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Erwan Pierre Jean Maze del Tasca

«Mi hanno dato molto spesso dello stronzo, burbero e antipatico, sarà anche vero ma forse è stato anche un po' questo il segreto. Qui siamo tutti uguali, non c'è una selezione della clientela, cravatta o senza cravatta, per me non fa differenza»

Scritto da Paolo Sala il 11 novembre 2015
Aggiornato il 19 giugno 2017

Foto di Paolo Sala

Il Tasca compie 10 anni e festeggia martedì 17 con un aperitivo aperto a tutti e mercoledì 18 novembre con una cena già sold out.
Abbiamo chiesto a Paolo Sala* di intervistare il proprietario del locale Erwan Pierre Jean Maze (Colmar, Francia, 9/11/1970) per ripercorrere la storia di un successo clamoroso.

*Cliente storico del Tasca in quanto frequentatore assiduo del triangolo Bar Cuore – Tasca – Colonne di San Lorenzo, Paolo Sala (Milano, 25/2/1977) diventa molto amico di Erwan e successivamente coordinatore artistico dell’immagine del locale («anche se a Erwan piace tanto fare di testa sua», ci dice Paolo ridendo). È socio fondatore con suo fratello Alberto di ASPS Design Studio e di Edizioni Design, brand di oggetti di design nato due anni fa. Principalmente si occupa di grafica, brand identity, comunicazione visiva e Campari shakerato.

ZERO – Come e perché hai cominciato al lavorare nella ristorazione?
Erwan Pierre Jean Maze – È stata la passione della mia mamma, grande cuoca e pasticciera, che mi ha spinto a 14 anni a propormi come apprendista presso il ristorante Auberge d’Artzeneim gestito dalla famiglia Husser, non lontano da dove sono cresciuto.

Chi è stato il tuo maestro?
A parte mamma, direi proprio la signora e il signor Husser, sono stati la mia prima vera guida in questo mondo.

Qual è il primo piatto che hai preparato?
Il primo primo non me lo ricordo, ma posso dirti sicuramente che il cinghiale in umido mi veniva bene.

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Quando e come sei arrivato al Tasca?
Per “vie traverse” (ride NdR); a parte gli scherzi, ci sono arrivato dopo tanti passaggi, prima lavoravo al Lucca e successivamente al Lucca bistrot, poi In Piazzetta, poi al Max in via Durini e poi ancora, con altri due soci, ho aperto il Beige in largo La Foppa, dal quale sono andato via dopo non molto tempo. Dopo queste esperienze, disoccupato, mi trovavo spesso a portare in giro il cane nella zona del locale Tapa in via Burlamacchi, in quanto abitavo vicino. Mi prendevo spesso un drink lì e sono entrato in confidenza con il gestore, il quale aveva aperto anche il Tasca, che ai tempi non andava molto bene. Dunque mi sono proposto di gestirlo, per poi rilevarlo al cento percento, appunto 10 anni fa.

Com’è la linea del Tasca?
Il menu è composto da tapas tipiche spagnole, di carne, pesce o verdure, seguendo ricette provenienti da tutte le regioni della Spagna.

Quali sono i prodotti ai quali non rinunceresti mai?
Prosciutti iberici e vino rosso!

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Puoi dirci qual è il segreto del Tasca? Dieci anni di pienone!
Mi hanno dato molto spesso dello stronzo, burbero e antipatico, sarà anche vero ma forse è stato anche un po’ questo il segreto. Qui siamo tutti uguali, non c’è una selezione della clientela, cravatta o senza cravatta, per me non fa differenza. Di conseguenza ci si sente a casa, molti vengono anche solo perché sanno che tanto qualcuno che conoscono lo troveranno. È un luogo dove darsi appuntamenti: «stasera che fai?», «non lo so, ci vediamo al Tasca e poi decidiamo» e alla fine son tutti qua, felici e contenti con i loro bicchieri in mano a evitare il 3 che tenta di investirli.

Cosa state organizzando per il decimo compleanno?
Come sempre ci sarà la festa aperta a tutti dove, come ormai da tradizione, presenteremo la “mostra foto-grafica” a tema (siamo alla settima edizione); i soggetti siamo noi, lo staff del Tasca, ogni volta interpreti di bizzarri temi inventati e curati da… proprio tu che mi stai intervistando, caro Paolo. Quest’anno abbiamo voluto affrontare con ironia un tema molto attuale e delicato che è quello della migrazione. Noi tutti, alla fine, proveniamo da tante parti del mondo (Sri Lanka, Argentina, Ecuador, io stesso dalla Francia, eccetera). Siamo anche noi dei migranti che hanno lasciato il loro paese per cercare fortuna altrove. E poi ovviamente si berrà e si mangerà, avremo un aperitivo speciale curato dallo chef Sergi Millet del Mas Rabell (Sant Martì Sarroca, Barcelona). Per mercoledì, il giorno dopo della festa, abbiamo organizzato una cena speciale, sempre curata dallo chef Millet, che però, mi dispiace, è già tutta sold out!

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Cosa consiglieresti di bere e mangiare al Tasca?
Niente, vai al bar di fronte! (ride…questa è una frase che spesso dice ai clienti, NdR). Ma sì, tutto, è tutto buono e poi dipende dai gusti. I prodotti comunque sono tutti ricercati e tipici, provenienti dalla Spagna. Più volte ho organizzato dei viaggi in Spagna, portando con me uno o due collaboratori, alla ricerca di nuovi fornitori.

Qual è l’oggetto a cui non rinunceresti mai mentre lavori?
Il cavatappi: altrimenti come ti apro le bottiglie?

É un periodo parecchio favorevole per il mondo dei bar e dei barman a Milano: aprono sempre più locali, alcuni anche di qualità. Qual è il tuo punto di vista?
Vedo tanti locali aprire e poi chiudere subito, c’è tanta improvvisazione, forse si pensa che sia facile fare soldi con la ristorazione, ma ci vogliono prima di tutto passione e dedizione al lavoro. E poi vedo tanti locali tutti uguali, solito muro grigio tortora, lampade a filamenti, arredamento vintage …ok, va bene, meglio di quello schifo degli anni 90, però poi devi anche far bene da mangiare…

Quali sono i locali che frequenti a Milano?
Non esco molto “per locali”, già passo una vita nel mio, quando esco mi piace stare con la famiglia e quindi si tratta per lo più di ristoranti. Mi piace molto mangiare a Il Liberty ma anche il Bon Wei, un ristorante cinese di buona cucina. E poi sicuramente alla Trattoria Milanese, per un ossobuco e la cassoeula, alla fine sono diventato un vero milanese. Anzi dopo che abbiamo finito questa intervista ci andiamo? Prenoto? (è finita che ci siamo ammazzati di cibo e bevuti due bottiglie di rosso in due, Ndr).

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Tu cosa bevi di solito?
Vino rosso in generale, ma ti consiglio questo Almázcara Majara, vino del Bierzo fatto con uva Mencia in purezza, dell’amico Javier Álvarez, è un ottimo vino da una grande cantina.

Hai aperto la piccola Bodega del Tasca, esattamente a fianco al Tasca, ma perché invece non allargarsi?
Preferisco avere due spazi piccoli e gestibili che uno grande e dispersivo. E poi avevo notato che la clientela del Tasca si era un po’ troppo focalizzata su un livello medio alto e allora ho voluto creare un spazio più “alla buona” per re-integrare quella clientela più giovane e alla mano che avevo un po’ perso al Tasca. Ha funzionato alla grande.

Come mai non parli ancora bene l’italiano dopo 25 anni?
Se vuoi te parli in milanes, terun! (ride, NdR).