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Atletico San Lorenzo: un sogno di quartiere divenuto realtà

Popolare, ribelle, libero, condiviso e proletario. Il ritorno alle origini dello sport raccontato da Andrea Greco, socio della primissima ora della compagine rossoblu

quartiere San Lorenzo

Scritto da Andrea Provinciali il 21 dicembre 2020
Aggiornato il 8 gennaio 2021

Foto di Alberta Cuccia

Luogo di residenza

Roma

È dal 2013 che una squadra di calcio dalle tinte rossoblu che milita in Seconda Categoria – con tanto di ultras al seguito – accende di passione un intero quartiere incarnandone lo spirito barricadero e popolare, portandone addirittura il nome nella sigla sociale: Atletico San Lorenzo. Un rapporto simbiotico che va al di là dei risultati sul campo. La compagine rossoblu infatti si erge su quegli stessi valori cha hanno fatto la storia del quartiere: rispetto, solidarietà, aggregazione, lealtà, trasparenza, antifascismo, antirazzismo e antissesimo. Non solo calcio però, negli anni l’Atletico San Lorenzo si è aperto ad altre discipline (settore giovanile, calcio femminile, basket, volley) diventando una vera e propria società di sport popolare. Insomma, un’idea folle nata “nella strada”, buttata lì quasi per gioco e che ha invece intercettato una forte esigenza e necessità degli abitanti (e non solo) del quartiere, prendendo coraggiosamente forma fino a diventare un bellissimo sogno condiviso e partecipato. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Andrea Greco, socio della primissima ora.

Foto di Alberta Cuccia
Foto di Alberta Cuccia

Per iniziare, una domanda da tifoso: che cosa ha fatto l'Atletico San Lorenzo nell'ultima partita?

L’ultima partita ufficiale dalla nostra squadra si è giocata il 1 marzo 2020 e abbiamo vinto 2-1 in casa contro lo Sporting Aniene. Per la cronaca, ha segnato il grande Alberto Caci, nostro allenatore/giocatore, ex capitano di lungo corso e ora mister della squadra, e Luca Biondi, uno studente fuorisede siciliano. Poi è arrivata la pandemia. Lo scorso campionato è stato interrotto e non è più ripreso, mentre per la stagione attuale si è giocata praticamente solo la prima giornata lo scorso 25 ottobre, ma molte squadre, compresa la nostra, non sono potute scendere in campo perché avevano qualche giocatore positivo. Sono quindi più di otto mesi che non giochiamo e la cosa comincia a essere veramente dura, soprattutto se poi viene rapportata al calcio delle serie maggiori che invece va avanti come una sorta di teatrino senza pubblico e con tutte le garanzie sanitarie per i calciatori, mentre un cittadino normale deve peregrinare per fare un tampone o ricevere una visita.

Come, quando e perché è nato l'Atletico San Lorenzo?

Il progetto nasce sette anni fa, nell’estate del 2013. L’obiettivo iniziale era da un lato quello di formare una squadra di calcio rappresentativa del quartiere e capace di competere nei campionati federali, dall’altro creare una forma di aggregazione sugli spalti libera dalle restrizioni repressive e dagli ingranaggi commerciali del calcio dei padroni. Le spinte sono state molteplici: da una parte chi voleva giocare e tifare una squadra del proprio quartiere, dall’altra una componente ultras sempre più schifata dal livello repressivo raggiunto nelle curve che voleva cimentarsi in un’esperienza di aggregazione più “libera” che fosse come un “ritorno alle origini”, dall’altra ancora compagni e compagne di alcune realtà del territorio che si erano stufati della politica da “riserva indiana” sempre lontana dalla quotidianità reale dei quartieri. L’idea non si sa bene da chi sia partita prima: forse non è importante o forse semplicemente era un qualcosa che era già nell’aria, nel cuore e nella mente di tante persone. All’improvviso sembrava che tutti volessero fare quella squadra: sembrava che nel quartiere non si aspettasse altro che mettere insieme tutta ‘sta roba. È stata “una combinazione magica” che aveva solo bisogno di essere lanciata.

C'entra qualcosa il San Lorenzo di Buenos Aires?

