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Ambrogio Beccaria

Il Magellano contemporaneo di Milano si prepara a salpare

Scritto da Giada Biaggi il 18 settembre 2017
Aggiornato il 27 settembre 2017

Data di nascita

1 ottobre 1991 (32 anni)

Luogo di nascita

Milano

Luogo di residenza

La Spezia

Attività

Sportivo

Quando sento di persone che sanno andare oltre i propri limiti resto sempre affascinata. Soprattutto quando andare oltre i propri limiti significa sfidare se stessi. Questo è il caso di Ambrogio Beccaria, un giovane milanese che ha lasciato la città per dedicarsi alla sua passione; oggi, il suo lavoro. Ambrogio, classe 1991, ha cominciato a navigare a 15 anni. In un attimo, un attimo durato anni di studio e pratica, Ambrogio è passato dalle attività più umili alla folle, quanto grande e ammirevole ambizione di attraversare l’Oceano a bordo della sua “Alla Grande Ambeco”.
Il primo ottobre partirà per la Mini Transat, una regata competitiva che si svolge in due tappe: la prima, dalla Francia alle Canarie; la seconda, dalle Canarie alla località di Martinica, Caraibi, a cui prenderanno parte solo i migliori novanta skipper qualificati. Ha davanti a sé un mese di navigazione in solitaria, senza cellulare né internet. Completamente isolato, sprovvisto anche di un computer di bordo, è motivato dall’approccio tradizionale alla navigazione per mare. Nessuna paura, solo l’entusiasmo di poter andare. Andare dove una vela Mini 650 può e sa arrivare.
Affascinati dal suo percorso, gli abbiamo fatto qualche domanda. Ambrogio ci ha raccontato che c’è ancora qualcuno, oggi, che può permettersi di sconnettersi dal mondo. E questo è un privilegio.

Il coraggio dell’esplorazione. Quanto è importante nella tua attività?
Sicuramente il coraggio ci vuole, ma da esplorare è rimasto ben poco. E dipende da come esplori. Le regate che faccio io hanno un regolamento molto duro che limita l’utilizzo di molte e nuove tecnologie. Ad esempio noi non possiamo avere pc a bordo, che è una cosa fondamentale in tutte le altre tipologie di regate, e – una banalità – non possiamo avere il telefono quindi né internet né connessioni satellitari. Abbiamo solo un gps non cartografico, quindi un gps che dà le coordinate geografiche. A quel punto noi dobbiamo riportarle sulla carta nautica e fare carteggio con penna e squadra. Ti assicuro che farlo in certe in condizioni non è comodo. Sarò completamente isolato, ma questa è la grande ricchezza della vela oceanica. Dimmi tu chi può oggi permettersi di sconnettersi per due, tre settimane. È un privilegio.

Un po’ come fare i conti a mano, non li sa fare più nessuno
Eh sì. Ma questa cosa ci aiuta. Nel momento in cui c’è un problema elettronico, su una barca moderna si è molto in difficoltà, noi invece siamo molto abituati a fare tutto senza aiuto tecnologico.

Ambrogio BECCARIA / Série 539
Ambrogio BECCARIA / Série 539

Da dove arriva la tua passione per la navigazione?
Questa in effetti è una domanda che mi pongo anche io. La passione nasce più o meno una decina di anni fa: per caso sono finito in una scuola estiva, una di quelle che si fanno due settimane l’anno. Lì ho avuto la fortuna di incontrare degli istruttori che praticavano la vela seriamente. Loro hanno iniziato a chiamarmi durante l’inverno per fare delle uscite, delle regate con loro. Piano piano ho iniziato a scoprire questo mondo, con trasferte da Milano alla Liguria.

Con amici o da solo?
Da solo. Avendo cominciato tardi – a quattordici anni – sono salito direttamente su barche grandi. Inizialmente ero legato a ruoli marginali, che andavano benissimo, essendo io alle prime armi. Ma a pulire una barca si impara poco. Quindi ho deciso di ricominciare da capo, partendo dalle derive.

E allora hai comprato la prima barca?
Sì. Ho convinto due amici con la passione per la vela a comprare una barca insieme a me. Abbiamo preso un Laser 4mila, il più vecchio della flotta, una roba scandalosa. Il primo anno abbiamo iniziato ad allenarci ed eravamo un disastro. Il secondo anno un po’ meglio, il terzo alla grande. Abbiamo anche vinto il campionato italiano, poi quello del Lago di Como: il Lario Cup. Poi abbiamo partecipato al campionato europeo, che è stato davvero emozionante. In quell’occasione si ruppe l’albero e rimanemmo svegli fino alle tre del mattino a cercare di rimetterlo a posto. Da quel momento mi è salita la voglia di dedicarmi all’agonismo.

