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Il palestinese di via Centotrecento fa Ciao: il kebab secondo Omar Shihadeh

quartiere Zona Universitaria

Scritto da Salvatore Bruno il 11 aprile 2022
Aggiornato il 12 aprile 2022

‘Ciao’ e ‘kebab’ sono senza dubbio due parole che nell’immaginario comune rispecchiano appieno due mondi e due culture, l’Italia e il Medio Oriente; parole che risuonano familiari a chi vive in una città italiana e multietnica come Bologna, nel tessuto sociale come nella cucina.
Da qualche mese le due parole si sono unite diventando il nuovo nome per la vecchia Caffetteria Al-Salam, storico ristorante di cucina palestinese a cui Omar Shihadeh, figlio del vecchio proprietario Jamil venuto a mancare meno di un anno fa, ha ridato linfa con un restyling senza rinunciare alla tradizione culinaria di famiglia.

Abbiamo raggiunto Omar in quello che per tutti rimane ‘il palestinese di via Centotrecento’, dal nome della via in cui si trova ancora oggi, nella zona universitaria di Bologna.

 

‘Ciao’ e ‘kebab’, la parola italiana più conosciuta al mondo a fianco di una seconda che rimanda ai paesi arabi. Da dove e come nasce questo cambio?

Nasce semplicemente dal voler riproporre una cosa storica in una veste nuova nuova. Il vecchio nome del locale, Al-Salam, in arabo significa ‘pace’ ma è anche un saluto, quasi il corrispettivo del nostro ‘ciao’. Il nome ‘Ciao kebab’ vuole anche sottolineare il legame con il passato qui in Occidente e in Italia nello specifico.
Sembra un nome banale e semplice, ma ha richiesto mesi e mesi di brainstorming, posso assicurare!

Bologna è territorio principe per la cucina italiana. Cosa vuol dire proporre una cucina come quella mediorientale in una città come questa? La combo funziona?

Bologna è forse la culla principale della cucina italiana, una città poco estesa ma multiculturale e sicuramente ha un’apertura alla diversità, anche culinaria, più di altre zone d’Italia. Quindi sì, la combo funziona alla grande.
Prossimamente proveremo a introdurre anche una proposta con ingredienti del territorio. Ancora non posso svelare nulla, ma ci stiamo lavorando.

La vecchia caffetteria Al-Salam era in questo posto dal 1991. Come ha reagito la clientela nel vedere il cambiamento persino dal nome? Credi che questo restyling possa in qualche modo portare un cambio di clientela?

Onestamente, ha reagito meglio di quanto credessi. Sì, qualcuno ha anche reagito male, ma ci stava e me lo aspettavo. Una signora si è addirittura permessa di dire che mio padre non avrebbe mai accettato questo cambiamento, senza sapere che mio padre stesso prima di lasciarci aveva accolto di buon grado questa ventata di modernità. Perché sì, insomma, dopo tanti anni ce n’era davvero bisogno.
Da quando abbiamo riaperto non c’è stato un cambio drastico di clientela, anzi, se n’è aggiunta di nuova. Abbiamo visto molte facce nuove oltre agli affezionati del nostro locale, studenti e non solo.
Con buona pace della signora di cui parlavo prima, che per fortuna non viene più.

Quali sono gli elementi di continuità e quelli di innovazione rispetto alla storica caffetteria?

I punti chiave di continuità sono l’alta qualità dei prodotti, come da sempre, mentre l’innovazione è nelle nuove proposte del menù e principalmente nel kebab che, a differenza di prima, ora è un rotolo di carne di manzo di qualità.
La nostra missione è cambiare nella testa delle persone il nome del kebab ma anche darne un nuovo concetto. Adesso partiamo con questo.

Immagino che fare un passo così durante una pandemia non sia stato per nulla facile.

Non a caso, abbiamo lavorato tantissimo sulle piattaforme di food delivery e sui social e ci siamo reinventati su alcune cose e su molti aspetti. Per certi versi, il cambio da Al-Salam a Ciao Kebab è dovuto anche alla pandemia.

Tu ormai ti consideri un bolognese a tutti gli effetti. Qual è il tuo piatto preferito della cucina italiana e bolognese nello specifico?

Beh, sulla cucina bolognese non ho dubbi: il friggione. È buonissimo, ma stranamente è un piatto poco conosciuto tra chi viene a Bologna da fuori e quelli che ci vivono ma che non sono nati e cresciuti qua.
Di quella italiana ti direi la pasta, ma non proprio tutti i tipi. Se dovessi scegliere, preferirei le penne all’arrabbiata con molto aglio, la griccia o la cacio e pepe.

 


È proprio il caso di dire ‘Ciao’ e dare il bentornato a uno dei locali simbolo del centro storico di Bologna: che si abbia voglia di babaganush, di falafel fatti ad arte o di un ottimo kebab, la tradizione trentennale della cucina palestinese in città è tornata in una veste nuova.