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Maria Luisa Frisa

Una conversazione informale e diretta per conoscere da vicino la sua quotidianità e la sua relazione a tratti sentimentale con Venezia.

Scritto da Saul Marcadent il 27 giugno 2019

Maria Luisa Frisa

Foto di Augusto Maurandi

Incontriamo Maria Luisa Frisa per una conversazione informale e diretta, in cui approfondiamo i tratti distintivi della sua figura e del suo percorso personale. Critico e curatore, invisibile demiurgo dei processi innovativi che intrecciano i corsi di laurea in moda dello Iuav da lei diretti con il mondo produttivo, è autrice di numerose pubblicazioni tra cui “Le Forme della Moda” e “Desire and Discipline: Designing Fashion at Iuav”, entrambi editi da Marsilio, la mostra e il libro “Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968” (che ha attraversato il Maxxi di Roma, il Bozar di Bruxelles, Villa Reale a Monza ed il NSU Art Museum di Fort Lauderdale), fino al suo ultimo progetto, la prestigiosa mostra e libro “Italiana. L’Italia vista dalla moda 1971-2001” ospitata nel Palazzo Reale di Milano da febbraio a maggio 2018. Una conversazione informale e diretta con Maria Luisa Frisa, per conoscere da vicino la sua quotidianità all’Università Iuav di Venezia, dove dirige i corsi di laurea in moda. Le risposte asciutte e istintive ne rivelano la tenacia e i desideri. Affiora, inoltre, una relazione a tratti sentimentale con questa città.

   Sei nata a Venezia, poi la vita privata e quella professionale ti hanno portata altrove. Mi racconti com’è cambiato nel tempo, se è cambiato, il tuo rapporto con questa città? Ti va se partiamo da qui?
Ho lasciato Venezia in un periodo molto complicato della mia vita. La mia è stata una fuga da persone, situazioni, malinconie. E ho pensato che non ci sarei mai più tornata. È stata l’Università, lo Iuav, a farmi tornare facendomi capire cosa era realmente importante per me. Ho lasciato la città a vent’anni e ci sono tornata stabilmente quasi dopo quaranta. I luoghi sono importanti ma contano soprattutto le persone. E Venezia è accogliente.

   Dal 2005 dirigi i corsi di laurea in moda dell’Università Iuav, prima con sede a Treviso ora a Venezia. Come è iniziata questa avventura?
È iniziata con una telefonata di Marco De Michelis, allora Preside della Facoltà di Design e Arti. Mi disse di voler attivare un corso di laurea in design della moda e mi comunicò che per lui ero il candidato alla direzione. Inizialmente credo di non aver capito esattamente cosa mi stesse chiedendo. Era tutto talmente lontano da me. Mi ha colto di sorpresa. Ho accettato perché io dico sempre di sì alle cose nuove.

   Nel 2012 curi, con Judith Clark, la mostra ‘Diana Vreeland after Diana Vreeland’ a Palazzo Fortuny. Che ricordi hai di questa importante esperienza?
Con Judith Clark volevamo riflettere sul fare mostre di moda e Diana Vreeland era un dispositivo perfetto per esplicitare una serie di temi che rivestono un ruolo centrale nelle pratiche curatoriali della moda. Il Museo Fortuny era il luogo giusto ed è stata per noi una straordinaria esperienza di lavoro insieme che ci ha aiutato a mettere a fuoco anche le nostre personali visioni. Il convegno internazionale, parallelo alla mostra, che abbiamo organizzato ha fatto da apripista. Ricordo soprattutto la complessità dell’allestimento che purtroppo non è stato pienamente compreso da molti che avrebbero voluto vedere una mostra sulla vita della Vreeland.

   Torniamo allo Iuav. Il primo Graduation Show a Venezia nel 2015 ha segnato un nuovo inizio dopo quasi dieci anni nella sede di Treviso. Come hai vissuto questo passaggio?
Come dici tu è stato un nuovo inizio. Non sono nostalgica. Certe storie si esauriscono e questo mi interessa perché mi permette di trovare nuova energia per alimentare il lavoro che porto avanti con i docenti e con gli studenti. Sono sempre alla ricerca di nuove sfide e, di conseguenza, di nuove risposte.

   Il Magazzino 7 a San Basilio è la sede attuale dei corsi in moda Iuav. Cosa ti piace di questo luogo?
È un luogo industriale e non pittoresco. Unico posto a Venezia in cui arrivano le automobili. C’è una sorta di laboratorio creativo che non si ferma mai e in cui non esistono vere gerarchie. Un luogo fuori dai soliti circuiti e dalle solite chiacchiere. Eccentrico rispetto a tutto.

   Il 28 giugno, dopo l’edizione 2018 nel campetto da calcio a Santa Marta, Fashion at Iuav andrà in scena proprio nell’area dei Magazzini Ligabue. Quali ragioni hanno mosso la scelta del luogo e il titolo Punto notevole?
I punti notevoli sono quelle particolari conformazioni naturali o quelle costruzioni erette dall’uomo che possono essere facilmente individuate e osservate da lontano. Fari, torri, isolotti sono punti notevoli. Anche le cime delle montagne. Elementi importanti nella navigazione costiera, veri e propri punti di riferimento, sempre indicati sulle carte nautiche. Più che un titolo, ‘Punto notevole’ è una suggestione. La scelta di posizionare la location fra i Magazzini, sede dell’attività didattica, è per riscoprire gli spazi che abitiamo quotidianamente sotto una luce diversa, trasfigurandoli per una notte attraverso le azioni performative e allestitive accese durante il nostro graduation show.

   Prima di salutarti, un paio di domande più intime e personali. Cosa vedi dalla finestra di casa?
Nonostante dalle mie finestre ci sia una vista bellissima guardo poco fuori dalla finestra. Vivo dentro il mio studio con le tende molto spesse sempre chiuse. Con la luce accesa sempre.

   Mi dici un posto a Venezia dove ti piace stare e un libro su Venezia che consiglieresti ai lettori di Zero?
Sinceramente sto molto bene nella grande stanza di lavoro al Magazzino 7 a San Basilio. Affacciata sul Canale della Giudecca, con una vista straordinaria. Accanto alle aule con gli studenti, ai laboratori. Una dimensione di lavoro e studio ogni giorno diversa che mi obbliga a un continuo confronto con gli altri ma anche con me stessa. Molti progetti importanti sono nati e cresciuti grazie a questa condivisione continua. Un libro che ho letto da adolescente e che ho amato moltissimo è ‘Gioventù che muore’ di Giovanni Comisso.

   L’ultimissima. Vuoi fare un augurio alla città di Venezia?
Le auguro di essere contemporanea, avendo il coraggio di proiettarsi nel futuro pur conservando la propria identità.