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CARNALE

La rivista maleducata della moda erotica e dei sex-theme parties

quartiere Centrale

Scritto da Piergiorgio Caserini il 12 febbraio 2022
Aggiornato il 17 febbraio 2022

Foto di Luca Grottoli

Se andate a vedere il profilo IG di Carnale vi sembrerà sulla soglia del ban e dell’oscuramento tematico da un momento all’altro. Si intravedono scorci di capezzoli contenuti dalle reti a maglia larga, culi collinari emergere da stradine di latex, qualche borchia, delle lingue, delle cosce e un movimento ritmato da serata in pista e luci rosse. Augusto Arduini e Simone Cossettini hanno fatto uscire Carnale nel 2021: prima di tutto un magazine semestrale maleducato e protagonista con una grande community erotica fashionara, e poi festa. Festa dura. Di quelle belle che piacciono a noi.

«Un aneddoto: una persona entra nel locale in sneakers, cappotto e pacchetto di Marlboro in mano. Calca la pista tutta la notte, contentissimo. Sotto è nudo e basta. L’indispensabile.»

Com'è che è nata Carnale?

Augusto: Io sono direttore artistico e Simone è fotografo. All’inizio doveva essere un progetto editoriale solo tra me e Simone, scattato interamente da lui. Lo pensavamo come un progetto personale, ma quando abbiamo cominciato a definire l’idea più concretamente, presentando anche il progetto in giro, abbiamo riscontrato da subito un interesse abbastanza genuino da parte di tutti. Da quelle prime conferme abbiamo strutturato il progetto in maniera più seria. Da una semplice pubblicazione che avrebbe dovuto essere singola e indipendente – Carnale rimane comunque tutt’ora indipendente – il progetto è diventato una rivista. Un progetto editoriale di ampio respiro: abbiamo collaborato con 23 fotografi, 6 artisti, insomma ha preso un certo spessore. 

 

Simone: C’è stato immediatamente un grosso interesse, soprattutto rispetto al tema dell’erotico, all’intento di fondere l’eros alla moda, sia da un punto di vista estetico che contenutistico – anche se allora era soltanto un’idea abbozzata di ciò che avremmo voluto fare. Ed è diventata da subito internazionale. Perché i talent che abbiamo selezionato arrivano da qualsiasi parte del mondo, dalla Cina al Brasile a vari luoghi d’Europa, e con ognuno abbiamo ragionato assieme rispetto alla nostra logica estetica.

Carnale ha quindi una ricerca ad ampio raggio rispetto alle storie, ai fotografi, alle provenienze. La scelta di avere questa “scala” era un obiettivo iniziale della rivista?

Augusto: Sì, dall’inizio volevamo cercare talent che fossero interessanti e non già istituzionalizzati. Per dirti, siamo andati a cercare un fotografo che si occupava di reportage tra Wuhan e Shanghai e che ha realizzato una storia sui personaggi notturni tra le discoteche delle due città. Oppure un performer brasiliano che ha scattato usando sé stesso come modello. O un artista, Eli Craven dagli US, che ha fatto una serie di artwork ad hoc per Carnale.

 

Simone: C’è stata veramente una ricerca profonda e articolata: Eli Craven è un professore che insegna in un’università negli Stati Uniti, il brasiliano è un matto travestito da donna che per le foto si è messo a novanta, nudo, ed è anche un regista. Parallelamente a questo, noi ci teniamo a comunicare una provenienza: Milano. Per questo il nome è in italiano – come il tema del primo numero, Desiderio. E a fine numero abbiamo le traduzioni in italiano.

Da dove arriva la volontà di collocarsi così esplicitamente in Milano, nonostante il taglio internazionale della rivista?

Simone: Perché pensiamo innanzitutto che ci voglia una spinta alla città. C’è molto potenziale ed è poco sfruttato. E noi ci sentiamo molto parte di questa città, le siamo molto legati. Oltretutto il nostro lavoro ha preso forma qui, dal percorso di studi in poi, quando ci siamo conosciuti, e il nostro lavoro si sviluppa proprio attorno alle industrie della moda milanesi. 

