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Inner_Spaces: Padre Antonio Pileggi (San Fedele Musica) & Plunge

Dall'1 ottobre torna Inner_Spaces, la rassegna di 'ascolto immersivo' dedicata alla musica elettronica e di ricerca all'Auditorium San Fedele. Ne abbiamo parlato con i suoi curatori.

Scritto da Chiara Colli il 24 settembre 2018
Aggiornato il 17 ottobre 2018

Se negli ultimi anni abbiamo imparato che cos’è un Acusmonium Sator, che il lunedì non è sempre il giorno peggiore della settimana e che per ascoltare gran concerti di musica elettronica come Cristo comanda bisogna rivolgersi ai gesuiti, il merito è di un progetto unico di nome Inner_Spaces. Su queste pagine ve ne parliamo fin dal primo concerto (correva il marzo 2015): da allora la rassegna all’Auditorium San Fedele ha messo in fila live sempre più incredibili (e sempre di lunedì), cavalcando la magia dell’orchestra di 50 altoparlanti dell’Acusmonium Sator sui droni di Roly Porter e sui tappeti sonori di Fennesz e Tim Hecker, e inanellando sold out uno dietro l’altro.

Oggi possiamo considerare Inner_Spaces uno dei fiori all’occhiello di Milano per la divulgazione della musica di ricerca – una dimensione d’ascolto intima e allo stesso tempo “cosmica” rivolta a un pubblico potenzialmente dai 0 ai 90 anni. Prima di scendere ancora una volta i gradini dell’Auditorium e sederci nella nostra poltroncina, in attesa del buio in sala e del viaggio onirico, ci siamo fatti raccontare dai due curatori della rassegna – Padre Antonio Pileggi di San Fedele Musica e il giovane team di Plunge – qualcosa di più sull’imminente quinta stagione.

ZERO: Oltre a una proposta culturale di qualità, il sistema dall'Acusmonium fa sì che, rispetto a parecchie realtà pubbliche e private italiane, siate avanti (anche) per un uso moderno della tecnologia. Come è possibile che per sentire bene un concerto di musica contemporanea si debba fare riferimento a un’istituzione religiosa, piuttosto che a una struttura “laica”?

Padre Antonio Pileggi: Oggi si tende a fare una dicotomia tra religioso e laico, mentre il punto di partenza di qualsiasi centro culturale è lo stesso: l’umano, e l’umano è apertura a tutte le realtà del mondo, anche al divino. È un impoverimento chiudersi negli steccati. Ciò che rende San Fedele Musica diverso da altre istituzioni è l’interesse verso l’esperienza dell’ascolto. Si cerca di rendere ogni serata un’esperienza condivisa, e possibilmente di trasformazione interiore. Quindi una prospettiva diversa da quella fruitiva, in cui si vive solo un momento di svago. Nell’esperienza di ascolto al centro vi è una dinamica più interattiva, che può aprire all’incontro con una realtà sconosciuta, con cui confrontarsi, scontrarsi, che può condurre a una scoperta e a un cambiamento.

Come è cresciuta la rassegna in questi oltre tre anni di attività?

P.AP: Inner_Spaces è diventato un appuntamento atteso nel panorama milanese e nazionale. La sua specificità è unica, proprio per l’attenzione rivolta all’esperienza dell’ascolto, per l’Acusmonium e adesso anche per l’aggiunta della parte formativa, con incontri e lezioni. Sul piano artistico, insieme a Plunge, riusciamo a individuare più facilmente quegli artisti in linea con il progetto e si giunge a un migliore equilibrio complessivo della programmazione. Sta crescendo anche la dimensione della committenza, quest’anno presenteremo otto opere in prima assoluta.

Questa è la seconda stagione di collaborazione “totale” con Plunge, cosa rende possibile la vostra sinergia?

P.AP: Fin dall’inizio c’è stato un interesse reciproco verso correnti musicali e artisti che entrassero in completa sintonia con lo spazio acustico dell’Auditorium San Fedele e che non fossero estranei o lontani dallo spirito di San Fedele Musica. Il sottotitolo di Inner_Spaces, itinerari di ascolto, è stata una buona guida per noi tutti, mettendo al centro l’esperienza dell’ascolto senza alcun artificio.

Quest'anno in programma ci sono anche delle lezioni e degli incontri.

P.AP: Si trattava di un progetto da anni prospettato e finalmente realizzato. In effetti, la Fondazione Culturale San Fedele ha come obiettivo, in tutti i settori culturali in cui opera, di proporre itinerari formativi, in modo che le attività che presentiamo non si limitino a una semplice fruizione, ma che sia messa in valore la dimensione conoscitiva, riflessiva, di presa di coscienza dell’esperienza vissuta. Le lezioni e la presentazione dei concerti offrono alcuni strumenti in questo senso.

Plunge cura più da vicino la proposta artistica della rassegna: in che modo avete costruito la programmazione di quest'edizione?

Plunge: Da ascoltatori assidui e appassionati quali siamo, si finisce sempre con l’avere una wishlist sterminata cui attingere per ciascun progetto, benché il dialogo con San Fedele Musica sia sempre strettissimo e la gran parte della programmazione venga messa a punto di comune accordo.

Sinora Inner_Spaces è stata la nostra sfida più avvincente, in quanto abbiamo cercato sempre di misurare le scelte in base alla peculiarità dell’Auditorium e del suo prezioso Acusmonium, autentico valore aggiunto che rende ogni concerto un’esperienza pressoché unica anche con artisti già passati per Milano in altre occasioni. È come se ogni volta si immaginasse una performance site-specific, accostando artisti che offrano più prospettive possibili in relazione al potenziale espressivo dello spazio acusmatico. Se ci è capitato di insistere sul coinvolgimento di alcuni artisti è perché abbiamo creduto fermamente che l’occasione fosse irrinunciabile e che il loro apporto all’interno della programmazione fosse decisivo per la “visione complessiva” del macro-progetto.

