Quando nel 2015 intervistammo i ragazzi e le ragazze dietro La Terra Trema ci dissero una cosa fondamentale, in una Milano in cui si stava appena affacciando la grande ondata del vino naturale, dei biologici fatti da milionari punk in pensione (ma pur sempre milionari), della moda del biodinamico e delle etichette naif. Ci dissero che La Terra Trema poteva essere tante cose, ma una cosa non era in assoluto: La Terra Trema non è una manifestazione del vino biologico, biodinamico, naturale. Parrebbe strano a primo sentore solo per chi si ferma alla apparenza e non conosce dal profondo la storia di chi – come loro – non asseconda mode e etichette ma anzi tende a sconsacrarle perché si lavora su un altro fronte. Si lavora sui vini di territorio, sulle storie delle persone, del loro lavoro, delle aziende, dei loro vini. La Terra Trema è infatti una fiera feroce, riottosa negli intenti e nell’anima, critica nell’esposizione, appassionata e gentile nelle relazioni per un racconto corale di uomini e donne lontani dalle logiche del sistema. L’edizione di quest’anno parla di tempesta e di venti sfavorevoli, allusione apocalittica a una crisi globale che travolge tutto, devasta, non fa prigionieri, mercifica e gentrifica, vende e poi svende.
La Terra Trema avviene per dare supporto, spazio e visibilità ad altro. Nel manifesto dell’ultima edizione del 2019 leggiamo: “Ai mille volti dell’agricoltura di resistenza presenti in Italia e non solo, alle narrazioni sul vino e al cibo altrimenti inascoltabili. La Terra Trema avviene per smontare le intermediazioni nella relazione tra chi produce e chi consuma, per ritrovare il senso delle cose parlando anche di mercato. Lo fa in autogestione, nell’autofinanziamento.” E lo fa al Leoncavallo, approdo naturale dopo un’esordio tra i centri sociali di Milano, come il Folletto25603 ad Abbiategrasso, spazio occupato che vide per la prima volta la genesi di questa manifestazione che allora fece incontrare in militanza gli agricoltori e gli occupanti per contrastare una tangenziale che avrebbe dovuto cementificare Parco del Ticino e Parco Agricolo Sud Milano.
La Terra Trema è una fiera feroce, riottosa negli intenti e nell’anima, critica nell’esposizione, appassionata e gentile nelle relazioni
Poi arriva Veronelli, o meglio c’è sempre stato con il suo portato di anarchia e critica implacabile al mondo globalizzato e dei consumi, quel Luigi che per primo sentì l’urgenza di urlare il ritorno alla terra, l’elogio poetico ma razionale del contadino e delle sue produzioni da rivedere e salvaguardare. Veronelli stesso disse che guardando questi ragazzi al Leoncavallo, che parlavano di prezzo sorgente e di rivedere il sistema delle denominazioni, si riaccese in lui la speranza di vedere un futuro al suo pensiero, quel pensiero che diede vita a Terra e Libertà/Critical Wine. Critical Wine, infatti, approdò parallelamente a La Terra Trema (che si teneva al Folletto) al Leoncavallo nel 2003. Possiamo dunque dire che La Terra Trema è la continuazione ideologica del Critical Wine di Veronelli, al quale successe nel 2007 negli spazi del Leoncavallo a Milano.
Quindi politiche agricole, sociale, rivendicazioni, lotte e battaglie di oltre 20 anni soffiano come tempesta su questa manifestazione che torna dopo due anni di assenza nella sua casa eletta. Due anni dove a causa delle restizioni scesa dall’alto a causa pandemia, i ragazzi e le ragazze de La Terra Trema si sono volutamente fermati, non giudicando possibile svolgere la fiera nel consueto spirito di convivialità e confronto. Leggiamo nel manifesto 2020: “Non controlleremo che siano indossate adeguatamente le mascherine, non misureremo temperatura, non chiederemo di effettuare prenotazioni, non contingeremo gli ingressi, non regoleremo flussi, non cronometreremo entrate e uscite, non reguardiremo sul mantenimento della debita distanza. Non lo faremo. Comporterebbe una torsione identitaria che non vogliamo subire e che non vogliamo attuare. La produzione di una manifestazione secondo questa logica non ha, qui, senso alcuno se non nel consumo effimero e fugace di vini, cibi, nella normalizzazione del consumo veloce, rapido, repentino. Ci sottraiamo, dunque. Non c’è una mandria da sfamare e abbeverare e La Terra Trema non è un allevamento intensivo per consumatori di qualità.”
E così si salta anche il 2021, per le stesse motivazioni. Ma non si ferma il suo spirito, in perenne tumulto e ricerca, che in questi due anni di fermo ha continuato a lavorare, tessere reti, a scendere in strada ogni mese con Eufemia, il mercato agricolo de La Terra Trema, e con l‘Almanacco, la pubblicazione periodica trimestrale indipendente, autofinanziata, dedicata all’approfondimento delle questioni che da sempre animano questo progetto: territori in lotta, agricolture, culture materiali, pratiche, rapporti di produzione, geopolitiche. E ovviamante per raccontare l’incontro diretto con produttori e produttrici, alidlà delle food policy nei food district delle city of food.
La Terra Trema torna così al Leoncavallo per tre giorni di fiera feroce e si porta dietro tutti i vecchi e nuovi amici di questa storia lunga ben 20 anni e 14 edizioni. Produttori indipendenti, contadini anarchici, uomini e donne dalle mani callose e grosse, poeti della terra, instancabili lavoratori e appassionati per definizione. Tre giorni che sono il punto di incontro dopo una pandemia, una crisi globale, politiche che depauperano e sperperano, mercificano e mettono in vetrina cibo e produzione. Nell’intento de La Terra Trema non è solo un momento per divertirsi ma vuole essere confronto reale e concreto, vuole far riflettere sui demoni della produzione globalizzata e smascherare politiche gonfie di perbenismo. Per citare ancora una volta le loro parole: “La Terra Trema sia, come è stata, occasione di confronto e conflitto.”
Per il programma completo della manifestazione cliccare qui.
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