„Gelateria“ c’è scritto sull’insegna di Mao Hunan, e più in piccolo un enigmatico „Latteria. W“. Ma se questo può essere un gioco messo in atto anche da altri locali, la vera sorpresa è all’ingresso: ci sembra letteralmente di essere catapultati in Cina, altro che Loreto. Ai tavoli quasi solo orientali: tavolate di amici su di giri e famiglie – quanto sono belle quelle bambine che mangiano il riso con la forchetta, mentre il padre „beve“ gli spaghetti in brodo direttamente con la bocca? -, mentre la parete è dominata da un disegno di Mao Tse-tung, il celebre dittatore di Shaoshan, nella provincia dell’Hunan appunto (da qui il nome).
Ci sediamo nell’ultimo tavolo libero, per fortuna abbiamo prenotato. Anche il menu è ispirato a Mao, almeno i piatti della prima parte con i suoi „consigli“, tra i quali scegliamo pancetta brasata di Mao, gamberi saltati di Mao, riso saltato con patate croccanti. Tre portate molto buone, abbondanti e non scontate, specialmente i gamberi con una panure di aglio (nella foto di apertura dell’articolo) e il riso. Ci son piaciuti di meno gli Shao Mai di Hunan, ravioli di maiale un po‘ troppo secchi. Ma ci ispiravano praticamente tutti i piatti di questa sezione, compresa la testa di Mao (o „pang-tou-yu“, che letteralmente significa pesce testa grande. In pratica pesce cucinato al vapore con salsa piccante).
È il momento del riscatto dei ravioli: arrivano quelli alla griglia e sono i migliori che abbia mai mangiato in città, una cosa per la quale potrei compiere qualsiasi sciocchezza. Eccezionali anche i fagottini di melanzane con salsa della casa: avrei mangiato anche altro sulla carta, ma dopo solo 6 portate in 2 eravamo pieni. La prossima volta cercherò di organizzare una tavolata in maniera tale da assaggiare tutto, compreso il capitolo „piatti che non sceglierete mai ma noi li mettiamo ugualmente“: polmone di manzo a fettine, zampe di gallina piccanti, fettine di rene saltate con peperoncino e altre fantastiche schifezze per cui mia moglie non mi bacerebbe per almeno tre giorni.
Anche ai lettori di Zero piace Mao (campagna Zero Magazine 2004 di Roberto Dal Bosco)
Il locale – visto anche l’ottimo rapporto qualità/prezzo – è spesso strapieno, il che genera confusione e i giovani camerieri/proprietari tendono a essere più lenti della cucina, per cui capita di dover andare via con i piatti sporchi ancora sul tavolo. Ma è davvero l’unico difetto, per giunta migliorabile, per cui lunga vita alla cucina di Mao!
Simone Muzza