Dove avete comprato la prima barca?
L’abbiamo presa da un amico, a La Spezia.

Course de mini du championnat de france de course au large. Course en solitaire de 300 milles au départ de Douarnenez
Course de mini du championnat de france de course au large. Course en solitaire de 300 milles au départ de Douarnenez

Tu vuoi costruire barche?
Io voglio fare tutto con le barche, basta che siano a vela e da regata.
Se capiterà di costruirle, farò anche quello. All’esame di maturità portai un modellino di una barca con un ventilatore – e fu una mossa geniale, perché il ventilatore a luglio, a Milano, piacque tantissimo.

Si può campare solo di vela?
Sì, si può. Si può diventare professionisti, come quelli che fanno le regate cosiddette Orc – per le quasi si può gareggiare con qualsiasi barca. Ogni barca ha il suo coefficiente che viene moltiplicato per il tempo di percorrenza del tragitto e così capita che una barca grande possa competere anche contro una barca piccola. Questo tipo di regate in Italia sono molto diffuse.

Quindi ci sono tanti velisti professionisti?
Non molti ma abbastanza. C’è anche il circuito dei monotipi, velisti esperti tutti più o meno pagati. Io vorrei diventare un esperto di vela oceanica. Ho un progetto personale di vela d’altura, ma per farlo ho bisogno di trovare uno sponsor.

Cioé? Uno sponsor che paghi una tua missione?
Sì, di solito funziona così.

Ma dimmi della Mini Transat. Stai per partire?
Sì. Si parte il giorno del mio compleanno, l’1 ottobre.

Sono 4050 miglia nautiche, giusto?
Sì.

Dove vai?
Si parte da La Rochelle e si fa un’unica tappa fino a Gran Canaria – circa 1500 miglia, quindi otto giorni di navigazione. Ed è la parte corta.

Sarete in mare aperto?
Sì, però non è navigazione di grande altura. Si rimane sempre abbastanza vicino alla costa. Si attraversa il Golfo di Biscaglia, che è mare aperto ed è abbastanza complicato con una barca così piccola. Poi bisognerà percorrere tutto il Portogallo, fino alle Canarie.

E il resto del viaggio?
La seconda tappa sarà da Gran Canaria a Martinica, quindi i Caraibi. Più di 2500 miglia, in questo caso più di due settimane di navigazione – minimo due, se si va molto veloci, massimo tre.

Come si prepara una traversata di questo tipo?
La Mini Transat è considerata una delle regate più dure al mondo. Prima di tutto perché le barche sono lunghe 6,5 metri, parliamo di barche minuscole.

È rischioso attraversare, anche solo il Mediterraneo, con queste barche?
Sì, detto ciò la lunghezza è un problema nel momento in cui ci sono tempeste, però le barche sono fatte bene, appositamente per fare questo genere di cose e la Classe Mini, che è l’ente che organizza tutti gli eventi legati a queste competizioni, è molto attenta alla sicurezza. Quindi noi dobbiamo rispettare moltissime regole che tante altre barche non devono rispettare.

Quali sono i rischi di una traversata di questo tipo?
La barca che ho comprato io, sono riuscito a comprarla perché è naufragata. Era di una ragazzo franco-polacco, era il favorito fra l’altro durante una regata, ma nella prima tappa si è ribaltato a causa di un’onda davanti a Lisbona. La barca è fatta bene, quindi è inaffondabile perché ci sono delle riserve di galleggiamento dentro. Nel suo caso si è rotto l’albero. Lui è riuscito a ritirare dritto e poi è stato salvato da un cargo che è passato di lì e l’ha tirato su. Però la barca è rimasta a galla, questa è la cosa fondamentale.
Il rischio più grosso è ribaltarsi o scontrarsi contro grossi oggetti galleggianti – e mi riferisco ai container e alla spazzatura che c’è in mare. I cargo perdono tanti container, il problema è che non vanno giù, restano a metà acqua tipo iceberg.

Di notte navighi?
Sì, certo, non mi fermo mai.

Ambrogio BECCARIA / Série 539
Ambrogio BECCARIA / Série 539

Come convinci il tuo sponsor che questo progetto vale la pena di essere finanziato?
Si fanno capire i valori della vela e l’importanza dell’impresa. In questo caso si tratta di un evento che dura tanto tempo e questo è allettante per uno sponsor. Ma devo dire che chi finanzia è sempre attratto dalla sfida, dal fatto che un ragazzo giovane si possa imbarcare in un’impresa del genere.

