Non ci sono scuse che tengano se al martedì non siete mai andati al party We Riddim di Francesco Chiamulera e della sua crew. Il sound, se non sei fissato solo con la cassa in 4/4, è figo e ti farebbe scuotere per bene e il pubblico è quello giovane che si mette in tiro e ha voglia di divertirsi davvero: in pista, dietro la consolle, nei bagni e in foto. In consolle oltre a Francesco aka Chiamu ci sono sempre guest che toccano territori musicali inusuali, dal grime a ritmi caraibici, e trasformano lo Stock @ Tom. in una dancehall calda e affollata. In questa intervista abbiamo fatto due chiacchiere con Francesco, che ci ha raccontato del suo passato da indie-alternative-rocker e della sua ossessione per Tom Cruise.
Chi sei? Cosa fai? Da dove vieni? Perché sei qui? Quando sei nato?
Sono Francesco Chiamulera, sono nato a Cesena il 29 giugno 1990, cresciuto tra Verona e Parma e da 6 anni abito a Milano. Qui ho studiato, tenendo le mie passioni fuori dall’università. Il mio insospettabile percorso accademico (giurisprudenza), che concluderò questa primavera, ha sempre viaggiato su un binario distinto dalla mia attività di comunicazione, promoter e dj, ma tuttavia mi ha dato nozioni che considero fondamentali per tutto quello che faccio, senza lasciar spazio ad improvvisazioni. Sono a Milano perché penso che sia una grande platea di fruitori e quindi, per la legge dei grandi numeri, che ci sia un gruppo più o meno grande di persone che possa essere interessata a quello che propongo e che mi appassiona.
È divertente fare il dj e occuparsi di eventi?
Direi che è la passione per la musica a muovere tutto. In principio c’era la musica, legata alla mia patologica passione per la catalogazione e la raccolta (in particolare di cd e musicassette), che a sua volta si è tradotta nel mio desiderio di far conoscere alle persone quello che raccoglievo, che a sua volta si è tradotta nell’organizzazione di eventi. Semplificando, penso sia andata così, condendo il tutto con il desiderio di un puberale ragazzino di 16 anni di mettersi in mostra.
Come funziona il tuo lavoro?
Mi piace curare gli eventi che organizzo con una visione d’insieme: dalla loro nascita e quindi dalla loro semplice ideazione alle tecniche di promozione, gestione dello staff, contenuti artistici, i miei dj set e booking di artisti, passando dallo sviluppo della veste grafica. Mi piace avere un controllo su tutto, anche se non è sempre possibile. Un mio difetto è il non saper delegare, nonostante sia circondato da persone di fiducia, capaci e competenti, che ogni tanto mi dicono: “Hey ci siamo anche noi!” e a quel punto mi sveglio dalla mia trans agonistica. Solo così si raggiungono risultati importanti, sapendo scegliere e sapendosi fidare delle persone giuste. Continuate a darmi scossoni amici!
Cosa fai oltre ad occuparti di musica e clubbing?
Parallelamente alla musica e agli eventi mi occupo di comunicazione e sviluppo grafico per altri soggetti. Sono il responsabile di tutta la comunicazione e la grafica del Tom. e di alcuni altri locali e organizzazioni di eventi. Non nascondo che questa attività da freelance possa evolversi nel 2016 in una embrionale agenzia di comunicazione con le persone con cui in questi anni mi sono trovato bene a lavorare.
Ci racconti la tua giornata?
Mi sveglio verso le 8:30, faccio colazione al bar De Luca di via Bergognone 3. Non sono un lussurioso, ma la colazione al bar con pasticceria (attenzione, con pasticceria, non con brioche surgelate delle Tre Marie) è uno dei pochi lussi quotidiani che mi concendo. La passione per i bar storici mi è stata trasmessa dalla mia ragazza e non ha trovato opposizioni. Digressione a parte, la mattina la dedico a programmare alcuni aggiornamenti sui social network legati agli eventi, disegno alcune grafiche, rispondo alle mail. Lavoro da casa, al Tom. se ho degli appuntamenti, oppure in biblioteca, luogo dove sono di gran lunga più produttivo.
