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Little Island e Nieuw Zuid: i quartieri dell’Anversa di domani

Vi è mai capitato di pedalare in una strada dove le macchine sono obbligate ad andare al vostro passo?

Geschrieben von Francesca Faccani il 16 November 2022
Aggiornato il 23 November 2022

Havenhuis

Mi dice che la chiamano affettuosamente “la città in costruzione”, mentre si gira verso di me e si raccomanda di fare attenzione ai lavori in corso al lato della strada. Per fare un giro dei quartieri meno centrali della città di Anversa mi hanno consigliato di salire sulla bici e di farmi portare in giro da una guida, promettendomi che mi sarei divertita. Avevo già espresso i miei dubbi sul fatto di girare la città in bici. Fin da piccola pedalare mi fa sentire il personaggio secondario e un po’ sfigato di un B-movie, e poi avevo il terrore della velocità con cui i locals sfrecciano per le piste ciclabili – avendo rischiato la vita svariate volte e soltanto al terzo giorno in città (ho sempre la testa tra le nuvole, vero).

Mentre parliamo e pedaliamo, dietro di noi c’è una macchina che va avanti lentissima e non ci supera, e scopro che sta semplicemente rispettando una regola del traffico: in alcune strade le macchine non possono superare le biciclette. Questa cosa mi inorgoglisce, guardo la macchina con aria di sfida e inizio a sentirmi piano piano il main character di Anversa.

Warehouse trasformati in ristoranti, wine bar e palazzi specchiati: è la Brooklyn nordica.

Il primo quartiere verso cui sfrecciamo è a nord: Het Heilandje, chiamata anche “little island, dove una volta sorgeva il vecchio porto (ora l’attività portuale è più circoscritta a nord fuori dal centro città) e che ora è un distretto post-industriale costituito principalmente da warehouse trasformati in ristoranti, wine bar e palazzi specchiati: è tipo la Brooklyn nordica. La sera prima in una di queste warehouse ho bevuto vino naturale e mangiato quante più ostiche au gratin potesse contenere il mio stomaco, osservando le navi che mi passavano davanti tra la vegetazione sparsa e le lucine del dehors del ristorante Fiskeskur. Su Het Heilandje torreggiano due alte costruzioni: una è il MAS, Museum aan de Stroom, un’architettura che s’affaccia sul fiume Schelda – e infatti tradotto vuol dire “museo al fiume” – in pietra arenaria rossa indiana con pannelli di vetro. La collezione all’interno del museo racconta della storia di Anversa in quanto città portuale, ma si può anche solo salire su in cima con le scale mobili e arrivare sulla terrazza che offre allo sguardo un trait d’union tra i diversi quartieri, che se li pensi separatamente sembrano appartenere ognuno a una città diversa e invece sono tutti qui, in fila, visibili dal MAS. La seconda, più a nord, è la Port House: la sede dell’Autorità Portuale di Anversa che ospita 500 impiegati, progettato da Zaha Hadid, che ha fatto costruire una struttura moderna di vetro sopra all’edificio storico che era un’ex caserma dei pompieri.

Spingendosi ancora più a Nord e pedalando affianco al fiume, col vento baltico che scompiglia con troppa forza i capelli, si incappa nel Red Star Line Museum, dedicato alla storia di immigrazione della città, che tra il 1873 e il 1934 fungeva da ponte con gli Stati Uniti. Qui partivano infatti quelle navi che poi arrivavano a Ellis Island a New York e il museo racconta la storia di quelle persone che sono partite, dei sogni che avevano nelle loro valigette che sono ora in mostra. Chiedo alla guida di spingerci ancora un po’ più su, perché c’è un edificio che da lontano e con meno 3,5 gradi nell’occhio destro proprio non riesco a capire. Attraversiamo il Mexicobrug, un ponte strettissimo dove una volta passavano anche i treni e che gira ancora con la ruota. Scopro che per aprirsi ci mette qualcosa come 40 minuti, ragione per cui ora resta per lo più giù, spiegato. Arriviamo e scopriamo che quell’edificio è in realtà una barca, la Kerkship St. Josef, cioè una barca-chiesa-ristorante di melvilliana memoria che viene utilizzata in settimana per feste e cene, e poi la domenica ospita le funzioni religiose.

