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Radio Alhara

Una chiaccherata con tre dei fondatori della web radio in vista della curatela prestata ad Ortigia Sound System

Scritto da Giulio Pecci il 21 luglio 2023

Ibrahim Owais at The Wonder Cabinet

Foto di Mikaela Burstow

Radio Alhara nasce nel 2020, durante la stasi mondiale imposta dal COVID. Le onde sonore che iniziano a propagarsi trovano presto sponde cui approdare in tutta la penisola Araba e oltre, con il Mediterraneo a svolgere il solito meraviglioso lavoro di ponte tra culture. In poco tempo questa web radio palestinese che trasmette da Betlemme attira l’attenzione di mezzo mondo per un approccio senza fronzoli ma allo stesso tempo curatissimo e con radici profonde. L’attenzione posta su una fetta di mondo in costante lotta per vedersi riconosciuto il semplice diritto di esistere ne amplifica il messaggio, che rimane prima di tutto musicale: proprio per quello puro, curioso, stimolante, fortissimo e ancor più indispensabile e capace di toccare le persone.

Lo stesso approccio umano e professionale, serio e pieno di humor è confermato dalla chiaccherata fatta con Ibrahim Owais, Moe Choucair e Saeed Abu-Jaber. La dinamica fra i tre è esplosiva anche se espressa attraverso le rispettive connessioni Wi-Fi, nella stanza Zoom in cui ci ritroviamo tutti e quattro. C’è l’evidente piacere dello sfottò tra amici; così come quello ancor più evidente della consapevolezza di condividere un progetto nato come sfogo naturale e ora sempre più in crescita. L’occasione per il nostro appuntamento è proprio uno dei sintomi di questa crescita: la collaborazione con Ortigia Sound System, per il quale Radio Alhara ha curato la line-up dei due opening party – dopo numerose altre incursioni sul territorio italiano.

Partirei chiedendovi il background di ciascuno, da dove venite in tutti i sensi possibili: geografici, lavorativi, artistici e via dicendo.

Ibrahim Owais: Sono originario della Palestina ma sono cresciuto e ho vissuto la maggior parte della mia vita ad Amman, ora invece sono stabile a Berlino. Al momento però sono a Betlemme, mi sono trasferito qui per un po’ di mesi perché sto lavorando al The Wonder Cabinet, un nuovo centro costruito da due colleghi e anche co-fondatori di Radio Alhara. In generale faccio eventi, il dj, il sound artist, lavoro in generale con la musica e inoltre come softwere engineer.

Moe Choucair: Non sono uno dei membri fondatori della Radio…

Saeed Abu-Jaber: Lo sei.

Moe Choucair: … ma sono sempre stato il quinto Backstreet Boy, quello silenzioso. Ho incontrato tutti durante l’evento di lancio della radio attraverso connessioni molto casuali nonostante in realtà siamo cresciuti tutti vicinissimi a livello geografico, io sono del Libano. Ora sono in Italia da qualche anno (a Milano) ma a Beirut ho fondato e dirigo il The Ballroom Blitz, spazio dedicato alla musica. In generale lavoro nell’industria musicale in più vesti e anche in quello dell’arte.

Saeed: Io al momento sono seduto fuori, fa un caldo incredibile ad Atene, mi vedrete sciogliere e sudare su questa veranda. Sono cresciuto in Giordania, per un po’ mi sono trasferito nel Regno Unito e tornato ho iniziato a organizzare serate senza avere idea di come si facesse. Abbiamo iniziato in pochissime persone ma è grazie a quello che ho conosciuto gli altri. Io sono un designer, alcuni di noi hanno questo background. Tutti noi della radio siamo sparsi per il mondo.

Il motivo per cui ho iniziato con questa domanda terribile, che ricorda un po’ la maestra che fa presentare tutti quanti il primo giorno di scuola, è proprio questo: so che siete tutti sparsi per il mondo e ricostruire questa geografia penso sia interessante nell’ottica di parlare della radio

Saeed: [ndr. ride] È un’ottima domanda! Old school.