La ricerca musicale occupa ogni momento della giornata, ascolto radio e podcast, registro la musica che sento in giro, ma navigo in rete appositamente per la musica solitamente dopo pranzo. Nel pomeriggio, in questo periodo, sto scrivendo la tesi di laurea. Mi impongo di staccare da qualsiasi attività lavorativa alle 18:30, ma non sempre ci riesco. Se non ho eventi vado in palestra oppure corro al parco. Torno a casa e cucino, accarezzo i gatti e abbraccio il tòpos del “Netflix and chill”. È un’espressione ormai entrata nel nostro vocabolario, no?
Su cosa stai facendo la tesi?
Processi di digitalizzazione della pubblica amministrazione.
Oltre a te chi c’è dietro ai progetti Weird e We Riddim?
Il mio socio fondamentale fin dal 2011 è Luca Giudici, con lui ho ideato e sviluppato tutto l’universo Weird. Entrambi siamo lavorativamente nati a Parma a una serata indie-rock ed electro che si chiamava London’s Corner. Attualmente dietro a Weird e We Riddim ci sono un gruppo di ragazzi molto in gamba; siamo in 12 e io la considero la mia crew a tutti gli effetti. Ci incontriamo dentro e fuori le serate, ci lega un forte sentimento di amicizia e questo penso sia la nostra forza. Una figura chiave per quanto riguarda We Riddim è sicuramente Filippo Tortorici, amico di vecchia data e membro del duo baile funk Milangeles.
Cosa ti ha spinto a organizzare feste? Ci racconti come hai iniziato?
Iniziai come dj e pr nel 2007, avevo 16 anni e l’electro che strizzava l’occhio alle chitarre andava per la maggiore. C’era una forte ricettività di pubblico per il macro insieme della musica cosiddetta “alternativa”, che abbracciava l’indie-rock, l’electro e la post-hardcore melodica. Così io ed alcuni miei amici creammo il format London’s Corner, in un privé di una tipica discoteca commerciale di provincia di Parma, crescemmo fino ad organizzare party con migliaia di persone. Mi trasferii a Milano e diventai dj resident nel Martedì del vecchio Rocket e poi nella mirror room del venerdì del Plastic. Dopo un paio di stagioni mi sentii pronto per creare un mio format e così fu con Weird Club.
Cosa facevi prima di fare le feste?
Con la sistematicità che mi contraddistingue andavo ad una marea di concerti di gruppi indie-rock, synth-pop e dj-set di musica elettronica. Ero costretto a spostarmi, in un raggio che va da Milano alla riviera romagnola, legandomi a una compagnia di ragazzi più grandi che avevano già la patente. Avevo e ho tuttora una predilezione per gli “outsider”, forse per sentirmi speciale, e ascoltavo band che col senno di poi di speciale non avevano proprio niente. Ero innamorato del filone synth-pop australiano, ispirato dalla french touch, quindi Cut Copy, Miami Horror, Grafton Primary, Pnau, Presets ed Empire of the Sun prima del successo. Ma raramente i loro tour toccavano l’Europa. Ispirato da quella scena formai un duo assieme ad una ragazza di nome Angie, i The Gordon Setter. 2 EP e due tour all’attivo, i cui reperti si possono ancora trovare in rete.
Che locali di Milano frequentavi?
Ti faccio un brain-storming delle mie più belle fughe a Milano pre-maturità: after-show dei Klaxons al vecchio plastic; il primo live dei Killers al Rolling Stone, una serie di serate gratuite organizzate da Mtv Brand:new sempre al Rolling Stone di cui in particolare mi è rimasto nel cuore il concerto di Graham Coxon, chitarrista dei Blur, release party del primo disco di Boys Noize organizzato da Bugged Out ai Magazzini Generali, poi ovviamente al vecchio Rocket, gli MGMT. Ero un ragazzino, ma molto appassionato, hardcore fan-boy che conosceva le b-side, come i fan giapponesi.
Hai vissuto sempre a Milano? Dove vivi?