Si, certamente! Nella scelta del nome all’inizio avevamo varie proposte – San Lorenzo United, Dinamo San Lorenzo, Spartak – ma poi fu decisiva la leggenda proveniente dal “barrio de Boedo”, Buenos Aires, Argentina. Quella è la terra del Club Atlético San Lorenzo de Almagro, squadra famosa in tutto il mondo per la passionalità e “los canticos” della sua “hinchada”, per le lotte portate avanti dai suoi tifosi, per lo spirito proletario e ribelle della sua gente. Ci sembrava proprio che quel quartiere somigliasse in tutto e per tutto alla nostra San Lorenzo. Non ci fu storia! Decidemmo che la nostra squadra si sarebbe chiamata Atletico San Lorenzo e che i colori sociali sarebbero stati il rosso e il blu. E abbiamo tradotto anche il loro famoso coro “dice que estamos todos de la cabeza” nel nostro “dice che siamo tutti fuori di testa”.

Quali sono stati i primi passi?

Si può dire che l’Atletico San Lorenzo è nato veramente “nella strada”, in quel lembo di Via dei Volsci che va dal Bar Marani fino al vecchio Spazio Sociale 32. All’epoca, era l’inizio dell’estate del 2013, su quel pezzo di asfalto c’erano la Libreria Zafari e il Rebel Store 41, sorto sulle ceneri e nello stesso luogo della vecchia Libreria Internazionale di Valerio Marchi. Entrambi i posti avevano una panchina davanti all’entrata, messa lì a dire che erano non solo delle librerie, ma anche e soprattutto dei punti d’incontro, di scambio e di ritrovo. È davanti a quelle panchine che nasce il “grande sogno dell’Atletico”, con qualche puntata più in giù fino alla Palestra Popolare e al Nuovo Cinema Palazzo, e deviazioni notturne al Sally Brown Rude Pub. In quell’estate, quando portammo il progetto dentro “le chiacchiere” di Via dei Volsci e dintorni, ne furono tutti entusiasti. L’argomento unico di discussione dei tanti capannelli lungo la via era uno e uno solo: la squadra di “pallone” di San Lorenzo che stava per nascere! Da lì in poi fu tutto un susseguirsi di riunioni, incontri, appuntamenti in federazione, richieste di consigli e preventivi vari, sopralluoghi nei campi e selezioni aperte per formare la squadra. Il quartiere era tutto un fermento: le assemblee aperte nel giardino del Bar Marani furono mitiche, affollatissime e punto fondante del modello condiviso e partecipato che stavamo per lanciare. L’11 luglio del 2013 è la data da segnare negli annali, convenzionalmente indicata come il giorno della nascita dell’Atletico San Lorenzo. In una Piazza Immacolata stracolma di persone e che ribolliva di entusiasmo si presentò il progetto al quartiere e venne lanciato l’azionariato popolare “in salsa sanlorenzina”: la tessera di adesione al progetto costava solo 10€ per permettere a tutti di dare il proprio sostegno. Fu un successo a dir poco incredibile e soprattutto inaspettato. In soli pochi giorni vennero sottoscritte la bellezza di trecento tessere e furono raccolti i soldi per iscrivere la squadra al campionato e acquistare le divise sociali.

Chi sono stati i primi soci?

Da un punto di vista formale, l’associazione sportiva dilettantistica si costituisce il 9 agosto 2013 con l’apporto di 11 soci fondatori, rappresentativi delle varie realtà del quartiere che sostenevano il progetto. Le cariche sociali dell’Atletico San Lorenzo, incluso il presidente, sono però figure meramente rappresentative, dal momento che il processo organizzativo e decisionale della polisportiva ha un carattere partecipato e condiviso che si esplica attraverso il meccanismo assembleare, aperto a tutti i soci dell’azionariato popolare. Nella prima campagna arrivammo a circa quattrocento soci, dei quali, come detto prima, trecento nei primissimi giorni di lancio del progetto. In quel periodo di grande entusiasmo raccogliemmo l’adesione anche di personaggi come Ascanio Celestini, Diego “Zoro” Bianchi, Luca degli Assalti Frontali, Elio Germano e Valerio Mastandrea. Persone in qualche modo affini e che in ogni caso versarono la quota di 10€ come tutti gli altri, proprio a dimostrare che non c’erano e ci sono differenze tra tutti i soci e le socie dell’Atletico San Lorenzo.

L'azionariato popolare è l'essenza e la definizione più giusta del calcio popolare?