Allora per continuare con le domande old school vi chiedo anche di raccontarmi nello specifico la storia di Radio Alhara, il dove, come e perché.

Saeed: siamo partiti in modo veramente molto casuale e spontaneo, solo molto recentemente abbiamo iniziato anche a programmare il futuro. Quando entrò in vigore il primo strettissimo lockdown per il COVID spuntarono all’improvviso un paio di radio online, una a Beirut e una a Tunisi; fatte su questa piattaforma online sulla quale ognuno poteva far partire la propria cosa. Tutto molto veloce e naturale, ci siamo sentiti e siamo partiti, in cinque minuti avevamo anche disegnato il logo. E poi è stato tutto un giro di chiamate, persone che conoscevamo e con cui avevamo lavorato. Tutto è cresciuto organicamente coinvolgendo sempre più persone. Quindi è nata come una cosa con la quale divertirci durante il lockdown, ma in realtà a me ha salvato perché non c’era lavoro né niente mentre ora avevamo questa cartella Dropbox condivisa…

Moe: Sì ci ha dato uno scopo durante quel periodo. All’epoca vivevo in un appartamento piccolissimo, senza la radio come cosa a cui pensare tutti i giorni sarei impazzito. Oltre ai singoli show abbiamo anche da subito iniziato progetti di broadcasting speciali, che aprivano finestre sui nostri paesi di origine. Parliamo di programmi che richiedevano settimane di lavoro.

Saeed: Ad esempio solo qualche mese dopo che avevamo iniziato, nell’estate del 2020, il governo Israeliano ha deciso di annettere ancor più terra della Cisgiordania. Lì per lì avremmo voluto fare un programma lungo ventiquattro ore, in solidarietà. Mentre Mo ci ha detto “datemi 72 ore e possiamo fare una programmazione lunga e seria che duri per giorni” ed è stato fantastico. In ogni caso tornando alla radio penso sia stato uno di quei casi di momento e posto giusto. Il momento giusto è stato il COVID: per il progetto sulla Cisgiordania nessuno avrebbe avuto il tempo di produrre quel tipo di contenuti così pregni in così poco tempo, più che tre giorni ci sarebbero voluti tre mesi. Quello è anche stato il momento in cui la radio agi occhi esterni ha iniziato ad avere la sua forte connotazione politica. Noi in realtà odiamo questo concetto di “radio politica”, perché la regione in cui siamo cresciuti ti ci costringe a fare i conti tutto il tempo anche crescendo, tua madre nel latte ti mette politica non cereali. Non puoi scegliere di essere o non essere politicamente connotato come individuo, non abbiamo alternative. Noi non lo vediamo come “stiamo prendendo una posizione politica in particolare”, no, questa è LA posizione politica, non ne esistono altre e non possiamo esimerci dal farlo. Esplorare tutto ciò con un mezzo come la radio è bellissimo, a volte forse risuona di più con le persone a livello di onde sonore che scendendo per strada.

Ibrahim: Tra l’altro in quel periodo erano nate diverse radio, ma non credo che ad oggi siano sopravvissute o comunque nessuna è diventata popolare come Radio Alhara.

Moe: Il fatto è che abbiamo anche un grandissimo spettro di gusti. Al punto che può risultare incoerente se ascolti solo l’inizio e la fine di sei ore di trasmissione. Ma ascoltandole tutte di fila invece capisci che ha senso, c’è un viaggio.

Ahra significa “quartiere”. Zero fa un lavoro intenso sui quartieri delle città, mappandone le scene musicali e artistiche. Mi viene quindi naturale chiedervi cosa significa per voi questa parola, che significato le attribuite.

