Ad could not be loaded.

Blue Chips

Le fiches creative e più desiderate dell’industria discografica

quartiere Bovisa

Scritto da Federica Amoruso il 11 aprile 2022

Foto di Glauco Canalis

Si legge Blue Chips ma si pronuncia Tommaso Biagetti e Sara Olivetti: il duo creativo croccante degli alti rendimenti a basso rischio. Un duo, una agenzia creativa, uno sguardo nuovo sull’estetica musicale e discografica che ha alle spalle nomi celebri come Frah Quintale, Joan Thiele, Coez. Ovviamente born and raised in Bovisa: tra le suggestioni sonore e cromatiche del mercatino più folle della città e strumentazioni incredibili contrattate con maestria.

«La scelta di creare una nostra realtà nasce dall’esigenza di puntare la lente sulla creatività, slegata dalle strategie puramente discografiche.»

Per cominciare, raccontateci di Blue Chips.

Ciao! Siamo Sara Olivetti e Tommaso Biagetti e da settembre scorso abbiamo ufficializzato questa nuova avventura: uno studio che è un’agenzia che collabora con varie professionalità e che si occupa di direzione creativa. Il nostro focus è l’ambito musicale, che è anche il background lavorativo e la passione di entrambi. Lavoriamo a progetti corali che spaziano tra più discipline: Tommy lavora con Coez, Sara con Joan Thiele ed entrambi con Laila Al Habash. Qui viene meno l’aspetto marcatamente discografico di cui ci siamo occupati in passato, per concentrarci su shooting, strategie di comunicazione, produzione video. Il cappello sotto cui tutto questo è racchiuso è la neonata Blue Chips.

 

 

Perché “Blue chips”?

Il nome nasce da un connubio di idee e suggestioni. Eravamo in fissa col colore blu in quel periodo, e per casualità la parola blu era ridondante in tutto ciò che facevamo. Le fiches blu nel poker sono quelle più preziose per il loro valore, nella finanza le blue chips sono le azioni ordinarie delle società più solide quotate in borsa, particolarmente pregiate perché garantiscono alti rendimenti a basso rischio. Ed è anche il titolo in inglese di un film a cui siamo molto legati, un film sul basket con Shaquille O’Neal e Penny Hardaway. A livello estetico ci è piaciuto lo spunto grafico del mondo del college: quindi da lì il font che riprende tutta quell’atmosfera. E il blu tornava sempre: anche l’impianto grafico è stato parecchio studiato a seguire, abbiamo portato avanti molta ricerca su quel fronte.

Qual è il vostro background nell’ambito musicale e discografico?

Entrambi abbiamo lavorato per anni in Undamento, etichetta meneghina indipendente di spicco degli ultimi anni e da cui viene Frah Quintale, per citarne uno tra i tanti. Questi anni di formazione ci hanno permesso di crescere ed è anche dove ci siamo incontrati, permettendoci di fare i primi lavori assieme. Col passare del tempo, abbiamo individuato gli ambiti specifici a noi più vicini e per i quali siamo più portati, è stata una grande scuola. Stando dentro ad una etichetta discografica, le dinamiche del lavoro sono dettate, giustamente, dalla produzione: la scelta di creare una nostra realtà nasce dall’esigenza di puntare la lente sulla creatività, slegata dalle strategie puramente discografiche. Questo ci permette di operare riflessioni su tutto ciò che è il “resto” che sta attorno ad un album. Dopo anni di lavoro in agenzia si entra in profondità nei progetti e nelle loro strutture, e la parte estetica e creativa viene meno, per forza di cose. Al contempo, si acquisisce una profonda conoscenza dei gusti e delle forze creative che stanno dietro alle uscite discografiche: vogliamo prendere queste capacità da insider ma con molti meno paletti e molta più produzione puramente creativa e idee. La capacità di gestire il management (come nel caso di Laila) resta e ci agevola molto, tuttavia. Infine, avevamo voglia di esplorare altri nuovi mondi creativi, oltre a questo musicale.

Com’è il mondo delle etichette discografiche e come ci siete arrivati?

