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La nuova vita comunitaria di Villa Salus tra orti, attività culturali e pratiche ecologiche

Un luogo aperto alla città con un teatro, un emporio e un bar/ristorante

Geschrieben von Salvatore Papa il 21 Januar 2021
Aggiornato il 3 Februar 2021

Da villa nobiliare settecentesca a casa di cura ortopedica privata fino a diventare oggi un complesso multifunzionale per l’abitare collaborativo. Acquisita dal Comune di Bologna nel 2005 e dopo aver ospitato nel 2007 gli occupanti del Ferrhotel di via Casarini, Villa Salus è pronta per una nuova storia. Dopo molti anni di abbandono l’edificio in via Malvezza che ospitò anche Napoleone è stato raso al suolo per dare vita a Salus Space che verrà inaugurato il 29 gennaio 2021, un esperimento ambizioso che si pone come obiettivo la realizzazione pratica di concetti come inclusione, sostenibilità e benessere collettivo.

La rigenerazione, coordinata dal Comune di Bologna, è stata finanziata con 5 milioni di euro dall’Unione europea.

«Il significato di Salus Space – ci racconta il coordinatore del progetto Inti Bertocchi – è la sua comunità. Una comunità collaborativa composta come un mix sociale, attraverso culture, provenienze ed esperienze diverse. Per questo stiamo selezionando con molta cura gli abitanti che ne faranno parte. Ognuno di questi darà un suo contributo che non è però inserito in un contratto d’affitto, ma in quello che abbiamo chiamato „patto di convivenza collaborativa“ con una quota sarà ridotta nella misura in cui ognuno potrà contribuire a gestire i servizi della comunità».

Quattro dei venti appartamenti saranno abitati da richiedenti asilo o rifugiati, due da studenti in convenzione con ErGO e altri due da quattro lavoratori di Salus Space, assunti tra i partecipanti ai tirocini e ai corsi di formazione realizzati all’interno del progetto. Gli abitanti degli altri dodici appartamenti saranno, invece, scelti in questi giorni tra coloro che hanno partecipato a un avviso pubblico.

Gli spazi sono pensati attorno a una corte interna con orti e spazi verdi su cui si affacciano tre strutture: la prima ad un piano, con grandi vetrate, che ricorda le serre del paesaggio circostante; la seconda è una palazzina residenziale, a tre piani con loggiato; infine la palazzina accessoria settecentesca conservata nelle sue linee originarie. E a segnare la zona perimetrale le piante e gli alberi centenari della vecchia villa.

Sarà un luogo aperto alla città, accessibile a tutti: nella cosiddetta „serra“ (che sarà costruita nel 2022, per il momento sostituita da tre blocchi di container) ci saranno un bar/ristorante, i laboratori artigianali e un teatro; poi anche attività culturali, educative e formative che saranno il ponte tra gli abitanti di Salus e la città. Un nuovo spazio urbano innovativo, che si candida a diventare un centro di ospitalità, lavoro, welfare interculturale, ma anche un luogo di benessere collettivo per Bologna.

„Quello che vorremmo fare – continua Inti – è rendere capace la comunità di autosostenersi. Le attività che proponiamo hanno l’obiettivo di accompagnare gli abitanti verso un percorso di consapevolezza, di educazione all’ambiente e a uno stile di vita sostenibile che prenda l‘agricoltura come forma di sostentamento alimentare. Le attività economiche saranno inizialmente gestite da alcuni soggetti che si sono formati nell’ATS (Associazione temporanea di scopo) che ha avuto dal Comune in gestione l’intero complesso. Tra un paio d’anni, alla fine del percorso di sperimentazione, capiremo poi se si riesce a trasformare quest’esperienza in un soggetto giuridico che potrebbe essere una cooperativa di comunità oppure una fondazione di partecipazione con diversi attori pubblici e privati. Per il momento puntiamo a mettere insieme le risorse di ciascun abitante, competenze tecniche o relazionali, per creare un salvadanaio di capitale umano che può essere messo a disposizione non solo della comunità, ma anche del territorio“.

Tra i progetti anche quello per i rifiuti zero: „Anziché riciclare vorremmo ridurre la produzione dei rifiuti (avremo ad esempio un emporio dedicato allo sfuso) e puntare sul riutilizzo di materiali. Anche la struttura si avvicina molto alle emissioni zero, ha un ottimo isolamento termico, tutti gli interni sono in legno e utilizza il fotovoltaico e il riuso dell’acqua piovana. Sarebbe bello se un giorno la comunità riuscisse a condividere l’energia prodotta con fonti rinnovabili. Per adesso abbiamo una produzione di 13 kW che servirà per gli spazi comuni. Ma l’edificio che costruiremo dedicato al teatro, ristorante e laboratori sarà interamente ricoperto di pannelli solari. Da una società abbiamo, inoltre, preso in comodato gratuito un terreno vicino che servirà per l’orto produttivo e collaboriamo con la Facoltà di Agraria per l’Università di Bologna per sviluppare delle attività di produzione con tecnologie innovative come l‘acquaponica, idroponica, coltivazioni indoor e così via“.