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Thomas Costantin

Senti come suona l'urbe post-clubbing

Scritto da Giada Biaggi il 18 marzo 2021

Foto di Simone Rutigliano

Che rumore fa la città che non balla più? Una domanda davvero paradossale nel suo stesso dirsi – e scriversi –  (quasi marzulliana), ma alla quale risponde nella maniera più sinestetica e contemporanea possibile Thomas Costantin con il suo prossimo album (il secondo da solista per il musicista from Padova, but PortaRomana-based) preannunciato dai singoli “Berlin” e “La città si svuota”. L’elettronica tacciata di edonismi fino a qualche tempo fa, nella musica di Thomas si addolcisce, fino a diventare una cura palliativa atta a colmare i vuoti fonetici ed esistenziali di Milano. Dietro Thomas per questo nuovo progetto l’etichetta FLUIDOSTUDIO – che fa del suo legame con la liquida contemporaneità il suo punto cardine. Ieratico e post-genere, Thomas è il cavaliere “nell’apocalisse” in grado di riconfigurare l’architettura fonetica ed emotiva della, per parafrasare Calvino, “nuova città visibile”.

Ieratico e post-genere, Thomas è il cavaliere “nell’apocalisse” in grado di riconfigurare l’architettura fonetica ed emotiva della, per parafrasare Calvino, “nuova città visibile”.

 

Thomas mentre si esibisce al Plastic in uno dei suoi iconici dj-set

Sei stato un resident del Plastic; cosa ti manca di più della dimensione entropica del clubbing?

Del clubbing mi manca soprattutto divertirmi. Uscire tardi e non sapere a che ora si torni. Mi manca l’energia delle persone e il vedere facce nuove.

Mi sembra che la dimensione che manca di più della notte sia l'empatia, non trovi? Un empatia generata dalla vicinanza alla pelle dell'altro; visto che sei un ex-resident del Plastic mi puoi dare un feedback come dire più accurato...

Certo, il corpo umano è un super conduttore di energia. In molti vivono una vita “settimanale” molto stressante tra lavoro in ufficio con ritmi massacranti e poco spazio e tempo per le cose piacevoli, mentre nei club la gente si lascia andare.. Uscire era un veicolo per divertirsi e scoprire musica nuova, ma soprattutto per buttare via l’energia cattiva accumulata e crearne di nuova. È una cosa di cui si parla poco ma è assolutamente reale.

L'estetica e la moda hanno sempre giocato un ruolo apicale nella tua pratica artistica. Quali sono state le main reference per questo album?

Sicuramente la mia vita a Parigi, città che ho amato e amo molto. Ho vissuto lì praticamente per due anni e ho assimilato tante cose, tanti aspetti della vita che qui non avevo mai considerato. L’amicizia come una comunità, l’abbandono degli ideali borghesi, le sottoculture, la solitudine, ma quella buona. Devo alla Francia moltissimo, mi ha enormemente arricchito. Sto cercando di portare con me un po’ di quello che ho scoperto lì, ovunque io vada.

Il singolo "La città si svuota" già dal titolo è sublimata di un rimando alla contingenza; come questo vacuum si ritrova nell'architettura emotiva del pezzo?

Da circa un anno  viviamo tra zone gialle e rosse, lockdown periodici, abbiamo visto assalti ai treni per fuggire via. Milano è una città che mi ha dato moltissimo in questi otto anni ed è un dispiacere vedere che in molti non la sostengano in un periodo così complicato. Poi per me non si tratta di un horror vacui. Trovo affascinanti le strade vuote e il silenzio della sera. È un contrasto interessante con lo stereotipo della “milano da bere”. Questi palazzi con le luci mezze spente, queste architetture ghost mescolate all‘oblio, mi sembrano una trasposizione involontaria de “Le muse inquietanti” di De Chirico. Sarà che avrò il fascino del dark, ma per me passeggiare la sera non è mai stato così piacevole come lo è ora. La città si svuota parla di noi e di ciò che ci circonda in questo periodo, in contrasto a quando tutto era animato dal caos.

Dai massimi sistemi ai "minimi". Come il tuo quartiere è entrato nella geografia sonora del disco?

Il mio quartiere è casa, dove c’è anche il mio studio. Passo le giornate qui e mi sento a casa anche quando esco. Conosco tutti negozianti e le “facce della zona”. Avendo la mia famiglia e i miei affetti distanti causa Covid per tutto questo tempo, sentirmi a casa è una cosa molto bella nonostante tutto.

Chiudiamo con una domanda #veryzero; i tuoi hot-spot meneghini preferiti in fatto di food&beverage?

Nell’ultimo anno ho cambiato la mia dieta ed eliminato un bel po’ di abitudini malsane. Non mangio più carne e non bevo più superalcolici, ma se si potesse uscire andrei subito a aperitivo dalla mia amica Norie della Bottiglieria Spartaco e poi andrei a cena da Kampai in via melzo.