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Segni di morsi e maledizioni nella città contaminata: celebrando l’uscita del nuovo album di talpah su Hundebiss

Abbiamo commissionato un’analisi delle componenti principali, rigorosamente NON Musicali, che hanno influenzato la visione e corrotto il percorso sia dell’etichetta che di produzione del disco. Il risultato è una narrazione in byte maciullati prodotta da una versione crackata delle intelligenze artificiali di William Gibson

Scritto da Luigi Monteanni il 20 novembre 2023
Aggiornato il 21 novembre 2023

Album cover di KKUURRSSEE Artwork di Kenshiro Caravaggio Carena

Il tempo scorre come un plasma insopportabile, le temperature salgono e scendono senza alcun controllo. Il filo degli eventi reali e immaginati si perde nelle varie zone di Milano: una città contaminata che a volte vorremmo dimenticare completamente. Ma sotto sotto, o meglio a lato, data la posizione sui navigli del centro sociale Cox 18, si può avvertire che la musica non si è ancora sciolta completamente nel content digitale o tramutata nell’avanzo dell’ennesima week dove il cadavere del suono organizzato viene resuscitato per dare vita a prodotti e servizi. È inoltre in questo spazio, baluardo di un mondo in cui l’unica reazione possibile alla richiesta di carte di credito, prenotazioni e token elettronici è una risata sardonica o uno sputo a terra, che si tengono da qualche anno le Hundebiss Night.

Nella fattispecie, per l’etichetta che partita dalla periferica Vernasca semina guai dal 2007 in tutto il mondo, il SAVE THE DATE apparso tra scarsa presenza social si riferisce all’uscita di “KKUURRSSEE” nuovo album del producer talpah con pre-order a questo LINK.

Tredici nuove tracce di ossessioni post-internet e pugnalate nel basso ventre che risalgono dritte al cervello.

A parte la confermata partecipazione alla festa di Venerdì 24 di uno dei tanti feat dell’album – al momento secretati come documenti dell’area 51 – aka lo scienziato della nuova industrial bass americana False Prpht, il quale si descrive come “FUCKING GOON ASS ANIME GOTH COSPLAYING AS A SMART ASS BLACK NEGRO” e più conosciuto dai comuni mortali come l’internal scream traumatizzante del duo Prison Religion, la serata potrebbe presentare un’ulteriore deragliamento che per ora sfreccia solo da una bocca all’altra. ;)

Comunque, parlare di musica in un modo che non sia agiografico, documentaristico o semplicemente basico è abbastanza difficile, e l’ho comunque già fatto qui in una recente intervista che ho avuto con talpah. Pertanto, per lanciarsi dentro le conseguenze di più di una decade di produzioni che ci portano a questo nuovo disco, forse è bene liberarci dei nostri lobi frontali e seguire più le scie di odori acri, immagini blurrate e i segni dei denti.

È per questo che ho chiesto ai sodali Hundebiss e talpah di mandarmi una lista di influenze non musicali che hanno generato i loro patchwork di universi sconnessi – e che non vi rivelerò. Successivamente ho fatto binging in maniera tutt’altro che regolare di queste cose per potervi restituire un blob che puzza di fusione a mezzo fiamma ossidrica e cercare di evocare un po’, se non il senso, l’effetto che fa stare in mezzo ad una triangolazione saturata di cose che rimangono attaccate solo grazie a una serie di illusioni ottiche su formato audio.

Ok. Attenti a non rimanere impigliati mentre cadete e assumete la posizione di sicurezza poco prima dell’impatto.

Per quelli a cui può interessare, e anche a quelli a cui non interessa, Hundebiss costruisce il suo suono sull’infezione da morso di cane: incubi febbrili con censure di tipo X in cui ti trovi per strada con qualcuno simile a Freddy Krueger che ti guarda da lontano; maschere di pvc e canini che appaiono nel vicinato; senso di mistero kitsch per sogni di pirateria e imbrogli totali, estasi tecniche a base di effetti pratici preda di riduzione temporale e corse al massacro su skateboard. Quello che da lontano sembra un suono mutante proveniente da una loggia dell’hashish è la radice del punk che ritorna all’avanguardia, un miracolo vernacolare che accade solo ogni 500 anni sotto forma di unità noise provenienti dalle retrofile del Valhalla. Un patchwork di cavi intrecciati senza pietà che producono elettronica da valigia a basso costo, ritmi confusi ed energia pulsante dopo un incidente stradale e la peggiore tempesta di neve mai vista.

