Vengo qui a cena. Il frigo vuoto, l’hangover chiama una serie di elementi chimici che nella piramide alimentare si collocano così: carboidrati semplici, carboidrati complessi, zuccheri, grassi. Le soluzioni sono il kebabaro sotto casa, il Deliveroo di cinese, la morte. Mi ricordo, in un barlume di lucidità, di tenere un po’ di più a me stessa e penso a Locanda Carmelina. La cucina napoletana sta alla salvezza dell’anima come io sto alla mia decisione di venire qui per cena.
Napoli si percepisce da Carmelina – ultimo nato della famiglia Pizzium – in maniera discreta, senza stereotipi sbandierati o esagerazioni di folkore. Un ristorante dedicato alla cucina di mare, con una parte di pizzeria in menu. Provo gli spaghetti alla Nerano: carbicidio formato partenopeo con zucchine fritte e mantecatura alla provola. Mi sento già meglio.
Anche il mio amico che siede di fronte viene da una serata importante, ma riesce a darsi un tono con una catalana di gamberi e scampi. Finisco anche il suo piatto. La prossima volta voglio provare la calamarata allo scoglio, e pure la pizza. Terminerò sempre alla stessa maniera, con una pastiera. Bravi tutti. Pure il manager di Marco Carola, seduto affianco a noi. Gli vorremmo chiedere perché Marco sta sempre così teso. Forse mangia pochi carboidrati.
Contenuto pubblicato su ZeroMilano - 2019-12-01