Saeed: Penso che cambi. All’inizio per noi era solo un bel nome, suonava bene. E poi chiaramente era giustificato dal fatto che chiamavamo a partecipare amici e conoscenti della nostra area, Palestina, Egitto, Giordania, Siria, cos’altro…

Moe: …il Libano…

Saeed: Scusa scusa, certo il Libano! [ndr. ridono tutti]

Moe: È proprio sopra di te cavolo

Saeed: Mi sembrava mancasse qualcosa! Posso saltare giù dal balcone per fare ammenda [ndr. ride].

Moe: Ottimo!

Saeed: Ma insomma alla fine il progetto è cresciuto così velocemente che il mondo è diventato il nostro quartiere. E riconnettendoci al discorso politico di prima penso che soprattutto il discorso palestinese ci abbia connotato molto, facendo in modo che chi ci scrive già sappia a cosa va incontro, attrai persone con una rosa di valori simile. Il che è bellissimo: per dire oggi ciascuno di noi può andare virtualmente in qualunque città e trovare persone con cui andarsi a bere una cosa.

Parlando di amici e soprattutto collaboratori, quando e come è avvenuto l’incontro con OSS?

Ibrahim: Attraverso Enrico [ndr. Gambadoro] perché lavorava con Elias e Yousef, sono tutti architetti. All’inizio OSS ha curato un programma per noi e da lì, dopo il COVID, abbiamo iniziato a collaborare anche come media partner, l’anno scorso io e Saeed siamo andati dal vivo per fare un talk con Resident Advisor. Quest’anno invece è stato divertente: Moe mi ha chiamato per dirmi semplicemente “andiamo ad Ortigia” [ndr. ride]

Moe: in realtà ti ho proprio detto “andiamo a suonare!” Basta che ci andiamo [ndr. ride]

Ibrahim: Insomma poi ci siamo sentiti con Enrico e alla fine ci ha chiesto di occuparci dei due opening party, abbiamo curato la line-up e ci suoneremo anche.

E con Movement?

Saeed: Sono nostri amici stretti.

Moe: Forse la prima volta che ci siamo conosciuti dal vivo è stata a Milano, durante il Linechek. Dopo un sacco di conversazioni online siamo riusciti finalmente a incontrarci e c’è stato subito un gran feeling.

Parlando proprio con Enrico ci ha detto come una cosa importantissima che accomuna OSS, Radio Alhara e Movement è il lavoro svolto sulle scene locali. Cosa ne pensate?

Ibrahim: Penso che su un argomento del genere Moe sia il più indicato per parlare, avendo fondato un vero e proprio club a Beirut.

Moe: Sì lo spazio ha anche una stanza dedicata specificamente ai “quartieri” abbiamo ospitato tante scene locali provenienti da tutto il mondo. Dal punto di vista della radio come detto non ci piace concentrarci troppo sull’aspetto politico perché per noi è endemico, ma con i nostri programmi abbiamo sicuramente ospitato le voci di comunità specifiche, spesso connotate in quel modo. Che fossero dalla Colombia, dalla Palestina, dalla tragedia dell’esplosione di Beirut. Per noi non è una missione quella di delimitare geograficamente, in realtà sono gli stessi creator che vogliono sempre dare l’idea di dove vengono. Penso che entrando in una piattaforma digitale si senta questo bisogno di far capire alle persone qual è il contesto da cui trasmettono, fornire una finestra su chi sei e da dove vieni. Basta uno sguardo all’inbox della nostra mail: è una geografia immensa. Insomma questo focus e vocazione geografica dei nostri programmi si è creato quasi da solo.

Ibrahim: Siamo connessi a tante scene locali in giro per il mondo. In Italia a Napoli, a Roma con i ragazzi di Mistica e Nero con i quali abbiamo fatto diverse cose. Si basa tutto sulla connessione che si stabilisce. Di solito a partire dal fatto che queste persone hanno un programma su Radio Alhara: da lì poi le cose possono svilupparsi in vari modi.

Moe: Riflette anche la composizione del team della Radio, ognuno ascolta cose diverse. C’è chi si dedica di più a musica d’ascolto immersiva, chi come me ad un lato più clubbing, chi su roba jazz o sperimentale estrema. Tutto è complementare.