Avete sempre avuto un occhio di riguardo per i musicisti italiani di area sperimentale...

Plunge: L’accostamento fra sperimentatori italiani e ospiti internazionali è soprattutto una cifra distintiva degli eventi organizzati “in proprio”: crediamo ancora che sia giusto e bello dare spazio a sound artist di qualità che spesso non riescono (o non hanno particolare interesse) a travalicare la nicchia di appassionati del genere. In molti casi si è anche creato un rapporto di amicizia che ci ha portato a seguire nel tempo e a supportare alcuni autori particolarmente interessanti – alcune scelte si sono rivelate addirittura più lungimiranti di quanto credessimo.

In questa edizione abbiamo comunque una rappresentanza italiana di tutto rispetto, con alcune “vecchie conoscenze” di respiro internazionale come Valerio Tricoli, Francesco Zago e il duo Ozmotic, primo progetto italiano entrato a far parte del catalogo principale della prestigiosa etichetta inglese Touch.

Tre concerti imperdibili di questa edizione.

Plunge: Il concerto inaugurale è davvero un evento più unico che raro: la première italiana di un nuovo lavoro di William Basinski, riferimento assoluto nell’arte della tape music e dell’ambient, e il progetto inedito di Valerio Tricoli dedicato al maestro Giacinto Scelsi. Un’altra bella sorpresa è la presenza di Richard Barbieri (22 ottobre), nome storico di ambito prog-rock. Di nomi rilevanti ce n’è ancora parecchi, ma come Plunge siamo felici di recuperare l’esibizione di Rafael Anton Irisarri (18 marzo), annullata qualche anno fa al Circolo Masada. Ascoltare i suoi densi soundscape al San Fedele sarà ancor più meritevole.

Padre Pileggi, facendo un passo indietro, in quale tipo di progetto e visione affonda le sue radici il Centro Culturale come lo conosciamo oggi?

P.AP: Dopo quasi due secoli di assenza, i Gesuiti sono ritornati a San Fedele nel 1946. Milano era piena di macerie, il tessuto sociale lacerato dalla guerra e dall’occupazione. In questo contesto, a San Fedele sono stati scelti subito tre ambiti, ben integrati tra di loro e tuttora operativi. La Parrocchia, per i sacramenti e la preghiera, con la chiesa di San Fedele; il sociale, con l’assistenza sanitaria per i più bisognosi e la pubblicazione della rivista Aggiornamenti Sociali; l’apertura del Centro Culturale da parte del fondatore Padre Favaro come un libero ritrovo intellettuale, il cui scopo era di entrare in contatto con le correnti vive del pensiero contemporaneo ricercando particolarmente di porre in luce il loro contenuto spirituale e di favorire il dialogo tra cultura e Vangelo.

Quali sono le linee guida attraverso cui in questi anni avete costruito la programmazione culturale del Centro?

P.AP: Fondamentalmente il dialogo con il mondo della cultura e dell’arte, un dialogo che privilegia i “territori di frontiera” all’interno dell’esperienza umana comune a credenti e a non credenti. Più precisamente, come scriveva padre Favaro negli anni Sessanta: “il tentativo di stabilire un dialogo fecondo tra fede e arte, tra fede e pensiero”.

L'Acusmonium Sator è il fiore all’occhiello dell’Auditorium, un impianto unico in Italia. Che tipo di ricerca, passione e interesse c’è dietro la scelta di offrire un servizio con uno standard qualitativo così alto?

All’inizio, per un paio di anni, ci siamo orientati perlopiù verso progetti per gruppi strumentali, con compositori provenienti da diversi paesi europei. Ma questo approccio non ci ha soddisfatto, perché bisognava tener conto di un grande cambio avvenuto nell’ultimo decennio. Infatti, le nuove generazioni hanno un immaginario musicale modellato sulle sonorità elettroniche. Come trovare un punto di contatto con i giovani che non hanno più familiarità con quelle avanguardie derivate dallo strutturalismo post-weberniano, oramai non ascoltate? Ho scoperto, con sorpresa, che nell’ambito della techno sperimentale – per esempio l’IDM – e delle correnti vicine all’ambient e al soundscape, fosse un riferimento indiscusso l’opera per acusmonium di Bernard Parmégiani. Ecco il ponte possibile con le nuove generazioni: la musica acusmatica. Non a caso, gli Autechre avevano invitato Parmégiani alla rassegna londinese All Tomorrow’s Parties nell’aprile del 2003. Nel 2011 ho conosciuto Giovanni Cospito, compositore e professore di musica elettronica al Conservatorio di Milano. Mi parlò del suo sogno di realizzare un acusmonium a Milano, l’orchestra di altoparlanti con diversi timbri, colori e frequenze. Mi ha presentato Eraldo Bocca, il disegnatore dell’attuale acusmonium Sator. Ci siamo messi subito al lavoro. Fortunatamente nell’Auditorium San Fedele c’era già un numero considerevole di casse acustiche: l’impianto del cinema (11 altoparlanti), il sistema ottofonico (10), la casse degli impianti precedenti (10). Eraldo Bocca ha aggiunto alcuni moduli da lui fabbricati, ed è riuscito a costituire tre corone di altoparlanti e cablare tutto il sistema pilotato da una doppia console. Il modello di riferimento è stato il sistema francese MOTUS. Ma il nostro acusmonium è unico nel mondo perché fisso e soprattutto perché adattato nei più intimi dettagli all’acustica della sala. Il completamento dello strumento ha richiesto 4 anni di lavoro.

Contenuto pubblicato su ZeroMilano - 2018-10-01