema urbano».
Ci ha colpito il modo intenso e informale in cui le persone si sono appropriate di questi luoghi, trovando nuove possibilità di vivere insieme degli spazi preclusi per molto tempo
«La Piazza è attualmente in una versione temporanea, preludio della versione definitiva che dovrà compiersi dopo il Giubileo: è una fase transitoria, ma comunque molto significativa per i cambiamenti di mobilità e di matericità del suolo. In questi pochi mesi di vita ci ha colpito il modo intenso e informale in cui le persone si sono appropriate di questi luoghi, trovando nuove possibilità di vivere insieme degli spazi preclusi per molto tempo: incontrandosi, fermandosi o correndo, giocando. Sono tornate ad abitare questa parte di città in un modo rinnovato e contemporaneo. Sono luoghi pensati per essere disponibili all’avvenimento; crediamo che ognuno vi possa trovare la propria dimensione in diversi momenti del giorno e delle stagioni. Interventi di questa dimensione hanno necessità di essere visti nelle loro evoluzioni nel tempo, nei loro diversi momenti di vita durante l’anno».
«L’alta frequentazione quotidiana della piazza e della via ci ha sorpreso per l’intensità con cui è avvenuta: questo ci ha reso ancora più conviti del fatto che la città necessiti di una riflessione sul suo spazio pubblico e la sua riconfigurazione secondo criteri contemporanei, in grado di intercettare nuovi bisogni e socialità. Questo deve accadere anche nei luoghi più consolidati, per consentire una coesistenza tra turismo e abitare quotidiano e quell’evoluzione necessaria alla vita della città».