Saeed: Una cosa su cui mi hai fatto riflettere Giulio è che effettivamente quando pensi a una realtà come OSS pensi anche a tutto il contorno territoriale e materiale da cui è composta: sound systems, la cura verso il cibo e il bere. Noi ovviamente siamo una creatura che vive online e sicuramente dovremmo fare più feste e serate concentrate su specifici territori per ora siamo un po’ più lenti. Ma la cosa interessante di tutto ciò penso sia che se volessimo farlo potremmo organizzare una serata in Egitto senza che nessuno di noi del team della Radio sia presente.

Ibrahim: Assolutamente sì.

Saeed: Quindi forse è proprio questa la bellezza della cosa. Non lo stiamo sfruttando, forse dovremmo farlo, formalizzarla di più. Ad esempio abbiamo tanti resident nel Regno Unito che ci scrivono perché magari vogliono mettere il cappello di Radio Alhara su serate che organizzano e a noi fa molto piacere, spesso le trasmettiamo anche in diretta. Insomma abbiamo tanto potenziale da quel punto di vista facciamo solo un po’ fatica a stargli dietro perché comunque parliamo di un progetto nato come hobby e sfogo personale, cresciuto poi in modo esponenziale.

In parte avete anticipato una domanda che volevo farvi: come abbiamo già detto siete nati in un periodo storico in cui le persone non potevano neanche incontrarsi per un caffè. Negli ultimi tempi però state approfondendo sempre di più il lavoro di curatori per serate, festival, rassegne. Mi chiedevo se questa transizione è avvenuta in modo naturale o no…

Ibrahim: Sì assolutamente in modo naturale, senza neanche pensarci.

Moe: Sì anche perché alcuni dei lavori che facciamo noi del collettivo già prevedono quella parte di attività

Esatto stavo arrivando proprio a questo, se i vostri lavori “originari” hanno svolto un ruolo e di che tipo in questo tipo di approccio.

Moe: La cosa positiva è che non ci siamo mai mossi noi per fare un’offerta, ci sono sempre arrivate richieste da fuori. Non ci è mai capitato di dove preparare un pitch ad esempio.

Ibrahim: Per me la cosa interessante è che ad esempio tutti gli eventi ai quali stiamo partecipando qui in Italia a Luglio non sono organizzati da noi. Sono collaborazioni con realtà diverse, vera e propria curatela. Penso sia la riflessione esatta di quello che è il lavoro svolto da Radio Alhara: mettere in evidenza e dare spazio a comunità già esistenti in posti diversi.

Moe: La Radio è composta anche da un network vario e molto interessante di designer, visual artists, architetti, curatori, booking agents. Tutte personalità che sono enormemente di aiuto quando devi mettere su un progetto: ad esempio se dobbiamo fare lo stage design a un festival abbiamo quelle risorse già nel nostro team.

Parlando nello specifico di musica vorrei chiedervi se ci sono scene musicali o artisti che negli ultimi anni vi hanno appassionato particolarmente. O ancora meglio, che hanno rafforzato la missione che avete con la radio, che vi hanno fatto dire “oh sì questa musica è il motivo per cui esiste Radio Alhara”.

Moe: Personalmente tutti i programmi, come quello di Ibrahim, che non sono vera e propria musica da club, ma più narrazione di qualcosa, quasi un collage sonoro. Insomma quei programmi cuciti sull’esperienza d’ascolto casalinga. Sono i miei show preferiti.

Ibrahim: Sì ma hai centrato il punto, secondo me quello è proprio il sound di Radio Alhara.

Saeed: Sì tutti abbiamo i nostri preferiti ma concordo con Moe ed Ibrahim. Sicuramente è anche una direzione che è stata modellata dal fatto che non siamo più giovanissimi ma soprattutto dal periodo del covid. A quel tempo c’erano persone che ci mandavano set pesantissimi, da clubbing hardcore. Nel mentre siamo tutti in pigiama, non sappiamo cosa stia succedendo nel mondo… Nessuno è in quello stato d’animo. A meno che tu non sia rimasto intrappolato in casa con un grande quantitativo di droghe [ndr. ridiamo tutti].

