Tendiamo sempre a minimizzare le cose buone o a lamentarci perché, nella nostra città, siamo carenti di questo o di quello. E invece, circa ogni 5 anni, qualcuno decide di fare i conti con le realtà artistiche indipendenti che viviamo e, pensate un po’, non è poi così male. Milano non è più la città sperimentale di Lucio Fontana e Piero Manzoni, le cui cazzate raccontate al bar Brera hanno poi fatto la nostra storia? Chi la pensa così evidentemente non gira molto. Milano è ancora quella degli spazi indipendenti, come dieci anni fa quando si affacciavano Mars, Lucie Fontaine, lo spazio Brown fondato da Luigi Presicce e amici, Peep-Hole o le Dictateur di Cattelan, Ferrari e Pepe. Alcuni di questi non esistono più, altri sopravvivono, e lo fanno bene. Negli ultimi 2 o 3 anni, comunque, si sono sviluppate sulla scena realtà ancora più giovani, aperte da neodiplomati a Brera, come Armada, la rigorosa combriccola dell’ultima generazione che ha studiato con Alberto Garutti; poco raccontano fuori dal loro circuito, ma invitano artisti internazionali, di età inferiore ai 30 anni, come loro, a fare la prima mostra italiana in uno spazio bellissimo, ex industriale in Bovisa; o come Caterina Molteni, Roberta Mansueto e Denise Solenghi di Tile project che, sulla circonvallazione esterna, si sono appropriate di un ex scantinato/laboratorio di zucchero filato e chiamano artisti a realizzare un progetto ad hoc e una fanzine come testimonianza. Luoghi aperti da curatori e galleristi, come Cabinet e la sua nuova emanazione Studiolo, che condivide il cortile con uno “storico” Giò Marconi, esponendogli davanti artisti giovanissimi e ben più sperimentali. Citando Marconi e “galleria”, l’anno scorso anche Beatrice Ghiglione ha aperto un elegante spazio, BeatTricks, con artisti italiani e internazionali e giovani curatori sempre diversi. E ancora di curatori trattasi per Dimora Artica, aperta da Andrea Lacarpia con legami con l’associazione – no-profit anche lei – Progetto Città Ideale (Mirko Canesi, Fiorella Fontana, Stefano Serusi) con la quale hanno in gestione per quattro anni l’Edicola Radetzky sulla Darsena: luogo che stanno restaurando per organizzare mostre d’arte contemporanea, dopo avere vinto un bando del Comune di Milano. E poi the Workbench, ex laboratorio di gioielli gestito da Pietro Di Lecce che cura quasi una mostra al mese con un’ottima scelta di artisti e una linea legata alla materia. C’è poi Fantaspazio, che ci piace tantissimo e che è stato aperto da Gloria De Risi, Alessio Baldissera e Alberto Zenere, tre giovani assistenti di gallerie super famose che, nelle notti e nei week end, fanno una ricerca meticolosa e studio visit ad artisti operosi della loro generazione. La scelta della location ha spaccato: un vecchio magazzino in un quartiere popolare sotto il ponte di viale Monza, e, ad ogni opening c’è la “fantafesta” al Mercato Comunale. Bravi. Poi ci sono i “cool”, o considerati tali, come il recentissimo Clima, aperto accanto a Raffaella Cortese per adescare, magari, non solo hipster. E poi ci sono le realtà “coquette”: quelle che vanno dritte per la loro strada, come Casacicca, la casa privata e unica sede fissa di Traslochi Emotivi, aperta due anni fa sui Navigli e da gennaio aperta al pubblico con novità strutturali. Anche la Sala d’attesa dello studio medico di via Bellini, ideato e curato da Anna Musini e Elisa Penagini, è un buon punto di ritrovo: avviene la domenica sera, dopo una passeggiata in centro, e si trovano sempre bravi artisti in mostra e in relazione tra loro, da Vedovamazzei con Ettore Favini, a Moira Ricci e Mario Airò fino a Enzo Cucchi con il giovane Gianni Politi. E poi ancora i nuovissimi e molto ricercati, ermes-ermes, Spazienne, Gaff, spazio /77 o, super centrale, viasaterna. Cosa hanno in comune? Sono tutti giovani – e quindi l’entusiasmo è ancora alto e le potenzialità da sfruttare -, fanno ricerca sul territorio (naturalmente ognuno con le proprie preferenze e personalità), sono no-profit (ma quasi tutte vendono le opere), e danno una scossa alla città.
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