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Siijia Chen Christina

Esplorare il globo tra Milano e Wenzhou

quartiere Chinatown

Scritto da Marco de Lucia il 12 settembre 2021
Aggiornato il 28 settembre 2021

Foto di Carolina Lòpez Bohòrquez

Si sa, Micheal Bay è noto per le esplosioni. Gli effetti speciali. Kaboom. Sijia l’ha conosciuto, perché ha recitato in uno dei suoi film più recenti. Yatch enormi e superprofessionalità. Ma Sijia, attrice e modella, è innanzitutto una esploratrice. Lo fa con Donnavventura, gira il mondo ma è chiaro che ce l’abbia nel sangue. Arrivata da Wenzhou a Milano, tra scuole di recitazione e scuole di cinese, ci racconta dell’universo sarpiano, della cultura cinese, e dei suoi meticciati meneghini.

«Gli unici posti in cui si passeggia sempre a Milano sono Sarpi e Duomo. Chinatown è l’unico posto, qui, dove si coltiva la storia cinese.»

Siijia Chen Christina

 

Siijia Chen Christina

Ciao Sijia! Nella vita fai tantissime cose, quale preferisci? Come si forma un’artista e interprete del tuo tipo?

Premetto che amo tutto quello che faccio a livello professionale, ma se proprio dovessi scegliere tra l’attrice, la modella e la reporter, penso che punterei le mie energie sulla recitazione. Tutto è iniziato nel 2008, grazie a “Miss China in Italy”, una competizione di bellezza che quell’anno son riuscita a vincere. Da lì ho intrapreso la carriera di modella; un lavoro che mi piace molto nonostante non sia la mia più grande aspirazione. Tuttavia, mi ha aperto il campo alla recitazione: ho iniziato a girare degli spot pubblicitari e mi è piaciuto moltissimo. Ho deciso quindi di intraprendere una preparazione professionale nel campo e mi sono iscritta all’International City Accademy a Milano. E ho scoperto poi che è una professione a cui dedicarsi veramente al 100%. È un grande lavoro di studio, memonico, di rielaborazione, ma soprattutto un gran lavoro su sé stessi. La preparazione d’attore è una sorta di terapia, lo riconosceva lo stesso Stanislavskij: “imparate ad amare l’arte in voi stessi, e non voi stessi nell’arte”. È un punto di partenza fondamentale per la recitazione.

E, invece, Donnavventura? Che storia ha dietro questo progetto?

Ho iniziato a lavorare con Donnavventura cinque anni fa, ma fin da piccola sognavo di farne parte. Alle iscritte viene inviato periodicamente un questionario, e in base a quello chiamano per la selezione. Già tre anni prima dell’inizio della mia collaborazione mi avevano selezionato, per tre anni di fila! E ogni volta declinavo perché pensavo che non sarei riuscita a competere con altre ragazze. A ripensarci, mi viene da riflettere sull’insicurezza in generale e su quanto fossi insicura in quegli anni. Successe poi che l’estate di cinque anni fa, Donnavventura organizzò “Donnavventura summerbeach” e in quella cornice cercavano una ragazza orientale. Questa volta feci tutte le selezioni del caso e alla fine venni presa. Ricordo ancora la chiamata che ricevetti sul treno Milano-Brescia “Sei pronta a partire? Ti abbiamo presa!”. Ero commossa. Da lì sono diventata parte di questa famiglia. Una famiglia pazzesca, unica, straordinaria. Ho visitato moltissimi posti, ed è ovviamente, sempre, un’esperienza di viaggio bellissima. Siamo una piccola produzione e facciamo tutto noi: da autori, all’editing, al montaggio ecc. Si impara da subito cosa vuol dire lavorare in team, e sotto pressione. Ed è veramente appagante. 

 

Da attrice ricordi qualche lavoro in particolare? Perché?

Ho lavorato con moltissime personalità del cinema, soprattutto italiano! Per dirne alcuni: Claudio Bisio, Maccio Capatonda, Micheal Bay e Fabio Volo. Di quest’ultimo ricordo il mio primo bacio sul set: è davvero un po’ come un primo bacio, un’iniziazione; fa riflettere anche sui rapporti e le relazioni, alla fine sul set erano tutti indaffarati e costantemente al lavoro e non c’era ovviamente modo di conoscersi. Direi: interessante. Poi mi è piaciuto moltissimo lavorare sul set di 6 Underground di Micheal Bay. Lì sì che ti rendi conto di cosa sia una produzione cinematografica. Mi ricordo questi tre giorni a Taranto, su uno degli yatch più grandi del mondo (pensa che i bagni erano tipo in oro!). Bay super professionale, e Ryan Reynolds un vulcano di energie. 

Che ci dici di Sarpi?

Sarpi la frequento da quando avevo 14 anni. Ci venivo con mio papà durante il Capodanno cinese, ed erano ancora i tempi in cui il traffico di macchine passava direttamente in mezzo al quartiere. Sono felice che sia diventata pedonale, è anche per quello che è diventato un nucleo – ormai importantissimo – della città. Se ci pensi bene gli unici posti in cui si passeggia sempre a Milano sono proprio Sarpi e Duomo. Poi Chinatown è effettivamente l’unico posto, qui, dove si coltiva la storia cinese. Prima di tutto attraverso il cibo e la ristorazione, ma encomiabile è il lavoro del centro culturale cinese: insegnano la tradizione, la cultura, anche gli ideogrammi e come si scrivono (e ci sono parecchi italiani appassionati!).

 

 

Io sapevo che è proprio attraverso la scrittura che si tiene viva in Italia la tradizione cinese?

Si, è comune che si frequentino le scuole di cinese. La Cina è molto grande, ci sono tantissime etnie e tantissime lingue. Io, per esempio, vengo da Wenzhou (i miei parlavano il dialetto di lì; io parlo mandarino, il mio dialetto, inglese e serbocroato, ma questa è un’altra storia…). I miei venivano qui a lavorare, non avevano tempo per insegnarmi adeguatamente la lingua. Quindi per evitare di perdere questo legame comunitario (dato che i bambini e ragazzi cinesi o parlavano dialetti comuni o italiano) si seguivano questi corsi di cinese. La lingua scritta è la parte più difficile. Pensa che in Cina, usciti dalle medie, non si è ancora capaci di scrivere e leggere completamente.  

Come questo mix di culture (italiana e cinese) ti ha caratterizzato nella vita professionale e non?

Come altri ragazzi – magari di seconda generazione o immigrati da piccoli come me – vivo una condizione di sintesi tra due culture molto lontane. Avendo avuto genitori cinesi e amici, insegnati, conoscenti italiani per esempio io ho vissuto fin da bambina questa condivisione culturale. Ovviamente da piccola mi vedevo diversa. Dove stavo prima ero l’unica ragazza cinese. Avevo bisogno di accettarmi prima di essere accettata. Proprio per questo le seconde, terze generazioni hanno molto da raccontare. Poi che dire, dell’Italia ci si innamora in fretta. In famiglia abbiamo da subito adottato il Natale, mia mamma è una fan sfegatata. Poi sarà scontato, ma la cucina è incredibile. Se pensi a quanto sia piccola, tipo rispetto alla Cina, c’è una diversità culinaria pazzesca.