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Adiel

Una nuova residenza al Goa, diverse uscite in programma per la sua label, Danza Tribale. Il 2020 parlerà molto di Adiel e noi abbiamo deciso di fare due chiacchiere con lei.

Scritto da Nicola Gerundino il 20 gennaio 2020
Aggiornato il 22 gennaio 2020

Data di nascita

16 maggio 1991 (32 anni)

Luogo di nascita

Roma

Luogo di residenza

Roma

Attività

Dj, Musicista

Un disco, un dancefloor, una serata. L’adrenalina che impedisce di prendere sonno e l’euforia che risale immediatamente non appena svegli. Del clubbing ci si innamora così e anche per Adiel cupido ha scoccato la sua freccia mirando da un mixer. Abbiamo imparata a conoscerla ai piatti, abbiamo ascoltato le uscite della sua etichetta Danza Tribale e in questo 2020 la incroceremo spesso durante le sue Plays Nights al Goa, dove di volta in volta ospiterà diversi volti nuovi in aria di consacrazione. L’appuntamento più vicino, però, è fissato per giovedì 23 gennaio, quando duetterà con il boss della Northern Electronics – Anthony Linell, molti di voi lo conosceranno come Abdulla Rashim – per presentare “Raso”, EP di prossima uscita, sempre su Danza Tribale, scritto a quattro mani dai due. Appuntamento ovviamente nel club principe di Via Libetta: where else?

 

Si parlerà molto di clubbing in questa intervista, per cui partiamo dal tuo ingresso in questo mondo. Se dovessi scegliere un dj, una serata e un disco che ti hanno fatto nascere e scoppiare questa passione, quali sarebbero e perché?

Posso dire che è nato tutto con un set Giancarlino al Goa Club: era il 10 febbraio del 2012, me lo ricordo perfettamente perché ho una foto di lui che suona quella sera con scritto: “God is a dj”. Come disco, Shackleton – “Blood On My Hands (Ricardo Villalobos’ Apocalypso Now Mix)”: dopo averlo ascoltato per la prima volta tutto è cambiato.

Prima quali erano i tuoi ascolti musicali?

Ascoltavo molta drum’n’bass – dopo quasi 15 anni di danza classica – poi techno e house.

Prima di passare dall'altra parte della consolle, che club e serate hai frequentato?

Diciamo che i primi locali non erano dei veri e propri club: ho iniziato con i rave, poi il Villaggio Globale e più tardi sono arrivati il Brancaleone, il Rashomon e il Goa.

Quando e perché hai iniziato a mixare?

È successo tutto in modo naturale, per curiosità: ero molto attratta inizialmente dall’idea di poter “toccare” con mano la musica attraverso i dischi, ma solo qualche anno dopo la residenza al Goa ho capito davvero che questa sarebbe stata la mia strada.

 

Ti ricordi il tuo primo vinile?

“Untrue” di Burial, mi è stato regalato dieci anni fa dalla persona che amo.

L'ultimo che hai comprato?

Off The Meds – “Belter”, con un remix di Joy O. È uscito nel 2019, ma l’ho comprato solo qualche giorno fa. Sarà il mio disco preferito per un po’!

Quali sono i tuoi negozi di dischi? Andando con ordine: a Roma, in Italia, nel mondo.

Ultrasuoni (Roma), Serendipity (Milano) e Techniques (Tokyo).

Dove hai fatto “pratica” per il djing, a casa o ti ha ospitato qualche studio?

Inizialmente a casa, 24/24, soprattutto in cuffia di notte. Poi ho avuto la fortuna di poter fare pratica al Goa: lì mi sono divertita tantissimo, passando tutti i pomeriggi che potevo chiusa in consolle da sola. È stato in quei momenti passati con me stessa che ho iniziato ad amare davvero questo lavoro. La ricerca dei dischi, ascoltarli e suonarli per la prima volta, renderli tuoi in modi sempre diversi.

Chi è stato il tuo maestro?

Giancarlino.

Ti ricordi la prima volta che hai suonato di fronte a un pubblico? Come andò?

Andó benissimo! Era un after e ricordo di aver messo la sveglia e aver fatto colazione al bar con la mia migliore amica per poi andare a suonare. È davvero emozionante ripensarci adesso.

 

La prima volta “ufficiale” in un club?

Una Ultratechno Night al Goa: il set è ancora nel Soundcloud del club e ogni volta che lo riascolto riesco a ricordare esattamente ogni momento di quella serata.

Come già emerso in queste prime risposte, il tuo percorso è indissolubilmente legato a questo club. Cosa rappresenta per te il Goa?

Rappresenta semplicemente tutto. Sarò un po’ romantica, ma è l’unico posto al mondo dove riesco a sentirmi me stessa e, musicalmente, penso che il mio suono rispecchi il club stesso. È il luogo dove ho iniziato ad amare la musica e a condividerla con le persone a cui tengo di più e non potrà che continuare a essere così.

Quali sono gli altri club a cui sei più legata?

Il Berghain a Berlino, il Blitz Club a Monaco e il De School ad Amsterdam sono i club a cui mi sento più legata adesso: organizzazioni impeccabili, impianti audio favolosi, per non parlare del pubblico e delle emozioni che mi trasmettono ogni volta che ci suono.

