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Enrico Bartolini - Mudec

ZERO hier: Va con la mamma e rimane estasiato.

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Enrico Bartolini - Mudec Via Tortona, 56
Milano

Zeitplan

  • lunedi 19:30–22:30
  • martedi 12:30–14 , 19:30–22:30
  • mercoledi 12:30–14 , 19:30–22:30
  • giovedi 12:30–14 , 19:30–22:30
  • venerdi 12:30–14 , 19:30–22:30
  • sabato 12:30–14 , 19:30–22:30
  • domenica chiuso

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Nahrung

Preise

Lo desideravo da tempo ma gli eventi a volte travolgono anche i desideri più forti. Enrico Bartolini finalmente arriva a Milano in un ristorante nuovo, spazioso, proprio all’ultimo piano del Mudec, l’ultimo grande museo inaugurato in città. Bianco, silenzioso, tavoli tondi, terrazza verde, poltroncine di pelle comodissime, insonorizzazione perfetta. 

Ci sono andato con mia mamma, un perfetto regalo di Sant’Ambrogio per entrambi.

La silenziosa sala del Mudec
La silenziosa sala del Mudec

Chiediamo il menù più economico, temendo di essere stati troppo prudenti: usciremo sazi e soddisfatti da un viaggio di sapori che non può non stupire. Fin dagli appetizer di benvenuto che sono generosi e ci accolgono alla velocità della luce nel mondo di questo chef davvero magistrale. 

La melanzana moderna cotta al forno è un manifesto di questo enfant prodige della cucina italiana, prima stella a 29 anni: la melanzana è minima e ricostruita, in una pelle lucidissima che ricorda una lacca orientale. Il resto è un concentrato di sapore.

La caramella di cipolla con fois gras e mango e polvere di olio naturale. Ritroveremo un’altra caramella alla fine, della stessa forma ma morbidissima e ancor più sorprendente. Chiediamo di accompagnarlo con uno champagne rosé: non c’è nulla di meglio per una giornata di festa.

Ci portano il pane fatto in casa con burro salato di Normandia con guarnizione di aceto lamponi e polvere di cappero, una stecca che mi ricorda un wafer ma soprattutto che fino a dieci minuti fa ero a dieta: ci vorrà molta boxe nel fine settimana e poi qualche digiuno qua e là in vista delle libagioni di Natale.

Musica jazz soffusa, voci nere, Metheny e fantasia. Alcuni parlano di un ambiente freddo, noi non siamo d’accordo: c’è silenzio e una perfetta predisposizione ad assaggiare i piatti senza troppe distrazioni. Non c’è rumore, il clima è temperato, così anche la luce, gli oggetti e lo scorcio sul verde. Non ci possiamo certo lamentare, soprattutto se abbiamo una mostra da commentare e un’altra che ci attende dopo pranzo.

La vera partenza è con l’uovo morbido con uova di salmone e zabaione salato, un vero capolavoro servito in un piatto scultoreo ovale in pietra. Uno dei nostri preferiti in questa breve carrellata. Il mio menu regala un baccalà mantecato, porro, salsa verde e cialde di mais, delicatissimo e abbondante. Deve esserci una memoria delle Calandre, dove Bartolini ha fatto esperienza agli esordi. Segue il raviolone di patate con salsa mascarpone, canocchie e nocciole, un piatto notevole che mi ricorda i profumi di Celeste, trattoria di Pellestrina, sulla laguna veneta, dove è obbligatorio andare prima o dopo qualche sagra locale. Beata mia madre, che sceglie i bottoni di olio e lime al sugo di cacciucco e polpo arrosto, il piatto forte del ristorante secondo il consiglio del maitre. Sono serviti con un liquido che scende da un bricchetto e circonda subito i bottoni, simili agli anolini, fantasticamente delizioso e scenografico. Questo è il piatto da non perdere. Avremmo provato anche il risotto Arlecchino a base di basilico e curry, motivo per tornarci presto.

Il piatto da non perdere al Mudec di Bartolini
Il piatto da non perdere al Mudec di Bartolini

Il mio secondo è l’ombrina con puntarelle e cachi, piatto solido e di gusto delicato. C’è un bel sole che passa appena attraverso i vetri e quel silenzio così distante dalla fiera degli Oh bej! Oh bej!, dalla strada, dalla Rinascente, dalla Galleria Vittorio Emanuele, di tutti quei meravigliosi assembramenti dove ci tufferemo più volentieri dopo essere usciti da questa oasi di silenzio, di profumi e di gusti lontani.

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Ci regalano come un cappero: il sapore di cappero c’è, ma c’è una crema al caffè, del cioccolato e del pan di Spagna con frutta secca. Come la melanzana moderna, è tutto sapientemente ricostruito.

Come un cappero di Bartolini
Come un cappero di Bartolini

La crema bruciata con ciliegie, meringhe e mirtilli ghiacciati è servita in un pentolino e basta quello a farcela amare: per gli appassionati della crème brûlée è un’apoteosi di gusto e di sorprese.

La friandise è un piccolo sandwich di cioccolato bianco: due cialde con crema di zenzero in mezzo e un foglio d’argento che potrebbe essere stato accartocciato da Tomàs Saraceno. Sono tutti intermezzi stupefacenti che danno a questo pranzo una percezione di rapidità, senza veri tempi di attesa, dove annoiarsi è davvero impossibile.

Chiudiamo con i bon bons di crema pasticciera, degna conclusione di una grande abbuffata e la caramella con mango liquido, in dialogo con la caramella di cipolla, consistenza liquida all’interno e gommosa per la carta che lo circonda: memorabile. Ne avanziamo due, che ci facciamo mettere in una riccibag, per portare un po’ di amore al di fuori del Museo, non prima di aver visitato le collezioni etnografiche, non certo sterminate ma di grande qualità, con un allestimento che ci è piaciuto e che conclude in modo perfetto questo viaggio nella creatività umana.

Corrado Beldì