Mi sono trasferito da Parma a Milano nel 2009 e abito in zona Solari. È un bel quartiere. Prima di trasferirmi la ritenevo una terra di nessuno tra Porta Genova e Piazza Wagner. Invece è una zona residenziale abitata da famiglie Milanesi con molti figli e molti animali domestici. La “dimensione quartiere” si percepisce ed è una piacevole sensazione statica, a differenza di Porta Genova e Navigli dove la gente, a mio parere, è di passaggio.
Qual è la tua zona preferita di Milano? E tuo luogo preferito?
Di Milano mi affascinano le uniche due grandi vie che possiede, corso Buenos Aires e corso Vercelli, forse perché hanno una artificiosità che si disintegra nelle piccole vie parallele e perpendicolari, dove si scoprono perle nascoste della città ed episodi cosmopoliti rari nel resto della città. Sono molto attratto dalle zone nord di Milano, forse perché ho sempre vissuto a Sud. Il nuovo quartiere di piazza Gae Aulenti mi affascina architettonicamente, soprattutto perché alle sue spalle c’è il quartiere Isola, la zona di decompressione da tanto avvenirismo.
Il mio luogo preferito è probabilmente la pasticceria Sissi, in zona cinque giornate.
Dove vai a bere? Qual è il tuo cocktail bar preferito?
Un posto comodo da raggiungere per incontrarsi è Ralph alle colonne di San Lorenzo, in orari tranquilli però, e i cocktail sono ben fatti. Forse i cocktail più buoni però li ho bevuti al nuovo Eppol, in Porta Venezia, gestito dall’amico Maximilano.
E invece qual è il tuo ristorante preferito? E il tuo piatto?
Ce ne sono tanti e la mia memoria non è delle migliori ma posso dirti che l’ultimo ristorante davvero buono in cui ho mangiato è Dongiò, in porta Romana, con piatti della tradizione calabrese. Un ristorante in cui vado sempre molto volentieri è Shiva, ristorante indiano in via Gian Galeazzo, che a mio parere non ha niente da invidiare ai migliori indiani di Londra, con piatti estrememente fini ed equilibrati.
Si, quello che cucina in casa sono io. Ma per noi romagnoli cucinare fa parte del quotidiano, quindi non mi considero un appassionato di cucina. Sto su internet abbastanza, e l’attività principale è quella di ricerca e archiviazione immagini di ogni tipo (illustrazioni, paesaggi, moda, celebrità, opere d’arte, colori campiti, meme) che organizzo in cartelle sul mio computer. Leggo libri e riviste, guardo film e alcune serie televisive, ma poche, un paio all’anno.
Sei appassionato di musica e il party We Riddim ha un gusto musicale diverso da tutti gli altri eventi clubbing di Milano, a cosa vi ispirate? Dove fate ricerca musicale? C’è molto reggae e dancehall… siete dei rastafariani?
We Riddim nasce come un party dancehall non convenzionale rispetto alla lunga e rispettabile tradizione dancehall italiana. Io non vengo da quella scena, e, come è normale che sia, sono stato criticato per essere apparso due anni fa nel panorama del genere. Il nostro percorso è diverso, veniamo dalle sotto-culture della musica elettronica UK, in particolare di Londra, dove i suoni della dancehall subiscono forti contaminazioni dalla Grime e dall’R&B. Non siamo rastafariani, ma rispetto e ammiro chi abbraccia la musica come uno stile di vita. La mia ricerca è continua e sistematica su siti di settore ma soprattutto sulle radio Uk come NTS e Rinse, un vero patrimonio per lo scenario underground. Tuttavia sono i viaggi quelli che mi arricchiscono maggiormente e rendono distintivo il mio set. Alcuni riddim e alcuni pezzi si trovano ancor’oggi solo masterizzati su cd-r venduti in bancarelle.
A Milano c’è un negozio dove ti rifornisci di musica?
No. Compro on-line su Amazon, Marketplace e su discogs.com.
Cosa compri?
Ho un migliaio di cd, il formato a cui sono più legato, anche se negli ultimi tempi compro meno rispetto al passato. Continuo a curare però la mia collezione di vinili synth-pop, 12″, dagli anni 70 ad oggi.
Ci dici il più bell’album che hai comprato? E il tuo pezzo del momento?