Fai conto che io sia il tuo sponsor. Quali sono i valori della vela?
Stiamo parlando di fare la traversata dell’Oceano solo grazie al vento. La vela è un’impresa assolutamente ecologica e il mio sponsor, Ambeco, ha a che fare con questo mondo. E poi c’è determinazione, passione, coraggio e il messaggio di performance, cioè la gara, l’avventura e la vittoria.

Vincere vuol dire arrivare nel più breve tempo possibile?
Sì, vincere vuol dire arrivare davanti agli altri. Si parte insieme e il primo che arriva vince.

C’è un premio in denaro?
Sì.

La barca è tua. L’hai messa a posto da solo?
Sì. Dopo il Laser 4000 ho pensato di comprare una Mini. Il problema delle Mini è il prezzo. Una vela del genere, competitiva, costa 40mila euro. Quando l’ho comprata, mi trovavo in un periodo abbastanza fortunato, perché lavoravo come comandante di una barca privata e all’interno di un cantiere di restauro di una barca grossa. Quando ho trovato questa barca in vendita, ho pensato fosse un’occasione: veniva svenduta, essendo naufragata. Per me era perfetta, avevo il tempo e le conoscenze per rimetterla a posto. Il Cantiere Navale di La Spezia mi ha dato lo spazio, un sacco di materiali e tutti i carpentieri che ci lavoravano e lavorano ancora oggi mi hanno aiutato. Ero da solo, ma mi sono sentito in squadra.

Il tuo sogno?
Il mio sogno è il Vendeé-Globe. È una regata che si fa ogni quattro anni. È il giro del mondo in solitario, senza scalo, su una barca di sessanta piedi.

Ambrogio BECCARIA / Série 539
Ambrogio BECCARIA / Série 539

Cioè? Parti e arrivi dall’altra parte?
Esatto. Non si può fare scalo, se ti fermi sei fuori.

Quanto dura?
Il vincitore di quest’anno ci ha impiegato settantasei giorni, un record incredibile.

Qual è il tuo punto di forza?
Sono due anni che faccio Mini, non mi sono mai ritirato da nessuna gara né fermato per alcun problema. La barca, la conosco fino all’ultimo centimetro, so come gestirla.

Esiste la paura?
Sì – ride.

E ti piace la sensazione della paura? Annuisci ridendo!
La paura ti fa sentire a contatto con la natura e – se ci pensi – non esiste alcun animale che viva tranquillo nell’Oceano. Sento sempre l’angoscia che possa succedere qualcosa. Fortunamente non ci sono predatori che mi rincorrono, però è comunque una sfida, non contro il mare – sia chiaro; la sfida è contro me stesso.

Cioè?
Il mare posso solo assecondarlo. La sfida con me stesso è profonda e psicologica. Io devo spezzettare il sonno. Devo avere un sonno polifasico, tipo della durata di venti minuti, e ti assicuro che in certe condizioni, svegliarsi, uscire, decidere che mezz’ora di sonno ti possa bastare prima di tornare fuori al freddo, necessita di motivazioni forti.

Non ti spaventa stare da solo?
In realtà parlerò con un sacco di gente. I miei concorrenti saranno lì, la competizione tiene compagnia. Non farò il giro del mondo per scoprire me stesso, ma è una gara all’ultimo sangue e tutti i ragazzi accanto a me fanno la stessa cosa.

Come ci si abitua all’acqua?
Pochissimi possono permettersi di potersi allenare su tutto, ma i Mini 650 sono una buona scuola per la vela oceanica. La parte di flotta che cerca di vincere prova ad allenarsi su tutto. Io ne faccio parte, adoro la competizione e faccio di tutto per essere pronto all’avventura.

Il fatto che tu sia un ingegnere nautico c’entra qualcosa con le vittorie che hai raggiunto?
Finché lo sport non diventa quasi fantascienza, come nel caso della formula 1 – dove adesso si fanno cose assurde anche agli occhi di un ingegnere con un percorso normale -, le conoscenze tecniche di chi pratica sono fondamentali. Questi sono sport meccanici, dove il mezzo conta tantissimo. Un ingegnere non può sapere sulla carta che cosa deve avere una barca per essere perfetta, perché ci sono milioni di variabili. È necessario che un atleta riesca a tradurre le sensazioni della barca a un ingegnere.