Dare una definizione univoca di “calcio popolare” è molto difficile. Intanto una precisazione, l’Atletico San Lorenzo è nato come società di calcio, ma nel giro di pochi anni ha visto nascere un settore giovanile, una squadra di calcio a cinque femminile, una squadra di basket maschile, una di basket femminile e infine una di volley mista. Ormai è di fatto una società di sport popolare. Anche lo stemma nel tempo è cambiato accogliendo, per l’appunto, la dicitura “sport popolare” al posto dell’iniziale “calcio popolare”. Forse questo risponde in parte alla domanda: da un gruppo di “scemi” che voleva andarsi a vedere le partite in libertà, tifare per il proprio quartiere di riferimento, creare un tipo diverso di aggregazione sugli spalti, si è sviluppato poi un progetto che fa del diritto allo sport la propria essenza. In poche parole, sport popolare è: organizzati con la tua comunità, libera gli spazi, rendili accessibili a chi ne voglia far parte, sii padrone di te stesso e di ciò che stai facendo e se le regole non te lo consentono, forzale! Oggi, con la crescita del progetto, l’obiettivo è anche quello di garantire il diritto allo sport a tutte le fasce senza distinzioni di ceto sociale, di reddito, di status, di etnia, di sesso. E farlo anche bene: dalla formazione dei ragazzi, degli istruttori e tecnici (sportiva e comportamentale), alla crescita sportiva e organizzativa per poter competere nei campionati di riferimento. Il tutto con un occhio di riguardo alle questioni sociali che attraversano il nostro territorio.

Prima hai parlato di una necessità del quartiere, di un rapporto praticamente di totale osmosi tra l'Atletico San Lorenzo e i suoi centri sociali. Si può dire qualcosa in più di questo aspetto?

Certo. Come detto, in quell’estate sembrava che nel quartiere non si aspettasse altro. C’era una strana e forte alchimia e sembrava che tutti volessero quella squadra. Quando ci siamo immaginati il progetto la prima cosa che abbiamo pensato è stata quella di parlarne in giro nel quartiere e coinvolgere tutte le realtà sociali che già esistevano (e che in alcuni casi si guardavano anche in cagnesco). L’Atletico San Lorenzo ha sperimentato una nuova modalità dello stare insieme, basandosi su delle parole chiave molto semplici che poi sono i nostri valori condivisi e inseriti nello statuto: rispetto, solidarietà, aggregazione, lealtà, trasparenza. Attraverso questi semplici concetti abbiamo costruito qualcosa di nuovo in cui potessero identificarsi tutte le persone del quartiere e non, a prescindere dalla loro provenienza, dal loro background e anche dalle appartenenze politiche. Le uniche credenziali richieste per poter partecipare allo sviluppo del progetto erano – e sono ancora oggi – l’entusiasmo e l’adesione ai suoi valori fondanti, che si esplicano nell’antifascismo, l’antirazzismo e l’antisessismo. Il quartiere di San Lorenzo, poi, ha sempre avuto una tradizione forte di associazionismo, di partecipazione e di protagonismo popolare e politico, e questo sicuramente ha facilitato le cose. Come spesso ci piace ripetere, alcuni di noi dicono che una roba come l’Atletico non sarebbe potuta nascere e crescere così rapidamente in nessun altro posto che non fosse San Lorenzo. Poi, nel corso degli anni, i rapporti con le altre realtà del territorio si sono intensificati e oggi l’Atletico fa parte della rete delle realtà del quartiere che prende il nome di Libera Repubblica di San Lorenzo, attraverso
la quale si portano avanti battaglie comuni sui temi importanti per il quartiere, oppure campagne di solidarietà e di supporto come la Quarantena Solidale, che ci ha visti attivi nell’aiuto concreto alle fasce più deboli della popolazione durante l’emergenza sanitaria. Ci appoggiamo, inoltre, ai centri sociali del quartiere per le nostre iniziative di autofinanziamento. In particolare, il rapporto quasi di “simbiosi” è quello che si è instaurato con il Nuovo Cinema Palazzo, uno spazio in cui il progetto dell’Atletico ha avuto una forte spinta e in cui ha potuto consolidarsi e crescere, apportando, in un’ottica di mutualismo reciproco, nuove forme di partecipazione, di socialità e di apertura al quartiere. Purtroppo, il Cinema Palazzo è stato oggetto di uno sgombero infame lo scorso 25 novembre, e da quel giorno è in corso una grossa mobilitazione popolare, in cui l’Atletico San Lorenzo è protagonista, per ritornare al più presto all’interno dello spazio e farlo tornare ad essere quel “luogo del possibile” che è stato nel corso dei suoi quasi dieci anni di storia, da quando cittadini e associazioni lo occuparono per scongiurare la trasformazione dell’immobile in un casinò.

