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Pescheria: il suono al centro

Un laboratorio, una casa, una porta aperta, un approccio diverso per ascoltare, suonare, creare, vivere il club. A Roma.

Scritto da Nicola Gerundino il 15 settembre 2023
Aggiornato il 18 settembre 2023

Il mercoledì, spesso, a Roma è un giorno felice. Perché il mercoledì, spesso, la Pescheria di via Galeazzo Alessi apre le sue porte. Via Galeazzo Alessi si trova alla Certosa: neanche un paese, ma una contrada all’interno di una città infinitamente più grande. Una piccola manciata di straducole le cui case basse ricordano dell’urbanizzazione informale, spontanea e improvvisata, che nel dopoguerra ha caratterizzato diverse porzioni di Roma, specialmente nel quadrante Est costeggiato dalla linea ferroviaria che da Termini esce dalla città seguendo la Casilina. Se i binari ne chiudono i “confini” da una parte, dall’altra c’è tutto il gran fermento del Pigneto, che negli anni a spostato il baricentro verso la base del suo triangolo, lì dove incrocia Torpignattara e, appunto, la Certosa. Stabilito dov’è Pescheria, c’è da raccontare cos’è Pescheria. La risposta, più che in una sequela di frasi, è giusto collocarla all’interno di una parola: suono.

Ogni azione quotidiana è un concerto. Chiudere la porta per registrare e tagliare fuori tutto il resto vuol dire non essere in armonia con il mondo

Pescheria è suono. È il suono dei tanti vinili qui custoditi e fatti circolare attraverso la propria distro; è il suono dei dischi che girano per essere ascoltati in una sessione o per essere miscelati in un set; è il suono delle prove e delle registrazioni; è il suono dei live ospitati; è il suono delle persone che qui si ritrovano per presentazioni editoriali, performance artistiche o piccole expo. È il suono dei treni che passano a pochi metri di distanza dalla porta d’ingresso, delle macchine che su via Alessi riescono a prendere velocità, è il suono delle chiacchiere sul marciapiede. È un suono multiforme e, soprattutto, incessante, che volontariamente non vuole essere spento ma abbracciato nella sua onnipresenza quotidiana.

È la lezione di John Cage – tutto è suono e il silenzio non esiste – fatta propria, non come massima filosofica ma come principio pratico da cui far generare processi creativi nuovi e differenti. Suono e non musica, perché il concetto di musica è ormai troppo culturale, con informazioni organizzate, come la canzone: «Il suono c’è sempre, qualsiasi cosa fai: è una concezione diversa. Ogni azione quotidiana è un concerto. Chiudere la porta per registrare e tagliare fuori tutto il resto vuol dire non essere in armonia con il mondo, perché il suono esiste sempre, a prescindere», come ci ha raccontato una volta in una lunga intervista Hugo Sanchez, che di Pescheria è una delle colonne portanti.

Le torride nottate al Carrefour 24/7 di via Casilina danzano assieme a vecchi pezzi di Alberto Radius, Maruzzella guarda la stessa luna cantata da Jim Morrison in “Alabama Song”

Non separare ma unire, non isolare ma collegare, non confinare ma sovrapporre strati suono, aggiungere linee vocali di alcuni brani sconosciuti ai più su basi completamente diverse, abbassare le battute immaginando un flusso notturno lontano dalla “dittatura” del bpm e del beat matching, capace, invece, di abbracciare tutto il groove che esiste oltre le griglie. Poi aggiungere altre voci – quelle di Lola Kola, Egeeno e Gabor, avvolte nelle foglie di Rocco Mago – ancora fino a formare un collettivo che non si era mai visto prima. Tropicantesimo, creatura magica, gitana e ipnotica in cui sono confluite diverse individualità già attive nella scena di Roma Est – che nel Pigneto aveva e ha il suo epicentro – e che è potuto sbocciare grazie a quel meraviglioso catalizzatore di follia che il circolo Arci Fanfulla (siamo all’inizio della seconda decade dei Duemila).

Con le radici ben salde tra le pareti della Pescheria, dove si prova e registra senza sosta, Tropicantesimo ha tessuto la sua ragnatela, in cui si rimane intrappolati ogni volta che il suono inizia a partire da un impianto, contagiando l’intera scena della città e non solo, allargano le proprie fonti sonore anche ad altre borse di dischi – quelle di Simona Beat, Pierpanico e Maria Violenza. Alcuni fili di questa ragnatela sono diventati anche delle uscite discografiche: un primo EP del 2020, in cui è stato incluso materiale registrato tra il 2014 e il 2019, e tre “Session”, uscite per Penny Records tra il 2021 e il 2022, dove le torride nottate al Carrefour 24/7 di via Casilina danzano assieme a vecchi pezzi di Alberto Radius, Maruzzella guarda la stessa luna cantata da Jim Morrison in “Alabama Song”. Si trovano in un bandcamp che, non a caso, porta il nome di Pescheria, che di Tropicantesimo è a tutti gli effetti “laboratorio e casa” e dove i brani sono registrati, mixati, ma ancor prima provati e suonati.

Che di un vero e proprio laboratorio si tratti, lo testimoniano anche gli altri lavori sempre registrati in Pescheria e custoditi sulla stessa pagina: le tracce a firma N.W.R – Nex Week Revolution che vedono Gabor alla voce assieme a Gino Luigi (Hallelujah!) e Matteo Pozzi (Cacao/Actionmen); “Violenza Tropicale”, raccolta di rielaborazioni elettroniche a firma Maria Violenza di brani propri, cover e live session; Las Shivas Del Ritmo, misteriosa entità con la passione per il field recording che ha catturato rumori in India come alla Certosa; o ancora il folk tutto siciliano del progetto Brandamaria (Maria Violenza + Luciano Turella/Irtumbranda). Se Tropicantesimo è “una specie di macchina del tempo in cui tutto è possibile e tutto è contemporaneo”, la Pescheria di via Alessi è l’officina (di quartiere) dove la macchina ogni giorno viene smontata e riassemblata a partire dal suono: costante ma sempre diverso. Le sue porte si aprono (spesso) di mercoledì, quando a Roma è un giorno felice.

 

Troverete Pescheria a Hyperlocal Festival 2023: sul palco Lola Kola, Hugo Sanchez e Piperpanico (dalle 22:15 fino alla fine della serata), e nel talk dedicato alla storia della scena iperlocale (dalle 17:00 alle 18:00).