Siete in uscita con il secondo numero, che per ora rimane una sorpresa. Il primo era soltanto immagini e fotografia. Insomma, com’è strutturato Carnale Magazine? Come comunica?

Augusto: Il primo numero sono una trentina di storie su 400 pagine a copertina rigida, con l’idea che fosse un coffee table book. Siamo amanti della carta ma siamo consapevoli che per avere valore l’oggetto dev’essere qualche cosa che hai piacere a tenerti in casa. Il primo issue voleva essere un manifesto della nostra lingua, del nostro linguaggio, comunicando soltanto con fotografia, immagini e grafica. Abbiamo anche fatto una collaborazione con Aria Platform, per cui se con l’app inquadri le prime pagine di ogni storia compaiono dei video tracciati sulle immagini, sul libro, senza l’uso di un qr-code. Nel secondo avremo sì dei contenuti scritti ma è un po’ presto per svelartelo!

 

 

Simone: Parliamo di un semestrale che, per un discorso di ritmo editoriale, segue le fluttuazioni e i momenti della moda, perciò settembre/ottobre e marzo/aprile. Proprio per un discorso di collezioni, di giro merce, legati al calendario della moda. Poi siamo in distribuzione quasi in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, in Asia, in tutta Europa… noi non volevamo andare in distribuzione così con il primo numero, ma il giorno successivo all’uscita di ha contattato un distributore internazionale e ci ha subito bloccati, volendoci prendere. Una cosa inaspettata che però effettivamente ci ha dato conferme da subito. Liscia come l’olio, distribuzione partita subito.

Arriviamo al nodo dei temi di Carnale: la scelta dei temi dell’erotismo e del sesso – visto poi che lavorate entrambi nel settore – quanto è legato alla moda?

Simone: Fino a poco tempo era quasi scomparso. La donna, più che l’uomo, era diventata qualcos’altro. Mancava di femminilità, era una donna che quasi strizzava l’occhio a un’idea che tutto sommato riconduceva al brutto. Noi abbiamo voluto dare uno scossone a questo “modo”, con un immaginario che poi ha anche dovuto confrontarsi con l’inizio della pandemia. In quel momento dove tutti dovevano stare in casa, l’uscita di questo progetto ha entusiasmato molti. Esplicitando così l’eros, abbiamo sollevato un desiderio che era decisamente cresciuto in quei mesi, tra i muri di casa. Ovviamente niente di calcolato, ma c’è anche da dire che questo rapporto con l’eros lo si è rivisto anche nelle ultime sfilate. 

 

Augusto: Infatti proprio da giugno, quasi in concomitanza con l’uscita del magazine, c’è stata una forte carica erotica nelle ultime collezioni. Per noi è stato un momento quasi idilliaco per uscire con Carnale. Proprio perché da un momento di, diciamo, “appiattimento estetico” (per come la vediamo noi, una direzione diversa) soprattutto per la figura femminile – come diceva Simone –, ci siamo ritrovati a vedere i vari brand reinterpretarsi seguendo un filone erotico che poi si è riconfermato anche a settembre. Probabilmente sta iniziando un’onda di ritorno rispetto a questo tipo di approccio estetico. Perché poi di onde si parla. Il binomio eros e moda c’è sempre stato, soltanto nell’ultima decade non è stato calcato. 

 

 

Esatto, perché qui a Milano sappiamo di contesti e fenomeni che forse partivano dalle vostre stesse sensazioni ma che si riversavano più nel mondo della notte, diversi anni fa – poi arriviamo alle vostre feste, ma intanto, quanto la notte ha inciso sul vostro immaginario?