La sensazione è quella di uno scherzo dal sorriso acido per amanti di tutte le storielle lugubri, divertenti e grottesche. Un’istantanea perfetta di un’alienazione adolescenziale lisergica e di un nichilismo nato dalla noia. Esistenzialismo 3.0 fatto di vortici di inutili scambi infiniti. Ho trovato delle VHS all’interno di una scatola abbandonata in un vicolo tra materiali commerciali devastati e ammassati in un angolo: credo passerò la giornata a doppiarle. Schiacciando play, nel nastro trovi una Hollywood specchiata, fotocopiata, ingrandita, ritagliata e sfigurata per bruciare un passaggio nella psicosi collettiva delle babilonie nascoste sotto ogni città.

Un cinema pour l’oreille in cui non succede nulla se non nella tua mente. Il cervello che esplode in un programma radiofonico. Un buco nel tuo cortile cerebrale che è un portale per creature di Castlevania. Uno spazio magico che sta in piedi da solo abitato da post-hippy, mistici, hoarder, autodidatti e neo-gnostici. Da Vernasca allo spazio, Hundebiss ha creato una nuova lingua e tutti la parlano, un linguaggio pre-babelico per un dancefloor anomalo, aberrazioni post-junglist eseguite indossando guanti di pelle nera.

Ed è qui che il cortocircuito avviene. Tra i cittadini anonimi dell’amigdalatropoli, talpah aggiunge un alfabeto di sordità e acufeni. Traumi spinali da compressioni elettroniche che dovrebbero essere illegali nutrono i figli dell’impulso cinetico. Un taser di neurorealismo per risvegliare i dormienti dalle loro stanchezze da connessione terminale e astinenza da luci cianotiche. In questa terra popolata solo da tecnomanti, stregoni, rettili e reietti deformi, composta di 1 e 0 senza un ordine preciso, siamo tutti maledetti, condannati a incessanti purificazioni e offerte a nemici nascosti da nickname offensivi e solo apparentemente innocui. Tormentati da diavoli dotati di accesso illimitato alle armerie statali. Sotto la pelle lucida e bagnata dei pixel scorrono fluidi di energia necrofagi, ultraviolenza giapponese da imbalsamatore, bdsm kawaii e sadismo escapista. Incontri col bizzarro e parossismi morbosi mediati da un wi-fi instabile in cui tutte le voci suonano come fantasmi deformi e maciullati a 16bit. La vertigine di un doom scrolling infinito in cui suoni spezzettati vengono fatti entrare a forza nella retina e nei timpani. Da qualche parte dei cracker risaliti dalle crepe del tessuto suburbano stanno facendo saltare in aria le centrali elettriche per generare un blackout totale mentre nel più vicino URL si consumano sparatorie nelle scuole, rapimenti ingiustificati e altre disgrazie umane.

Prima che arrivino tempeste solari che renderanno la nostra vita online un fossile inutile, siamo forzati a cacce al tesoro tramite GPS per dissotterrare blind boxes piene di cose rare e indecenti. Pezzi di plastica sciolta dal calore dei server e delle macchine a pistone che ricordano action figures di cartoni mai prodotti perché troppo disturbanti. Attenzione a scavare troppo, potresti rompere una tubatura e riaprire accessi a dungeon pieni di creature sepolte, di tutti i mostri e gli alieni che immaginavi da piccolo. Fauci, tentacoli, zanne, unghie, bulbi oculari, squame e tonnellate di slime venuto da un film di serie B che dovevi vedere dopo svariate ore di deprivazione del sonno. Come ho fatto a sopravvivere? O meglio, HOW DID I SURVIVE?

Ascolta: siamo stati tagliati fuori dal free trial di un simulatore di divinità in cui finisce tutto male. Quello che rimane è solo il tuo volto riflesso nello schermo LCD, sei intrappolato nel red screen of death per un momento interminabile. Stiamoci insieme finché dura. Io sono già lì.