Il più bell’album che possiedo è “My Life in the Bush of Ghosts” di Brian Eno e David Byrne, oppure “Another Green Wolrd”, sempre di Brian Eno. Il più bell’album che ho scaricato quest’anno è “Wildheart” di Miguel. La mia canzone del momento è “Calling Me” dell’MC londinese ancora minorenne J Hus, che presto vedrete a We Riddim.
E in generale dove vai a fare shopping?
Excelsior, artefatto e desolato, mi affascina. Se ho soldi da parte compro lì. Alcuni pezzi li trovo da Inner, tutto il resto lo compro on-line: polo-shirts.co.uk per le Fruit of the Loom basiche, tumblr e instagram sono i canali che mi indirizzano a brand emergenti e DIY.
Oltre alla musica hai altre passioni o ossessioni?
Sono ossessionato da alcuni personaggi come Terry Gilliam e Tom Cruise. Ad esempio se leggo un intervista di Terry che consiglia alcuni libri, li compro tutti. Ho perfino cercato di farmi un’opinione su scientology e i libri di Hubbard per colpa di Tom. Oppure ultimamente mi sono appassionato ad una serie animata su Netflix chiamata Bojack Horseman e ora seguo assiduamente tutta la produzione della designer della serie Lisa Hanawalt.
In definitiva penso che le mie passioni e ossessioni siano generate da persone che toccano qualcosa che ho dentro ma che non sono mai riuscito ad esprimere in modo efficace. Menti affini che danno parole, immagini o musica a qualcosa che già mi appartiene.
Il tuo film preferito? E il tuo libro?
Il mio film preferito è “Brazil” di Terry Gilliam, un capolavoro assoluto.
Di libri preferiti te ne dico 4: “American Psycho” di Bret Easton Ellis per le maniacali descrizioni del costume degli anni ’80 e i colpi di scena “mascherati”. “Tolleranza Zero” di Irvine Welsh, il suo migliore, di gran lunga superiore a “Trainspotting” con uno dei finali più agghiaccianti della letteratura contemporanea che non spoilererò. “L’Ignoranza” di Kundera, per quel discorso sull’empatia della domanda precedente, soprattutto per studenti e lavoratori fuori-sede come noi. “Cent’anni di Solitudine” di Marquez, per il susseguirsi di nomi, generazioni, funerali e nascite: un enorme catalogo di vicende umane.
Ci sono dei luoghi a Milano che alimentano le tue passioni?
Sì, Milano offre molti spazi suggestivi e meditativi. Fondazione Prada e Hangar Bicocca ospitato esposizioni di artisti molto interessanti o danno un ordine ed una dignità ad artisti ignorati. Quest’anno la mostra di Gianni Piacentino alla fondazione Prada mi ha ispirato molto, sia personalmente che lavorativamente. La galleria e casa editirice Nuages, in Brera, ospita presentazioni ed esposizioni degli illustratori che più mi interessano: Mattotti, Pericoli, Muñoz, Topor. Le idee migliori tuttavia mi vengono correndo al parco, in inverno, nella nebbia.
Oltre al tuo quali altri locali/club/one night di Milano frequenti?
Vado ad ad alcune serate hip hop come Akeem Of Zamunda al Rocket e Uptown Nights all’Old Fashion nel format del giovedì, “Rodeo”, del mio amico Giorgio di Salvo: c’è ricerca musicale, creatività e professionalità. Frequento poi ovviamente il Tom., il venerdì, alla serata Olympia del “papi” David Beltran. A volte vado a Rollover, dove incontro gli amici di sempre.
Qual è il club che preferisci a Milano e perché? Qual è invece quello che non ti piace propio?
Il club più suggestivo penso sia Macao, nell’attuale location di viale Molise, davvero unico nel suo genere. Tendenzialmente non mi piacciono i locali seminterrati, perché non funzionano in un paese come l’Italia, dove la gente si riversa in strada in ogni periodo dell’anno.
Dopo il club: after, casa, baracchino, night…?
Bracchino, ho sempre fame dopo il club. Sono affezionato alla Boutique del Panino di via col di Lana. C’è un burbero palestrato alle salse che ti tratta malissimo e una coppia di anziani alle piastre che invece sono di una dolcezza unica.