Il Berghain continua a essere una delle tappe fondamentali per tutti i dj. Qual è il racconto del tuo primo set?

È stata una delle mie date più emozionanti, anche se, una volta entrata nel club, sono rimasta sorprendentemente calma e tranquilla. E ancora di più dopo essere salita in consolle, la migliore al mondo per me. Quattro ore sono passate in cinque minuti e ricordo di aver detto a me stessa appena finito il set: «Ma io voglio suonare ancora!»

 

Capiti spesso a Berlino? Cosa ne pensi di questa città e della sua scena clubbing?

Berlino è fantastica e la scena del clubbing è unica e piena di energia, ma non è una città in cui vivrei. Molte volte mi sono sentita chiedere: «Ma come fai a vivere a Roma? Dovresti trasferirti a Berlino!». È vero, Roma è sicuramente una città difficile per il clubbing, ma resta sempre la più bella al mondo.

Un altro caposaldo del clubbing europeo, soprattutto per i festival, è l'Olanda. A te è capitato di suonare di recente sia al Dekmantel che all'Amsterdam Dance Event. Qual è il tuo racconto di questi due festival e, più in generale, della scena olandese?

Entrambe i festival sono stati bellissimi e gli olandesi ci sanno fare. Come festival mi sento di citare anche il Draaimolen: veramente speciale, sia per la location che per la line up. Indimenticabile.

Oltre a queste due scene nazionali, ce n'è qualcun'altra che apprezzi particolarmente?

Quella giapponese. Praticamente un’altro mondo.

L'altra metà del tuo percorso artistico, al di là del djing, è rappresentata dalla produzione. Come e quando hai iniziato a scrivere i primi brani?

Sempre per curiosità. Devo dire però che ancora oggi per me è molto difficile definirmi una produttrice. Nascere come dj mi ha aiutata a scoprire tanto, ma andando avanti si capisce l’importanza di quanto sia bello non smettere mai di imparare.

 

Anche per la produzione, ti chiedo quali sono stati i tuoi maestri.

Donato Dozzy e Neel.

Con la produzione è arrivata anche la tua label, Danza Tribale. Quando è perché hai deciso di dare vita a un'etichetta?

Ho seguito il consiglio del grande maestro appena citato!

Come nasce il nome Danza Tribale?

Da un’idea del mio amico Der: in qualche modo, e più di qualsiasi altro nome, rappresenta me e la mia idea di musica.

Una curiosità sui nomi: su poco meno di una decina di tue uscite, due titoli sono dedicati ai cavalli. Un'altra passione?

Decisamente, anche se in realtà il legame è con un oggetto: un cavallo di legno che è stato per anni proprio di fronte la consolle del Goa.

 

Una menzione d'onore la meritano anche le grafiche. Come nasce una copertina su Danza Tribale?

Sarò sincera: fino a questo momento nessuna delle grafiche è stata “pensata” appositamente, mi sono tutte capitate davanti agli occhi: un po’ è stato il destino e un po’ ho sempre avvertito una forte connessione tra esse e la musica. Devo dire che sono molto contenta di aver scoperto le meravigliose opere di Kero, mia amica da tempo e dal mio punto di vista davvero una grande artista e disegnatrice. In qualche modo, ognuna delle sue opere sembra fatta apposta per il disco su cui decidiamo di lavorare. Collaboreremo anche per le prossime uscite e sono davvero onorata per questo!

Sempre parlando di Danza Tribale, a breve ci sarà una nuova uscita assieme ad Anthony Linell, boss della Northern Electronics. Come hai conosciuto Anthony e quando avete deciso fare un disco assieme?

Ci siamo conosciuti circa dieci fa anni, Anthony è stato nostro ospite per un evento della serie “Confused”, a Fregene, e ricordo fosse la sua prima data in Italia. Da allora siamo rimasti in buonissimi rapporti e circa due anni fa ho ricevuto il suo invito per suonare a uno showcase della Northern Electronics. Da lì abbiamo deciso di collaborare per “Raso”!

Se dovessi descrivere "Raso" con cinque parole, quali sarebbero?

Profondo, scuro, eclettico, mentale, tribale.

Il 23 gennaio lo presenterete in anteprima al Goa. Che serata sarà?

Anthony e io, la nostra danza tribale, 150 copie in anteprima e in edizione limitata, firmata Goa Club, come regalo per tutti quelli che acquisteranno il ticket su Resident Advisor.

 

A proposito di serate e Goa, da poco hai anche una nuova residenza che si chiama "Adiel Plays Nights".

Nasce con l’intento di fare immergere la persone nella vera musica da club. La prossima sarà il 19 marzo, con ospite un’altra grandissima dj.

Prossime uscite su Danza Tribale? Puoi già anticiparci qualcosa?

Posso solo dire che ci sarà un nuovo progetto di un artista che è già uscito su Danza Tribale e che si tratterà di una collaborazione davvero speciale.

Chiudiamo con tre domande veloci veloci: dj set della vita, almeno finora?

Panorama Bar, l’otto settembre scorso.

Un disco che non ti stanchi mai di ascoltare?

Mala – “Stand Against War”.

Il dj che ascolteresti una volta a settimana?

Jeff Mills.