Come è stata la risposta del pubblico - delle atlete e degli atleti intendo - all'apertura dell'Atletico ad altri sport?

Con il tempo il progetto si è espanso, anche per la sola e pura voglia di fare sport. Sembrerà una battuta, ma veramente in alcuni casi è andata così, con gente che si presentava in assemblea dicendo: “Salve, abbiamo visto quello che state facendo con il calcio e ci piace molto, volevamo fare una squadra di basket – o di calcio femminile, o di pallavolo, o di bocce, o di curling – si può fare?”. La risposta è sempre stata: “Si può fare tutto, mettiamoci a un tavolo e capiamo come”. E così sono nati gli altri progetti. Su questo ha certamente influito la centralità del quartiere San Lorenzo, la sua frequentazione da parte della popolazione universitaria, la sua vocazione di “quartiere ribelle” che comunque favorisce un fermento di idee, proposte e novità. In molti casi, invece, le proposte sono partite dagli stessi tifosi della squadra di calcio a undici. Quindi non c’è un vero e proprio “pubblico” di atleti e atlete destinatari dei nuovi progetti: tutte le nuove discipline sono state create e spinte dall’interno, attraverso l’entusiasmo e la partecipazione delle persone.

Qualche anno fa ho intervistato Lorenzo Giudici del C.S. Lebowski di Firenze e mi ha raccontato che uno dei motivi per cui hanno fondato una squadra di calcio popolare era anche il cambiamento che stava avvenendo nel calcio di Serie A e quindi in contrapposizione con una deriva repressiva e affaristica. Anche per voi è stato così?

Ogni realtà ha una propria specificità. Se prendi le squadre di calcio popolare nate in tutta Italia vedi che ci sono molte differenze nella genesi dei progetti. In buona sostanza si può dire che i tre filoni principali da cui sono nate la maggior parte delle esperienze sono o la provenienza dal mondo delle curve, o la dinamica di quartiere, o l’impulso delle realtà politiche del territorio. L’Atletico San Lorenzo ha forse la sua specificità nel fatto che è nato dall’unione di tutte e tre le singole spinte e non da una sola di esse. Certamente c’era una componente forte che voleva sperimentare una modalità di contrapporsi alla crescente spettacolarizzazione mediatica che ha sovrastato gli aspetti più genuini dello sport e del calcio in particolare; che voleva emanciparsi dai meccanismi di controllo e repressione che si sono sperimentati nelle curve degli stadi ormai da decenni; che voleva costruire dal basso uno progetto alternativo basato sulla condivisione, sull’aggregazione e su tutti quegli aspetti sociali che il “calcio moderno” non è più in grado di offrire; che voleva combattere la logica del profitto nello sport contrapponendogli un modello originale e partecipato, alla cui base c’è la gestione delle attività sportive attraverso l’autofinanziamento e l’autorganizzazione.

Come è organizzata la vostra società? E quante difficoltà ci sono a tenere tutto in piedi?

In primo luogo l’Atletico San Lorenzo si fonda sul concetto di azionariato popolare: ogni membro deve sentirsi parte del progetto e ognuno vale uno. Quindi autofinanziamento, che vuol dire anche autogestione e partecipazione. Siamo felici e più che orgogliosi del fatto che in questi sette anni, nonostante una crescita incredibile del progetto, non abbiamo mai dovuto cedere alla tentazione di affidarci a sponsor. Dal punto di vista gestionale, l’assemblea dei soci costituisce l’organo decisionale della polisportiva: è pubblica, solitamente a cadenza mensile, ed è aperta a tutti gli atleti, ai soci dell’azionariato popolare e ai genitori dei giovani atleti. Tutte le decisioni importanti e le linee guida sono prese dall’assemblea, ma, vista anche la crescita e la complessità del progetto, si sono costituiti nel corso degli anni dei gruppi di lavoro trasversali che si occupano delle varie aree di attività. Infine, ci sono gli staff tecnici delle varie discipline sportive che lavorano sempre sotto l’egida e la regia dell’assemblea e sono coadiuvati dai vari gruppi di lavoro. Trattandosi di una polisportiva che conta ormai diversi settori, i gruppi di lavoro e gli staff tecnici hanno anche una buona autonomia decisionale.

