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Le immagini di Garbatella: Francesco Zizola

Dal 2007 Garbatella ospita uno dei punti focali della fotografia a Roma. Lo dirige Francesco Zizola e da qui partono mostre importanti come il World Press Photo e rassegne uniche come Garbatella Images

quartiere Garbatella

Geschrieben von Nicola Gerundino il 21 Juli 2020
Aggiornato il 9 März 2021

Foto di Alberta Cuccia

Geburtsort

Roma

Wohnort

Roma

Attività

Fotografo

Una passeggiata a Garbatella è un’attività estremamente gratificante per l’essere umano, giusto allo stadio evolutivo di mammifero fotografante: passare tra i suoi vecchi lotti senza estrarre il telefono dalle tasche per fare qualche scatto è impresa per pochi, perché natura e bellezza (urbana) sono due delle cifre principali della zona, nonché due delle istanze che più si amano fotografare. Non poteva quindi che essere un matrimonio felice quello tra questo quartiere e la 10b Photography, creatura forgiata da Francesco Zizola ormai 13 anni or sono, e non poteva che evolversi in qualcosa di più ampio e alto. Parliamo di Garbatella Images, festival di fotografia dall’impostazione „hyperlocal“, che ha nel quartiere (oggetto fotografato) e nei suoi abitanti (soggetti fotografanti) i protagonisti, con i lotti a fare da percorso espositivo surreale e ammaliante. Una storia doppia e parallela quella della galleria e della rassegna, che abbiamo deciso di raccontare in questa intervista.

Foto di Alberta Cuccia

Il tuo rapporto con Garbatella nasce e prosegue con la nascita di 10b Photograpy. Cos'è e cosa si fa in questo spazio?

10b è luogo di scambio e dibattito sulla fotografia e sulla cultura della fotografia, nazionale e internazionale. Un luogo tutt’ora inedito che abbiamo non solo inventato, ma portato avanti da soli, senza finanziamenti pubblici e senza chiedere un finanziamento – nel senso di un contributo in denaro – al pubblico che è venuto a visitarci. È stata una nostra offerta alla città, oltre che al quartiere. Oltre a questo lavoro, all’inizio molto specifico sul fotogiornalismo, ci siamo dedicati anche alle produzioni giovanili, a far conoscere e portare a Roma per la prima volta nomi importanti della fotografia internazionale, a percorsi formativi attraverso masterclass e workshop con figure professionali di grandissimo spessore, sia nel campo della produzione dei fotolibri che nella post produzione o nel reportage documentaristico. Tutto questo non con l’intenzione di creare una scuola, ma di sviluppare occasioni, essere un centro di scambio di alto livello qualitativo. Ci siamo dedicati poi anche a diversi progetti profit fuori le mura della galleria. Ad esempio, abbiamo avuto l’onore di essere scelti dalla fondazione che gestisce il World Press Photo dal 1963 per rilanciare questo brand su Roma e abbiamo portato la mostra annuale con i migliori scatti dal Museo in Trastevere al Palazzo delle Esposizioni, arricchendone i contenuti grazie ai maggiori spazi a disposizione. Siamo riusciti a portarla anche in altre città: Ferrara, grazie a una partnership con il festival di Internazionale, Venezia, Matera Capitale europea della cultura, Lucca, in collaborazione con il Photolux Festival. Da poco abbiamo ricevuto anche l’incarico di raccogliere e portare avanti l’eredità del Festival della Fotografia di Roma ideato da Marco Delogu, di cui rilanceremo quella che era la Rome Commission, ovvero una perlustrazione della città affidata annualmente a un grande fotografo internazionale. Si chiamerà Collezione Roma e personalmente ho curato la proposta e l’esecuzione dei lavori di cinque aristi che sono venuti qua a Roma e hanno lavorato per circa sei mesi sulla città: Sarah Moon, un mostro sacro della fotografia creativa, Nadav Kander, Alex Majoli, italiano della Magnum, Martin Kollar e un giovane, Tommaso Protti, che ha fatto un bel lavoro sulle periferie. La mostra inaugurerà a novembre al Mattatoio all’interno del programma di Romarama. Infine, da pochi giorni abbiamo vinto il bando triennale dell’Estate Romana con Garbatella Images, un bando triennale che ci permetterà di arrivare almeno al sesto episodio di questo evento, se non di più.

Colgo la palla al balzo per parlare di Garbatella Images, rassegna di fotografia credo unica nel suo essere interamente dedicata a un solo quartiere. Come e quando è nata?

Garbatella Images nasce da un’idea che ho avuto dopo tanti anni di permanenza in questo quartiere con 10b: renderlo oggetto di indagine fotografica non solo da parte di professionisti, ma anche da parte dei suoi abitanti, facendoli così diventare protagonisti a tutti gli effetti della formazione dell’archivio e della memoria fotografica del quartiere. L’idea di base è quella di un progetto partecipativo, che va a coincidere con il processo di allargamento progressivo della platea dei fotografi, perché ormai il solo fatto di possedere un telefono rende capaci o comunque mette nelle condizioni di poter produrre un’informazione visiva. Insomma, abbiamo voluto coinvolgere gli abitanti del quartiere dove la galleria risiede come soggetti attivi della comunicazione visiva e di farlo attraverso la fotografia. Questa idea di fondo poi ha tante altre propaggini: la formazione, la realizzazione di laboratori antropologici per la ricerca delle memorie familiari attraverso le persone più anziane, che non solo sono possessori di album di ricordi che coprono praticamente l’intero arco di vita del quartiere, ma possono ancora testimoniare in prima persona e raccontarne gli albori. Quest’anno poi ci sarà una novità: non ci limiteremo alla sola fotografia, ma allargheremo il racconto anche al cinema: per ogni anno dell’Estate Romana un artista romano e un artista internazionale saranno qui in residenza per realizzare un lavoro sul quartiere e avremo anche un piccolo gruppo di lavoro che si occuperà alla realizzazione di un corto sperimentale. Il tutto avverrà sotto la direzione di Gherardo Cossi, un direttore della fotografia molto bravo e conosciuto.

