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Tinariwen e Piers Faccini

10/7/2007, Villa Arconati a Castellazzo di Bollate (Milano)

di Luca Salice

Ténéré. Una parola che ad alcuni sciagurati ricorderà una moto da enduro, particolarmente indicata per superare le ripide dune di corso Italia. Ténéré in lingua tuareg significa semplicemente "deserto" ed è una parola che ricorre spesso nelle canzoni dei Tinariwen, leggendari Uomini Blu, tuareg appunto. Imbracciano chitarre elettriche e salgono su un palco a sciorinare racconti di lotta. Hanno sguardi corrucciati, turbanti e pelle segnata dal sole. E come Kyuss, Giant Sand, Doors o Grateful Dead, suonano una musica desertica, dilatata e speziata. La loro è un'esigenza primaria, una necessità di alimentare il fuoco della resistenza: chitarre e kalashnikov, insomma. Inni partigiani prima, dichiarazioni di identità culturale dopo. Roba da gente ai margini delle società del Mali e del Niger, in costante lotta col deserto e la mancanza d'acqua. Justin Adams, compositore e chitarrista degli Strange Sensation di Robert Plant, li scova nel 2000. Nel 2006 produce il loro terzo disco "Aman Iman: Water Is Life" uscito all'inizio di quest'anno. Come dite, le loro canzoni vi sembrano tutte uguali? Anche le dune del deserto lo sono. Degno accompagnatore fra la sabbia, Piers Faccini, già ammirato in solo o come supporto a Ben Harper.

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