Vorrei scrivere un articolo “illeggibile”, ma alla fine sarà un articolo “inutile”, come le macchine che Bruno Munari realizzava anni prima di quelle celibi (e forse più celebri) di Tinguely. Questo solo dopo essere passato tra le file del secondo futurismo e prima di trovarsi fra i promotori del Movimento dell’Arte Concreta. Popolare soprattutto per i progetti legati al design, alla grafica e alla didattica, la creatività di Munari era originariamente votata alle arti visive, anche se poi si è rivelata così vorticosa e inarrestabile da aver bisogno di sconfinare in continuazione. Ma ancor prima di essere artista, Bruno Munari era un uomo semplice, cresciuto in una famiglia di albergatori sulle rive dell’Adige, tornato a Milano da diciannovenne per lavoro (come molti di noi) e che negli ultimi anni di vita trascorreva le sue vacanze a Monte Olimpino, dove contribuì alla fondazione del Laboratorio di cinema e ricerca. La sua città lo ha celebrato più volte, anche quando era in vita e da poco più di un anno il Museo del Novecento gli ha dedicato una sala; ora è il turno di questa mostra che prosegue idealmente quella del 1996 alla Fondazione VodozDanese. Un consiglio: visitatela come foste dei bambini, “sanno quello che vogliono, non hanno tanti preconcetti”. Bruno Munari apprezzerebbe.
Munari Politecnico
5/4/2014 - 7/4/2014, Museo del Novecento, Via G. Marconi 1, Milano
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