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La mia guida dice che è ora di scendere, così passiamo per il centro storico e poi incurviamo verso est, nei pressi del quartiere Zurenborg. È per lo più residenziale (pensata per la borghesia medio-alta), ma ci porta sempre i turisti che rimangono puntualmente stupiti dai dettagli Art Nouveau delle facciate e le costruzioni tardo ottocentesche che seguono molteplici influenze di stili fin de siècle, come il neogotico, il neorinascimentale e anche un po’ revival Tudor. Zurenborg la si gira o in bicicletta stando molto attenti a buttare un occhio sulla strada ogni tanto oppure a piedi, girovagando un po’ a caso. Cogels-Osylei è la strada più conosciuta, giudicata da alcune guide la più bella di tutto il Paese, ma ci si può spingere fino all’incrocio di Waterloostraat, chiamato “incrocio delle quattro stagioni” perché ognuno dei palazzi ad angolo è decorato a tema.

Il PAKT è una comunità utopica in un complesso industriale riconvertito in hub creativo e sostenibile.

Nelle vicinanze di Zurenborg, vicino all’ex ospedale militare dove ora sorgono case urban-chic e anche uno dei più importanti ristoranti della città, il Jane, c’è il PAKT: il centro del quartiere verde. Si potrebbe definire una comunità utopica che è nata in quello che prima era uno spazio industriale e che è stato convertito in hub creativo e sostenibile. Per funzionare il PAKT ha bisogno di tutti i residenti: la pizzeria sottoterra viene usata per riscaldare gli uffici nei piani superiori; l’acqua raccolta nei giardini rooftop viene utilizzata da Caffènation per il suo bar e per tostare il suo caffè in loco. Così anche le verdure e le erbe che vengono coltivate nei giardini sui tetti diventano ingredienti per il ristorante Racine che usa solo prodotti locali.

Ancora sorpresa dal PAKT, ci dirigiamo poco più a Sud spostandoci dal lato del fiume. Passiamo per il quartiere Zuid, dove ero già stata per visitare il Museo Reale di Belle Arti Anversa (KMSKA) e quello dell’arte contemporanea. Artistico ed elegante, restituisce la stessa sensazione del Marais a Parigi con le sue gallerie d’arte, i bar per il brunch e le lucine, e i negozi di moda. Una strada decreta la fine di Zuid e l’inizio di Nieuw Zuid, il nuovo quartiere del Sud. Ritornando alla città in costruzione, i lavori per ultimare il nuovo quartiere finiranno circa nel 2025, quando si potrà chiamare a tutti gli effetti il quartiere del futuro. L’idea dietro Nieuw Zuid è di renderlo sostenibile in maniera circolare testando nuove tecnologie. Per esempio, tutte le case, che sono edifici alti costruiti ognuno da qualche importante architetto (uno, ad esempio, dallo studio di Stefano Boeri), vengono riscaldate utilizzando il riscaldamento centralizzato di una fabbrica vicina; o ancora, l’acqua piovana viene raccolta e usata per i giardini che sorgono lì accanto, e che nascono dall’idea che nel futuro avremo case piccole e uno spazio condiviso esterno grande. È stato promesso che per il 2050 il quartiere sarà completamente a emissioni zero. La guida mi dice che sul Niew Zuid si punta come se fosse un esempio di città del futuro, che ogni tanto viene qui e studia quello che succede. Non c’è tanto traffico nel quartiere, passano poche persone e molti degli edifici sono ancora disabitati, ma penso sia normale per un quartiere ancora in costruzione.

Abbiamo finito, mi dice la guida di Cyclant, e a mia sorpresa un po’ ci rimango male. Dovremmo ritornare nella zona della stazione e riconsegnare la bicicletta. Appena mi vede tentennare capisce che mi sono affezionata e concede a lasciarmela per il pomeriggio. Prima che se ne vada gli chiedo se mi fa qualche foto mentre monto sulla bici, promettendogli che magari quando torno a Milano riprendo a guidarla e la smetto col car sharing (quando gliel’ho raccontato è inorridito). In tutta sincerità non credo succederà. Penso sia giusto che rimanga un piccolo miracolo di Anversa.

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