Il Casoretto, un tempo frazione di Lambrate, è un quartiere incastrato tra piazzale Loreto, i binari della stazione Lambrate, via Padova e Purple Street, volgarmente detta via Porpora, l’arteria bituminosa dove sferragliano gli stessi tram arancioni di San Francisco. Non è Loreto, non è Lambrate, non è Città Studi, ma “el Casoret”, come dicono i vecchi che allungano sangue e giornate con i bianchini allo storico bar “La magia del Casoret”. Quasi dimenticavo: non è neanche “Piola”, come tanti pensano. È incredibile come una stazione della metro possa modificare la toponomastica di una città. Piazzale Piola è un’enorme e anonima aiuola chiusa in una rotonda; arrivarci è uno sport estremo. Quindi non ha davvero senso chiamare un quartiere con il nome di una fermata della metro verde. Oltretutto Piola è estremamente fuori dai confini del Casoretto, è già Città Studi.
All’ombra dell’abbazia quattrocentesca, che rappresenta l’antico e stupendo epicentro del barrio, è successo di tutto a livello di storia politica; da Mussolini a testa in giù in Loreto, visto dagli occhi infanti di Franco Loi, poeta massimo del quartiere, alla scoperta dei covi brigatisti dove si nascondeva parte del memoriale di Aldo Moro. Nel 1976 in viale Lombardia fu ucciso Pedenovi, consigliere provinciale dell’MSI, e nel 1978 accadde poco distante il vile assassinio fascista di Fausto e Iaio, giovanissimi militanti del primo Leoncavallo, poi sgomberato negli anni Novanta. È grazie ai graffiti che li ricordano se da adolescente mi sono avvicinato alla politica, insieme a un libro sul servizio d’ordine più temuto di Milano: la mitologica Banda Bellini, cricca di picchiatori antifascisti raccontata nel romanzo al fulmicotone di Marco Philopat. Oggi tanti giovani attivisti operano a Campo Teatrale, importante snodo creativo e teatrale che temporaneamente ospita un magazzino delle instancabili Brigate volontarie per l’emergenza.
Sono nato e cresciuto tra queste vie, in buona parte intitolate a musicisti, dove le case nascondono giardini sorprendenti e mediamente contano pochi piani, il che permette di godere di un po’ di cielo. Come pensare senza un orizzonte in cui perdersi?
Sono nato e cresciuto tra queste vie, in buona parte intitolate a musicisti, dove le case nascondono giardini sorprendenti e mediamente contano pochi piani, il che permette di godere di un po’ di cielo. Come pensare del resto senza un orizzonte in cui perdersi? La collinetta del Lambro è uno dei pochi luoghi che offrono un panorama su Milano, ma non è propriamente in quartiere; le poche zone verdi, oltre ai giardini nascosti e ai viali alberati, sono piazza Aspromonte, circondata da casette colorate e famosa per la gag di Maurizio Mosca, Piazza Durante – con i giardini dedicati a Fausto e Iaio – e, appena fuori dai confini di zona, i prati pieni di giovani in piazza Leonardo da Vinci e quelli del parco Trotter, che è rifugio, scuola e parco giochi di bambini con genitori di tutto il mondo.
Girando per il quartiere è facile incontrare Pablito el drito, scrittore, dj e attivista che ha sempre un libro o un disco da consigliarti; a me ha cambiato la vita con Erravamo giovani stranieri di Alberto Dubito, che mi ha smazzato fuori dalla libreria Utopia, che purtroppo non c’è più (per fortuna poco oltre sono sorte due isole felici come Anarres e Potlach). In via Vallazze ha vissuto per anni Malika Ayane, ma la musica risuona ancora ovunque, dai concerti segreti di Casa da Paes alle sale prove nascoste ma attivissime, come la storica Real Sound o il Guscio, fucina di una delle sperimentazioni musicali più interessanti del barrio, gli Addict Ameba, che Pier Andrea Canei di Internazionale ha definito esponenti del “Global Casoretto“, meno scontato di Nolo, che tende a tirarsela, e quindi più interessante”.
Il Casoretto, oltre al sopracitato Campo Teatrale, offre anche interessanti percorsi artistici. Attivissimi lo Spazio Tadino di via Jommelli e il neonato Spazio Martin, in via Catalani, fondato dalla pittrice Fulvia Monguzzi con l’architetto Francesco Pizzorusso e Roberto Aponte come spazio di lavoro, ma anche e soprattutto come luogo per scambi di idee e condivisione di esperienze. La passeggiata al Casoretto non può non essere intervallata da una granita a La Siciliana di via Teodosio, piuttosto che da dei grissini Edelweiss. Per cena consiglio la trattoria libanese di via Accademia. Per un drink è d’obbligo una tappa al Moscow Mule di via Teodosio, dove le esperte mani dei barman compongono cocktail imprevedibili.
Una pokeria e un bar con in vendita vinili segnalano un possibile inizio di gentrificazione nel quartiere. Attendiamo con timore il primo barber-shop hipster, o forse c’è già
Una pokeria e e un bar con vendita di vinili segnalano un possibile inizio di gentrificazione nel quartiere. Attendiamo con timore il primo barber-shop hipster, o forse c’è già. Scherzi a parte spero davvero che non capiti nessuno e stravolgimento e che l’anima del quartiere rimanga intatta e immutata, senza la pretesa di assomigliare ad altre città del mondo né ad altre zone della città tipo i Navigli, “luogo elettivo dello sciabordio e del cazzeggio di un’umanità rumorosa ed orrenda”, come scrive Michele Mari in Milano fantasma.
Occorre ribadirlo: non è Loreto, non è Lambrate, non è Città Studi, ma “el Casoret”!