Ibrahim: Oddio, poi una persona la trovi sempre, come il nostro Elias.

Moe: No no, Elias è in fissa con Beyonce, per favore facciamo in modo che sia scritto nero su bianco nell’articolo [ndr. ridono].

Saeed: Mio Dio, ci ucciderà.

Ecco lo sapevo, alla fine ci vado di mezzo io…

Saeed: Giulio stai rovinando un’amicizia! Devi esserne consapevole. No comunque quando arrivavano questo tipo di mix io volevo anche rispondere spiegando tutto questo, ma avevo paura di offendere qualcuno. Così abbiamo iniziato a dire a tutti quanti di scordarsi del sabato sera. Volevamo il set che avrebbero suonato la domenica mattina alle prese con una terribile sbornia. Alla fine sono le cose più personali, quelle che non suonerebbero mai in un club, più intime. La risposta dagli stessi selector è stata ottima, si sono divertiti a suonare cose che non mettevano da un sacco magari. Poi è ovvio che abbiamo una direzione ma lo spettro è ampissimo io stesso sono finito ad ascoltare cose diversissime, più di una volta mi è capitato di accendere e non avevo idea di chi stesse suonando. L’altro lato della medaglia è che grazie a questo progetto abbiamo modo di interfacciarci con realtà che prima non ci avrebbero mai considerato, come etichette particolari e via dicendo.

Voglio chiudere su un argomento che qui in Italia è tornato molto di moda negli ultimi due anni, ripreso e sviluppato molto anche proprio da vostri collaboratori come Mistica Sounds e Soprattutto OSS: il nuovo suono Mediterraneo. Qual è la vostra prospettiva su questo, o meglio, questi suoni?

Ibrahim: Beh intanto che non è certamente qualcosa di nuovo, il suono del Mediterraneo è una realtà da tempo, ma è vero che in Italia e specialmente nel sud c’è un rinnovato interesse per il Mediterraneo [ndr. lo dice in un italiano caricaturale che fa ridere tutti].

Beh come si può sentire suona molto bene in Italiano!

Saeed: Sì decisamente!

Ibrahim: Penso che il suono di cui parliamo tutti oggi sia in realtà per lo più quello del Nord Africa. Il suono del Cairo, del Marocco e della Tunisia. Anche quello del Libano circola da tanto tempo.

Moe: Non so bene cosa aggiungere perché io invece su tutto questo discorso del Mediterraneo sono molto scettico. Penso che se ti metti veramente ad approfondire, certamente ci sono cose in comune, ma analizzando in modo critico invece sono di più le caratteristiche completamente uniche e diverse di paese in paese, c’è un eclettismo scioccante. Diventa poi un discorso politico: i confini reali tra paesi di queste aree sono tutto meno che porosi, sono decisamente saldi. Non puoi fare un viaggio in macchina spesso tra un paese e l’altro, non importa che passaporto tu abbia. Noi Libanesi non possiamo neanche lasciare il paese a volte. Il confine con la Siria è chiuso indefinitamente, è come se libanesi e palestinesi abitassero su un’isola.

Saeed: Ecco ora veniamo buttati fuori da tutte le line-up…

Moe: No sono libanese, posso vendere tutto! A parte gli scherzi, in realtà la cosa bella è che queste frammentazioni sono in parte ricomposte da collaborazioni come quella con OSS.

Sì effettivamente sono osservazioni sacrosante. Ma come dici alla fine, è sicuramente un po’ romantico e naif pensarla in questo modo perché i confini reali esistono e sono decisamente saldi. Però forse proprio per questo le onde sonore, più di tutto, riescono a passarci attraverso

Moe: Bellissimo, possiamo chiudere l’intervista così direi [ndr. ride].

Saeed: Sì direi perfetto.