Affrontare i costi di gestione è stato difficile, soprattutto all'inizio?

Diciamo che all’inizio i costi non erano molti e siamo riusciti ad affrontarli grazie all’entusiasmo e alla partecipazione del quartiere e della gente. Con la crescita del progetto sono aumentati e abbiamo sperimentato nuove modalità di finanziamento per poter chiudere tutte le stagioni in pareggio di bilancio, malgrado i valori numerici si siano duplicati e poi triplicati. Ci siamo resi conto che la parte più consistente dei costi sono quelli che si spendono per l’utilizzo degli spazi, dato che c’è una forte carenza di luoghi dove fare sport nella città di Roma e che la maggior parte siano gestiti da privati e sacrificati sull’altare del profitto. Abbiamo sempre cercato di avversare questo meccanismo spingendo sull’idea che lo sport sia un diritto per tutti e tutte e che gli spazi per lo sport debbano essere a disposizione della comunità. È una battaglia che portiamo avanti da anni e che nel nostro caso si riferisce in particolare all’impianto sportivo storico del quartiere San Lorenzo che è gestito da una fondazione religiosa e che è anch’esso interessato da dinamiche di speculazione economica. Abbiamo preso parola su questo argomento elaborando un dossier molto specifico e mirato che ha come obiettivo quello di riportare lo spazio sportivo del quartiere a disposizione della cittadinanza. Dal punto di vista delle entrate, abbiamo sperimentato come il modello dell’azionariato popolare sia quello più sostenibile anche dal punto di vista economico: se il finanziamento è affidato a 400 soci e socie che credono nel progetto sicuramente ci sono minori possibilità di “fallire” rispetto al modello classico delle società sportive basato sulle disponibilità di un presidente, sull’apporto degli sponsor commerciali o sulle cordate di imprenditori vari. Questo assunto lo abbiamo sperimentato anche in questa stagione tribolata a causa dell’emergenza Covid: in mancanza degli introiti di eventi e iniziative abbiamo lanciato una campagna di aumento della quota associativa, attraverso la quale, con il contributo di tutti i soci e le socie, siamo riusciti comunque a conseguire l’obiettivo stagionale di chiusura del bilancio.

Mi parli delle squadre giovanili? Penso sia una delle soddisfazioni più grandi riuscire a far divertire i bambini del quartiere comunicandogli nel frattempo i valori umani.

Il progetto di calcio giovanile nasce quasi spontaneamente agli inizi della nostra avventura: a cavallo tra il 2013 e il 2014 alcuni tra i calciatori e i sostenitori dell’Atletico San Lorenzo hanno cominciato a organizzare degli allenamenti per i piccoli del quartiere. Oggi quel progetto è cresciuto in maniera esponenziale diventando quella che definiamo la “Scuola Calcio Popolare”: un’attività di calcio giovanile che conta più di cento bambini e bambine, ragazzi e ragazze, con età dai sei ai sedici anni e provenienti da ben ventisei nazionalità diverse, suddivisi in sei squadre che partecipano ai campionati ufficiali: piccoli amici, primi calci, pulcini, esordienti, giovanissimi, allievi. Il modello è basato anche qui sul diritto allo sport per tutte e tutti che si declina nella possibilità di accesso indipendentemente dalle origini e dalle condizioni economiche delle famiglie di provenienza. Un sistema partecipativo e sostenibile che consente di mantenere i costi minimi per le quote d’iscrizione (che sono gratuite nei casi di difficoltà o indigenza) attraverso il coinvolgimento attivo dei genitori nelle attività di supporto al club. Secondo noi la scuola calcio deve essere prima di tutto un veicolo di formazione ludico-sportivo-culturale e oggi più che mai deve difendere e portare avanti un messaggio d’integrazione e uguaglianza. Noi crediamo che sia inutile sbandierare i soliti valori dello sport come il rispetto dell’avversario se non c’è il rispetto per le persone tutte, se non si considera un diritto di tutti quello di fare sport e quello di avere degli spazi dove praticarlo. Con i nostri ragazzi e le nostre ragazze giochiamo a calcio, partecipiamo e organizziamo eventi sportivi con altre discipline (basket, volley, atletica), partecipiamo e organizziamo eventi culturali e di solidarietà secondo i dettami dei nostri valori. Schieriamo in campo con le nostre squadre giovani atleti e atlete con provenienza da ben ventisei Paesi, combattendo sul campo tutte le forme di discriminazione e di esclusione sociale. Ma, a costo di sembrare banali, la cosa che più ci rende felici è vedere al reazione dei piccoli quando passano i giocatori delle squadre senior: sembra che stiano passando Totti o De Rossi e non ci capiscono più niente. Oppure sentirli in giro per il quartiere (e non) che cantano i cori ascoltati durante le partite – qualche volta con forte imbarazzo da parte di genitori! Ecco, lì capisci che tutti gli sforzi stanno portando a qualcosa di buono. O forse stiamo rovinando una generazione, dipende…