Una grande voglia di lavorare nella musica. Tommy ha studiato marketing e comunicazione, ed essendo inserito nell’ambiente grazie alle conoscenze acquisite andando da adolescente ai concerti, tutto è successo in modo molto naturale. Per quanto riguarda Sara, il percorso si snoda tra un altro tipo di lavoro e la voglia di esplorare questo settore, seguito da un corso di music business. Ma anche in questo caso la svolta è stata il lavoro nella produzione di un festival musicale.

Cosa reciterebbe un vostro ipotetico manifesto?

Alla base di tutto c’è un forte sentire estetico condiviso. Siamo due persone con skills opposte e complementari, ma la nostra forza è un forte gusto estetico comune che parte dalla fotografia. In particolare, il mondo della fotografia analogica, quello sporco, sgranato e imperfetto; gli USA, il cinema… difficile racchiudere tutto. Sicuramente questa fascinazione per il sapore dell’analogico ci potrebbe portare a fare un moodboard ipotetico che racchiude queste influenze, con una precisa palette di colori. A contraddistinguerci è anche l’attitudine con cui facciamo le cose: siamo autodidatti sulla parte di produzione video; eppure, questo ci regala un approccio molto libero. Ci siamo spesso ritrovati a fare cose mai fatte prima, perché in ogni lavoro c’è una novità che ci mette di fronte a nuove competenze e sfide. Per lo shooting di Ceneri, uno degli artisti che seguiamo, abbiamo realizzato scatti con delle proiezioni in studio: non ci era mai capitato prima. Ci piace il rischio di fare ogni volta qualcosa in più.

Paura del futuro?

Un po’ di paura c’è sempre quando fai qualcosa di nuovo. Ancora di più quando si tratta di qualcosa di tuo. Siamo fortunati perché in questi anni abbiamo creato una fitta rete di contatti attorno a noi che ci ha sostenuto fin da subito con proposte operative e siamo molto soddisfatti.

Bovisa: come ci siete finiti, cosa rappresenta per voi come quartiere, entità, luogo?

Sara vive lì fin da quando è a Milano, e si è sentita fin da subito accolta: è come un piccolo paese. Bovisa rappresenta a pieno questa mentalità e negli anni è diventato anche un punto strategico comodo per raggiungere la sede di Undamento. Emma di Speed photo è la seconda mamma milanese di Tommy. Che infatti è arrivato qui per la prima volta cinque anni fa proprio perché qualcuno gli aveva detto che poteva sviluppare i rullini qui. Ed è Bovisa la zona in cui è nata l’idea di Blue Chips, una entità creativa born and raised in Bovisa.

Gran parte dei materiali utilizzati nei video, poi, arrivano proprio dal mercatino: grande attività della domenica a cui presenziamo spesso, nonché uno dei posti a cui siamo più legati in assoluto. L’unico motivo per alzarsi presto alla mattina di domenica: cappuccio, tuta e via a scandagliare i banchi in cerca di camere, props, oggettistica varia. Abbiamo fatto grandi affari qui che di sicuro ci hanno portato bene. È un mercatino perfetto: dimensione giusta e poco inflazionato. Quando ci siamo ritrovati a fare il video di Ponza di Laila abbiamo trovato qui una mini-divi a un prezzo ridicolo, che abbiamo utilizzato poi per girare il video. In linea con quell’approccio di sorpresa e scoperta verso il futuro che fa parte della nostra metodologia di lavoro; sono idee che arrivano da suggestioni ambientali. Come le primissime foto scattate a Frah Quintale di cinque anni fa, in giro per la Bovisa: non conoscevamo per nulla la zona e dovevamo fare qualcosa nell’attesa che Emma ci sviluppasse un rullino. Così sono nate foto che sono state poi utilizzate per varie promo.

Sogni nel cassetto per questo nuovo studio?

Ne abbiamo tanti. Ci sono moltissimi artisti italiani con cui vorremmo lavorare: ci piacerebbe lavorare con questi ragazzi di Empoli, i bnkr44. Ragazzi giovanissimi che dallo scorso anno si ritrovano in un bunker ad Empoli a creare e con una estetica molto vicina e funzionale alla nostra. Se dovessimo sparare in alto? Artisti internazionali che ci piacciono, speriamo che questo ci porti fortuna.