Augusto: Sicuramente il mondo della notte è una grandissima fonte di ispirazione, ma anche di persone che potrebbero e vogliono abbracciare i valori del progetto. Quando siamo arrivati a Milano – nel 2008 – eravamo dei grandi frequentatori di feste. Andavamo al vecchio Plastic in viale Umbria, al Gasoline, al vecchio Rocket di via Pezzotti, l’Atomic – lacrimuccie –, oppure al Tunnel o ai Magazzini Generali… club che o hanno chiuso o sono fermi o sono diventati tutt’altro. Insomma, questa era la nostra tabella settimanale. Facevamo sei su sette, forse riposavamo il lunedì. Eravamo molto allenati in quel momento. 

Ecco, tornando alla scelta dell'erotico: arriva da una vostra storia – un vostro giro e un vostro vivere la città e la notte –, oppure è il risultato di una serie di riflessioni sullo stato della moda?

Simone: No, assolutamente non è mai stato un andare a cercare quello che manca. È proprio una nostra volontà, un nostro DNA. Tutto è nato molto naturalmente. 

 

Augusto: Da ciò che ci piace ai locali che si frequentano fino al giro di amici. Semplicemente c’è stato una sorta di allineamento astrale: Carnale è uscito nel momento in cui la fashion industry è tornata su questo binario estetico

L'idea delle feste nasce prima o dopo?

Simone: Nasce dopo, ma il principio di community è antecedente. Noi abbiamo sempre pensato di creare una nostra community a partire da Milano, di persone che sposa i nostri atteggiamenti, più che principi o valori. Insomma era una volontà fin dall’inizio, e la festa è una naturale conseguenza di queste scelte. 

 

Augusto: Alla prima festa che abbiamo fatto durante la fashion week è arrivata anche la figlia di Madonna, o anche Ferdinando Verdieri – l’AD di Vogue Italia -, insomma personaggi che nessuno aveva invitato ma che sentendone parlare sono arrivati. Oppure a un certo punto entra uno con le ali d’angelo ed era Mikki Blanco. 

Come descrivereste quest'atteggiamento Carnale?

Simone: Carnale? Una parola che usiamo sempre è “maleducato“. Per me può riassumere al meglio. Poi ci sarebbero tutta una serie di aggettivi ma credo siano tutti banali. 

Augusto: Direi: maleducato, notturno e protagonista. 

È arrivato il momento di raccontarci uno spaccato delle vostre feste. Chi viene? Cosa si fa? Come si entra?

Simone: La cosa principale è il dress-code, che è ovviamente: SEX. Diciamo che tre quarti delle persone sono mezze nude. Abbiamo delle dark room, dove vedi entrare le persone anche in gruppi di tre, quattro, e dentro vedi chi si porta al guinzaglio, chi lecca le tette a una e intanto tocca il culo all’altra. Due aneddoti: una persona che entra nel locale in sneakers, cappotto e pacchetto di Marlboro in mano. Sotto è nudo, e basta. L’indispensabile. Si è fatto l’intera serata in pista contentissimo. L’altro, dopo la prima festa, una ragazza ci chiede di non pubblicare foto. Nelle dark room aveva passato la notte con il fratello del suo ragazzo. Insomma, c’è una libertà totale, ma che mi preme dire è che ho sempre visto soltanto sorrisi. Un’atmosfera estremamente positiva. 

 

Augusto: Esatto, e a contribuire in maniera importante rimane sempre e comunque il look. Nel senso che volente o nolente, l’obbligo di prepararsi un look esclude già una fetta di persone che magari sono interessate solo ad andare in pista, a rimorchiare eccetera. Soltanto questo fatto alza di molto il livello dell’atmosfera, perché uno arriva già preparato con un certo mindset, pronti e preparati per affrontare una serata in un certo modo. Alla porta poi ovviamente abbiamo la selezione con persone supercompetenti, che sanno già che potrebbe creare problemi e via dicendo. Sembra una stupidaggine ma il rischio che possa accadere qualche cosa di sgradevole c’è, ed è un attimo.