Condividete principi, valori e ideali con altre società simili alla vostra: Stella Rossa Venezia, ASD Quartograd, Lokomotiv Flegrea e Stella Rossa 2006 di Napoli, Gagarin Teramo, Ardita Due Mari a Taranto. Insomma, già dai nomi è facile evincere il filo rosso che vi collega. Ed è un fatto emblematico vedere in quanti abbiano scelto il calcio minore come scelta di vita. Avete qualche gemellaggio?

Non abbiamo veri e propri gemellaggi, ma siamo in rapporto con tutte le realtà che hai citato e con tutte le squadre popolari che sono sorte in Italia attraverso una Rete del Calcio Popolare che si è andata formando nel corso degli anni. Portiamo avanti battaglie comuni e cerchiamo di scambiarci esperienze e prassi organizzative per far funzionare al meglio i nostri progetti. Sicuramente abbiamo dei rapporti più forti e consolidati con alcune realtà con le quali condividiamo un’attitudine e un’amicizia più profonda, e tra questi ci piace ricordare la Gagarin Teramo, il Lebowski di Firenze e la Borgata Gordiani di Roma.

Pensi che l’esempio dell'Atletico San Lorenzo possa in qualche modo cambiare le cose e ridefinire lo sport a tutti i livelli?

Come Atletico San Lorenzo pensiamo che la cosa che ha più senso sia quella di partecipare ai campionati di categoria, perché lo sport popolare è vincente se è competitivo nei confronti dello “sport che a noi non piace”. L’obiettivo delle nostre squadre dal punto di vista sportivo è quello di partecipare ai campionati federali con il fine di dimostrare che un modello di sport alternativo non solo è possibile, ma è anche vincente sul campo, con lo scopo di portare i propri valori all’interno delle strutture organizzate e sui campi e gli spalti dove le squadre sono impegnate. Ma l’Atletico San Lorenzo non è solo sport, non è una semplice associazione sportiva: vogliamo essere un motore di trasformazione sociale, un punto di riferimento per la crescita e lo sviluppo del quartiere, con l’intento di costruire attraverso lo sport un veicolo per trasmettere valori sociali ed etici, combattere ogni forma di discriminazione e costruire un futuro migliore. Per questo motivo, oltre alle attività sportive, organizziamo e promuoviamo un gran numero di iniziative ed eventi sociali, culturali e musicali, così come momenti di solidarietà e aggregazione nel quartiere e per il quartiere. Inoltre, ci poniamo in maniera critica rispetto ai processi di gentrificazione e sfruttamento che interessano profondamente il nostro territorio e poniamo al primo posto della nostra idea di sport e di società i valori dell’antifascismo, dell’antirazzismo, dell’antisessismo e della lotta a tutte le forme di discriminazione.

Che sensazione è stata concretizzare il sogno dell'Atletico San Lorenzo? Perché è di sogno che stiamo parlando.

Le cose accadono e non si riescono sempre a prevedere, ma alla fine la fatica e l’impegno portano sempre a qualcosa di buono. L’Atletico San Lorenzo, così come le esperienze di sport popolare fiorite in tutta Italia, dimostrano che ancora si può fare molto, che non è vero che siamo in un’epoca in cui non può nascere niente di buono a livello aggregativo e politico. Siamo invece la dimostrazione che, credendoci e sporcandosi le mani, i sogni e le utopie si possono anche realizzare, e a volte la realtà li supera anche.

Qual è il coro dell'Atletico San Lorenzo che ti piace di più?

“Resistemmo alle bombe e ai fascisti, la tua storia lo dice e lo sai, San Lorenzo dai lotta e resisti, canteremo per farti trionfar!”.