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Double Trouble Bologna: due gemelle di origini africane contro il fast-fashion

Nel laboratorio di via degli Albari, dove nascono le loro produzioni in pelle di riuso, wax e paglia

quartiere Zona Universitaria

Scritto da Salvatore Papa il 31 gennaio 2022
Aggiornato il 9 marzo 2022

Attività

Stylist

Caterina e Margherita Libouri, gemelle classe 1991, bolognesi doc con padre gabonese e madre italiana. Un “doppio problema” (double trouble), direbbero gli anglosassoni di loro (o dei gemelli in genere), espressione che ha dato il nome alla loro impresa artigianale (Double Trouble Bologna) che dal 2021 ha trovato la propria sede in via degli Albari 5/a.

 

Partiamo da voi.

Margherita: Io mi occupo della produzione. Mi sono laureata in fashion design nel 2017 all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Precedentemente avevo fatto un erasmus in Turchia dove avevo iniziato a cucire delle borse e a interfacciarmi con la lavorazione della pelle. La prima linea di Double Trouble è nata lì.
Caterina: Io mi occupo della comunicazione, del sito e del digital marketing.

Come nasce Double Trouble Bologna?

Nasce nel salotto di casa nostra nel 2016. Abbiamo iniziato prima a vendere sul sito, poi è arrivata l’esigenza di avere un luogo fisico perché ci siamo rese conto che molta gente ha ancora bisogno di vedere e toccare.

Credete ci sia una rinascita dei laboratori artigianali?

Assolutamente sì. Probabilmente perché molti sono stanchi delle catene di abbigliamento, forse perché è aumentata la sensibilità verso un certo tipo di produzioni. Ce ne siamo rese conto quando abbiamo preso questo laboratorio, pensato come co-working: ci siamo stupite di quanta gente cercava un posto con le nostre stesse esigenze, per portare la propria produzione fuori di casa e fare un passo in avanti.
Qui con noi oggi ci sono anche due orefici, una ragazza che lavora con la ceramica (Pepaflaca) e un ragazzo che lavora con l’argento (Dedos Jewels) con cui ci supportiamo molto.
Ci piace l’idea che chi viene qui può trovare più cose.
Anche se quello che facciamo è una sorta di artigianato 2.0, con una grossa base imprenditoriale basata sull’e-commerce.

Lavorate solo la pelle o anche altro?

Soprattutto pelle, ma lavoriamo anche con la paglia e il wax, una stoffa colorata che generalmente viene considerata africana anche se in realtà viene prodotta in Europa. Noi la compriamo dalla Francia. Abbiamo iniziato mettendola dentro le borse come fodera e siccome piaceva molto l’abbiamo usata anche per l’abbigliamento, soprattutto kimoni e pantaloni.

Perché la pelle?

Perché è un materiale molto duraturo. È il motivo per cui quando ci chiedono di lavorare della simil pelle, della plastica, ecc. preferiamo declinare. Poiché il tempo di lavorazione è lo stesso tanto vale fare qualcosa che duri nel tempo.

Inutile sprecare...

Esattamente. L’anti-spreco è proprio quello che ci caratterizza. Tutto quello che facciamo è fatto con degli scarti provenienti da fondi di magazzino, campionari ecc. che troviamo sia in Toscana che nelle Marche dove ci rechiamo un paio di volte l’anno. Quello che poi rimane da lì, le striscioline di pelle, vengono cucite a loro volta come dei patchwork e da lì nascono delle borse fatte interamente così. Usiamo tutto quello che è possibile senza buttare via nulla.

Qual è la vostra principale fonte di ispirazione?

Sicuramente le nostre origini centro africane. E poi l’amore che abbiamo per il Nord Africa. Prima che arrivasse il covid andavamo spesso un a Marrakech e in Marocco a comprare la paglia. Quindi parte della materia prima viene da lì, anche se poi la pelle è italiana perché la qualità della pelle italiana è superiore.

Quali sono i vostri pezzi forti?

Il tortellino a portachiavi è uno dei pezzi più venduti, sia singolarmente che alle aziende come gadget. Anche perché ha un prezzo accessibile (il più piccolino costa 19.90) e si può personalizzare con un’etichetta o le iniziali. Ma lavoriamo molto sul personalizzato.
Il classico scenario è quello della signora che ha una borsa che ha usato per molto tempo e ne vorrebbe una uguale. Quindi viene qui, sceglie la pelle, il colore del filo, la minuteria e dopo tre settimane o un mese le diamo la borsa fatta per lei. È un servizio che facciamo da sempre.

Da chi è formata la vostra clientela?

Tante donne, non particolarmente giovani. C’è qualche studentessa ma sono poche, soprattutto perché le nostre borse sono in media sui 200 euro. Chiaramente il tortellino ce lo chiede chiunque, per il resto vengono donne tra i 30 e i 50 anni che apprezzano molto l’unicità.

Richieste folli?

Sempre. Ultimamente una signora ci ha chiesto una borsa a forma di fisarmonica; un’altra una borsa che avesse un cassetto estraibile dove mettere dei gioielli di valore. Cose difficilissime da realizzare. Ma anche mazze da baseball oppure delle variazioni al tortellino: il raviolo, un nido di tagliatelle o addirittura le cozze. Avevamo anche provato a farla la cozza, ma non rendeva.
Ma il cliente più singolare che abbiamo avuto è stato un ex prete che ogni volta si faceva ricoprire delle vecchie bibbie con della pelle non proprio sobria, tipo serpentata rossa, a coccodrillo o a pois.

Il vicinato com'è?

Oltre al Centro Natura, che è storico, ultimamente abbiamo dei nuovi vicini,  i tatuatori di Horror Vacui che prima erano in San Vitale e ora si sono trasferiti qui. Abbiamo poi scoperto che la piazzetta diventerà totalmente pedonale a breve e questo in una prospettiva futura ci aiuterebbe molto. Anche se quello che vorremmo fare è provare attraverso il bando Incredibol ad avere uno spazio un po’ più grande in comodato d’uso.

A cosa state lavorando ora?

Stiamo lavorando sull’estate, stagione in cui ci dedichiamo un po’ di più sull’abbigliamento (saranno disponibili anche delle borse di paglia). Poi avendo fatto partire dei corsi di cucito, vorremmo implementarli diversificando l’offerta. Al momento offriamo un corso da 50 ore ma vorremmo farne uno che dura un po’ meno. E faremo un corso online per la vostra scuola Zero+ il 23 e il 30 marzo.

Cosa impareranno i partecipanti della room su Zero+?

In quattro ore proveremo a fargli realizzare una custodia porta laptop o tablet e a riconoscere la qualità dei materiali, gli strumenti di lavoro e i macchinari necessari. Il modello sarà già disegnato, ma la custodia verrà costruita in autonomia.