Facciamo un patto: se dico innovazione, voi non pensate a uno smanettone. Praticamente, una via di mezzo fra l’atto di fede e il postulato. Le tecnologie sono fortissime, siamo interconnessi come mai nella storia dell’umanità, questo Facebook ci ha cambiato la vita, signora mia. Ecco, allora, andiamo avanti. Proviamo a farci stupire non più dal mezzo, ma dal messaggio con buona pace di McLuhan. Dal 6 al 10 giugno BASE Milano ha ospitato la Social Media Week, una settimana che vorrebbe raccontare come le nuove tecnologie stanno cambiando le connessioni umane. Roba grossa. Così a noi è venuta un’idea: andare alla SMW e annusare le esperienze milanesi che sfruttano la tecnologia che “semplifica e chiarifica le relazioni fra le persone nel mondo reale” come dice (bene) il teorico del design John Thackara. Ecco a voi alcuni protagonisti della kermesse milanese.
«Mypoluck è nato come costola di Milanosecrets, la piattaforma on line creata nel 2011 per dare delle dritte sui posti “segreti” della città – spiegano le fondatrici Anna Prandoni, Sibilla Milani e Emanuela Roncari che alla SMW hanno raccontano la loro start-up – Milanosecrets è andato così bene da diventare un libro nel 2015 e così ci siamo fatte prendere la mano: nel giugno 2014 è nato Mypotluck».
Potremmo definirlo un abilitatore di esperienze, un modo per fare community gathering (in inglese suona decisamente più figo) a partire da un sito che propone eventi riservati a gruppi di massimo 20 persone. «Per gli americani – spiega il terzetto – il potluck è il pasto informale dove ognuno porta qualcosa, ma la parola origina dal potlatch, un cerimoniale dei nativi americani che prevedeva lo scambio di doni e aveva un’implicazione quasi mistica. Da questo mix ci siamo ispirate: volevamo proporre momenti di condivisione, non l’ennesimo evento milanese con la gara a chi è più bravo, porta tanta gente, riunisce il maggior numero di personaggi noti. Con Mypotluck scopriamo posti insoliti di Milano, offriamo a persone sconosciute esperienze di condivisione che spesso hanno a che fare con il cibo, ma non solo». È innovazione sociale? Di certo usa le tecnologie per costruire reti che attivano una comunità di persone simili. «Chi viene spesso ci dice: “Ho trovato degli amici che non sapevo di avere”» confermano Anna, Emanuela e Sibilla. Un altro paio di maniche è stabilire se mangiare con sconosciuti in un posto sconosciuto, magari addirittura una casa – a Londra lo chiamano social eating, schiscetta condivisa non suona altrettanto bene – sia di moda a Milano per colpa o per merito degli hashtag o delle Pagine Evento di Facebook.
Se il social eating è così di tendenza da avere una sezione dedicata intitolata Food&Wine e curata da Paola Sucato, anche la cultura nel suo piccolo non resta al palo e si è fatta spazio fra i panel della SMW.
Di «empatia e apprendimento emozionale come leve per il coinvolgimento del pubblico» hanno parlato Streamcolors e BePart nel panel a loro dedicato. Detto così suona palloso, ma occhio a non prendere granchi: stiamo parlando di App didattiche in realtà aumentata e videogiochi d’arte. Probabilmente, concordano gli startupper, «imparare l’arte con il 3D sarà perfettamente normale per i bambini fra neanche 10 anni». Che significa? Che serviranno approcci e strumenti educativi all’altezza di questa sfida. E Milano sta provando a non perdere il treno.
Anche iCODEX il primo hackathon italiano dedicato all’innovazione culturale organizzato da BookRepublic per lanciare il bando iC-innovazioneCulturale 2016 di Fondazione Cariplo ci ha incuriosito.
Partiamo chiarendo cos’è un hackathon perché mica lo sapevamo, ce lo siamo dovuti far spiegare. La parola viene dalla fusione fra hacker e marathon, praticamente è una gara che mette insieme sviluppatori, creativi, visual designer per una brainstorming prolungato su progetti tecnologici dedicati, in questo caso, alle biblioteche, all’editoria, ai musei, allo spettacolo dal vivo. La sfida nella sfida è costruire un progetto come si deve con colleghi conosciuti al momento. Sì, perché molti team si costituiscono in fase di “riscaldamento”. Questa pensata collettiva sul futuro dei prodotti culturali va avanti per 24 lunghe ore. Una cosa che quando succede nella Sylicon Valley ci pare very cool e da noi, chissà perché, lo è molto meno.
Mentre scriviamo, i lavori a BASE Milano sono ancora in corso quindi non sappiamo chi vincerà, ma possiamo dire quale sarà il passo successivo. «Con l’hackathon vogliamo creare team efficaci e selezionare contenuti di peso che partecipino alla terza edizione del bando iC-innovazioneCulturale di Fondazione Cariplo – spiega Alessandro Rubini che del progetto è responsabile – Anche chi non era a iCODEX può iscriversi al bando, ma deve rappresentare un team e un’idea di imprenditoria culturale innovativa. C’è tempo fino al 30 giugno per candidarsi ed è facilissimo. Dopo una prima selezione, a ottobre inizia un iter di formazione, validazione e workshop che si fa qua a Milano». Un percorso che si concluderà nel 2017 e sarà riservato a realtà lombarde, novaresi o della provincia del Verbano-Cusio-Ossola. I vincitori potrebbero ottenere da Cariplo un contributo fino a 100 mila euro. Mica male, no?