Il dj milanese che ti piace di più?
Milanese non a tempo pieno e romagnolo come me, Matteo Pit dei Primitive Art. Fondatore della serata Club Adriatico, a Ravenna, è sempre stato “avanti” fin da quando aveva 16 anni e suonava nei Calcutta Bubbles.
Qual è il party più fico a cui hai partecipato? E quello più figo organizzato da te
Guarda, ho solo la memoria a breve termine, quindi ti dico che i party più fighi dell’anno sono stati quello di Givenchy con l’open-bar di belvedere, il live di Nicki Minaj e il dj set di Total Freedom. Anche Vice e Noisey hanno sparato una bella doppietta in dicembre con i live di Novelist e Skepta. Il party più figo che organizzato io invece è stato il closing party di Weird l’anno scorso, dove abbiamo avuto l’onore di ospitare MikeQ, il padre della vogue & ballroom music mondiale.
Se avessi un budget illimitato che party organizzeresti?
Organizzerei un live di Blood Orange in uno chalet in montagna con apparizioni di Popcaan, Vybz Kartel, Sean Paul, Miguel, The Weeknd, reunion dei Fugees, Jeremih e Nelly che duetta con Kelly Rowland in “Dilemma”. Baracchino con piada e squaquerone e degustazione di cappelletti in brodo.
Se non fossi un promoter cosa ti piacerebbe fare nella vita?
Mi piacerebbe essere un musicista e un illustratore.
Sei fidanzato?
Sono fidanzato da 3 anni con Eleonora con cui convivo da ottobre.
Vi siete conosciuti a una festa?
Sì, ci siamo conosciuto al Plastic, alla serata London Loves, verso le 5 del mattino, proprio mentre il dj metteva le ultime canzoni da baracca; penso stesse suonando “Brimful of Asha” dei Cornershop.
Dove siete andati fuori a mangiare e a bere la prima volta?
Mi ricordo bene, abbiamo mangiato da Mong Kok in via Padova e poi siamo andati a bere un drink al Rocket vecchio.
Qual è il regalo più bello che vi siete fatti?
Il regalo più bello che ci siamo fatti è stato ovviamente il nostro primo gatto, Yung Blu.
Chi è il ragazzo o la ragazza più bella del tuo locale?
Il ragazzo più bello del mio locale, nonchè pr, è Lorenzo Abbate, ha quel fascino esotico che non so spiegarti. È un grande corteggiatore. Le ragazze son tutte belle: Virginia, Diletta, Lucia, Domitilla, Eleonora, Hym e Giulia.
Chi viene alle tue serate? Raccontaci il tuo pubblico
Diciamo che il nostro pubblico è in maggioranza under-25, per fortuna dico io: sono una profusione di novità. È un pubblico molto attento alla qualità della proposta offerta. Ovviamente c’è chi è appassionato di musica, chi di moda, chi di design e illustrazione o chi semplicemente esce per svago. Ritrovo facce conosciute ai miei party anche negli eventi organizzati da Elita, Club To Club o in altri locali della città quando c’è un contenuto offerto degno di interesse.
Al tuo locale capitano situazioni promiscue?
Oh si, quest’anno i 2 episodi di Weird Club con Neana e Faze Miyake li abbiamo organizzati al pianO superiore del Limelight, l’atmosfera lì era libera e promiscua. Non scendo in dettagli.
Ti sei mai trovato in situazioni promiscue?
Sì.
Ti hanno mai stalkerizzato?
Sì, purtroppo si.
Qual è la cosa più matta che hai fatto nella tua vita?
Ho fatto atletica per 10 anni della mia vita, 1500m e 3000m come specialità. Era la vigilia della gara più importante della mia carriera perché ero titolare mezzofondista ai campionati italiani a squadre. La notte della vigilia della gara ho fatto una gara con Davide, il pesista, a chi beveva più acqua dal rubinetto. Ho perso. Tutto, attività renale, la gara, la dignità. Ne ho fatte molte altre ma ti ho detto la più tragicomica.
Chi è il tuo eroe e perché?
Il mio eroe è mio nonno Paolo, fonte inesauribile di valori, ideali, forza di volontà, saggezza, sensibilità.