Tu sei entrambe le cose
Sì, però non ho un team di ingegneri. Vittorio Bissaro e Silvia Sicouri, di Milano, hanno partecipato alle Olimpiadi di Rio e sono entrambi ingegneri. François D’Abalt, il Messi della vela d’altura, anche lui è ingegnere navale.

Chi è il tuo idolo? Hai una figura da cui in qualche modo trai ispirazione?
Di sicuro l’atleta che più ho amato nella mia vita è Zanetti. Ero molto interista, poi da quando me ne sono andato da Milano – da quando vivo a La Spezia -, ho perso questa passione. Adoravo il suo essere fuori dagli schemi. Il calciatore di adesso è uno stereotipo, Zanetti è un impiegato, un lavoratore instancabile. Nella vela non posso che adorare Giovanni Soldini.

Soldini mi disse che si sente molto più carico di responsabilità e di tensione quando fa l’amministratore, perché lui ha una società. Le maggiori responsabilità le sente non quando parte per i suoi viaggi, ma quando amministra perché ha la responsabilità di altre persone. Cosa mi dici a riguardo?
Lo capisco. Quando si parte per le regate so bene quali sono i miei limiti e so verso cosa sto andando. Ho più o meno la situazione sotto controllo se sono da solo. Poi ovviamente ci sono gli imprevisti, ma so che i miei possibili errori ricadrebbero solo su di me. Quando si è a terra è diverso.

Tu sei di Milano. Dove vai a divertirti in città?
Quando vivevo a Milano, andavo spesso al Magnolia.

A mangiare?
Quando tornerò a Milano, andrò di sicuro a mangiare in un ristorante che sta aprendo un mio amico a Villa Reale. Lui ha già il Lùbar. Comunque mangiare mi piace molto e vado abbastanza ovunque. Un posto che adoravo era una trattoria, di quelle milanesi: Da Lina.

E a bere?
La Vineria, sui Navigli, poi Lacerba e La Buca Di San Vincenzo.

Che vita fa un velista? La sera va a ballare?
Mi piace andare a ballare. Quando ero a Milano facevo anche il dj, non lo facevo seriamente, non andavo a suonare nei locali, ma mi piaceva.

Ambrogio BECCARIA / Série 539
Ambrogio BECCARIA / Série 539

Milano è cambiata?
Sì, io l’ho notato tantissimo. Venendo ora da fuori, dalla provincia, mi sono accorto che Milano adesso è un’isola felice rispetto ad altri posti di Italia. Soprattutto per i giovani. Ci sono moltissime possibilità non solo lavorative ma anche di svago. Io sto molto bene a La Spezia perché ho questa passione che mi lega al mare, ma conoscendo altri ragazzi di La Spezia capisco la loro frustrazione. Essere legati a una città come Milano è sicuramente una fortuna.

Cosa vuoi fare da grande?
Non una cosa molto diversa da quella che sto facendo adesso. Sarebbe bello riuscire ad avere un progetto completo, magari con risultati. Mi piacerebbe riuscire a trasmettere a tante persone quello che sto facendo. Ci provo, attraverso i social e alla comunicazione che faccio insieme al mio sponsor, ma appunto stiamo parlando di un evento relativamente piccolo. Arrivare a una platea più ampia si riuscirebbe a distruggere lo stereotipo della vela, ovvero l’idea italiana che la vela sia uno sport per ricchi.

Perché? Non è vero?
Be’ un’imbarcazione costa molto, sì. Ma quello che succede in Italia è che in Emilia Romagna vanno tutti in moto. E le moto costano poco? No, costano un botto di soldi. Solo che sembra meno snob. Io sto facendo vela ad alti livelli con pochi soldi, rispetto a uno sport meccanico. Uno sport meccanico costa molto di più.

Non ti è mai capitato di sentirti solo?
In questi anni che mi sono avvicinato al mondo della vela, ho incontrato molta gente con parecchi interessi o comunque interessi simili ai miei. Quindi in realtà le emozioni che provo durante queste traversate le condivido più con gente affine a me.
Comunque le sensazioni che provo durante queste traversate sono trasversali: le cose tecniche le condivido con gli amici a cui so che interessano.

Gli amici che hai lasciato a Milano ti seguono?
Sì, sono gasatissimi.

Come possiamo seguirti durante la Mini Transat?
La regata non sarà seguita da TV italiane, ma sicuramente ci saranno degli speciali in televisioni francesi. Comunque il modo più semplice per seguire la regata è guardare il sito, www.laminitransat.fr. Ogni barca ha un gps a bordo che dà le informazioni di tracking.