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Una cosa che mi manca: il Rainbow Cafè

Contro la frenesia della vita moderna, un'oasi di pace

Scritto da Collettivo HMCF il 24 aprile 2020
Aggiornato il 27 aprile 2020

“Spazi in cui milioni di individualità si incrociano senza entrare in relazione, sospinti o dal desiderio frenetico di consumare o di accelerare le operazioni quotidiane o come porta di accesso a un cambiamento; sono incentrati solamente sul presente e sono altamente rappresentativi della nostra epoca, che è caratterizzata dalla precarietà assoluta (non solo nel campo lavorativo), dalla provvisorietà, dal transito e dal passaggio e da un individualismo solitario“.

Nella frenetica operazione bellica quotidiana della nostra vita, tra serrati ritmi di una città che non dorme mai e individualità troppo spesso impegnate a consumarsi in un connubio di ansie, paure, vizi e soddisfazioni, trovare uno spazio dove riuscire a sentirci in pace non è facile. Molti di noi hanno attraversato, ma soprattutto vivono, la città come una grande vetrina in grado di paralizzare ogni quietezza, come se lʼinerzia fosse un comportamento non condiviso dalla nostra società, quella in cui siamo cresciuti e in cui si intrecciano un milione di storie.

Al Rainbow Cafè abbiamo la fortuna di trovarci nel salotto di casa insieme agli amici come nello spazio.

Eppure il Rainbow Cafè è un luogo trafficato da migliaia di anime. Ogni giorno, come partenza o meta, è capace di fermare tutto quello che sta intorno con la delicatezza dei due padroni di casa, Elinor e Berry, che per noi, spesso provenienti da altre città, rappresentano un modo per vivere la famiglia lontano dalle nostre origini. Discreti e speciali, tra un disco meraviglioso scelto da lui e una carezza inconsapevole da parte di lei, spesso confidenti, sempre osservatori anche del cambiamento e della crescita di molti clienti; è difficile passare da qui e non tornarci più, anzi è impossibile.

A pochi passi da Porta Venezia, alle spalle di Corso Buenos Aires, perpendicolari a Viale Tunisia, paralleli a via Lecco, in via Tadino 6, lontano dai riflettori, distante dalla velocità, tra muri scritti e asfalto silenzioso, non è importante se il motivo per cui si decida di venire qui sia bere un cocktail o mangiare lo zighinì del mercoledì, al Rainbow Cafè abbiamo la fortuna di trovarci nel salotto di casa insieme agli amici come nello spazio, attraversare il mare in tempesta della nostra giornata oppure semplicemente fermarci.

E ascoltare, ascoltarti e ascoltarci. Perché sì, ci sono tante individualità, con le proprie simpatie, gli screzi, i problemi eppure in quel momento siamo tutti parte di una bella comunità. E molto spesso ce lo scordiamo, perché la notte di Porta Venezia è anche questo e la cosa più difficile e tremendamente sbagliata sarebbe trovare un ricordo che unisca tutte le persone che passano da qui. Ci sono le foto attaccate al muro, le polaroid, che spesso non ricordiamo nemmeno e in fondo va bene così, qui non cʼè bisogno di prendersi i ricordi di un luogo, ma semplicemente renderci parte della sua storia senza nemmeno saperlo.

Playlist a cura del Collettivo HMCF

È primavera!
Sottili veli di nebbia
circondano anche la montagna senza nome È la mia
questa figura di spalle
che se ne va nella pioggia?