Una delle caratteristiche peculiari di Garbatella Images è il posizionamento delle immagini in mostra all'interno degli spazi comuni dei lotti del quartiere. Mi sono sempre chiesto come questo venga percepito dagli inquilini, se come un'invasione del proprio spazio o meno.

Alcuni vivono Garbatella Images come una rottura di scatole, altri come una rottura dell’isolamento. Due reazioni che non sono affatto casuali. Sia l’idea generale del progetto, sia quella di esporre all’interno dei lotti nascono da una costatazione che ho fatto incontrando il quartiere per la prima volta 13 anni fa. Io sono nato nella zona nord di Roma e sono cresciuto in altri quartieri della città, per cui il primo vero incontro con la Garbatella è stato cinematografico, grazie al film di Moretti „Caro Diario“. Da lì mi era rimasta la curiosità di visitarla, ma ho dovuto aspettare di trovare e prendere i locali della 10b per andarci davvero e cominciare a frequentarla. Passeggiando pensavo sempre quanto fossero belli i giardini delle case e che fortuna avessero gli abitanti dei lotti, salvo poi scoprire che non si trattava di aree verdi private, bensì di parchi pubblici: gli spazi verdi dei lotti di Garbatella fanno parte della città e i cancelli che ci sono non servono a delimitare una proprietà, ma sono lì per piccole questioni di sicurezza, come evitare che i bambini vadano in strada. A Roma non esiste un altro quartiere strutturato così: vecchio di cent’anni, con case circondate da parchi e, altra scoperta, non solo ricco di piante mediterranee, ma di piante provenienti da altre continenti. Ci sono tantissime specie africane ad esempio: una cosa che a me ha letteralmente entusiasmato. Così mi sono incuriosito, ho cominciato a leggere e fare ricerche e ho scoperto questo mondo interessantissimo fatto di giardini non privati, che però per consuetudine sono ad appannaggio degli abitanti del quartiere, mentre la maggior parte dei cittadini di Roma non sanno che quello è un pezzo della loro città che possono vivere in egual misura. Quindi ho iniziato a pensare che sarebbe stato bello trovare il modo di far conoscere ai romani un pezzo del loro territorio in maniera più approfondita. L’intuizione iniziale quindi è stata di farlo attraverso delle foto esposte in galleria, poi però mi sono accorto che risolvevo in parte il problema, perché i muri della galleria mantenevano in vita un confine: facevamo sì vedere i lotti, ma in un posto chiuso. Così abbiamo iniziato a pensare a un laboratorio antropologico per scovare le immagini del quartiere, da fare vedere nel quartiere. Fatto questo passo in collaborazione con il centro anziani, abbiamo selezionato, scansionato e stampato le immagini su dei lenzuoli di pvc con l’idea di appenderle non a un muro, ma in uno dei punti più frequentati dei lotti: gli stenditoi. Quindi abbiamo appeso le foto tra federe, mutande e calzini perché volevamo che gli abitanti di Garbatella trovassero proprio lì le foto scattate da loro, dai loro genitori o dai loro nonni. Questo sia per renderli più consapevoli della qualità del proprio spazio abitativo, che ha caratteristiche uniche, sia per dare la possibilità agli altri di scoprire non solo le strade che collegano i lotti, ma i mondi che ci sono dentro, “costringendo” a varcare i cancelli e a passeggiare per trovare le foto, cercandole come se fosse una caccia al tesoro. In questo modo abbiamo effettivamente realizzato quello che la fotografia si propone di creare: una comunicazione. Nello specifico, la comunicazione che trasmettono le fotografie in sé e la comunicazione derivante dall’incontro due mondi che normalmente non si incrociano mai, in un territorio per molti sconosciuto. Ecco perché alcune persone hanno reagito come se fosse un invasione dello spazio privato, vedendo nell’altro un intruso e un percolo. Questo a mio parere è uno dei problemi di Garbatella: un isolamento creato e alimentato da questo atteggiamento. Quindi ho voluto forzare la mano in maniera sia concettuale che fattiva, portando gli esterni a varcare dei cancelli che nella loro testa delimitano una proprietà privata e gli interni a uscire dal proprio auto isolamento. E per me quando un progetto fotografico riesce a innescare un processo di cambiamento, ha fatto il suo lavoro.

In questi anni hai riscontrato un modo comune di vedere Garbatella da parte dei suoi abitanti?

Ci sono percezioni differenti e dipendono principalmente dall’età. L’anno scorso, ad esempio, abbiamo invitato due giovani legati al quartiere a realizzare dei lavori. La prima è stata Claudia de Nicolo, in arte Lola, una instagrammer con oltre 100.000 follower, e la sua proposta è stata di due video: in uno ha messo insieme delle interviste che ha realizzato ai suoi genitori e ai suoi nonni, a un gruppo di cinque bambini e una generazione di mezzo rappresentata da un ragazzo appena uscito dal carcere, tutti di Garbatella. In un altro video invece ha mixato con la musica una serie di immagini e video realizzati a Garbatella e raccolti attraverso la sua rete di follower. Il secondo è stato Mohamed Hossameldin, un giovane regista italo-egiziano il cui papà faceva il garagista. Da bambino praticamente è cresciuto in quel garage e a scuola ha avuto molto difficoltà nell’inserirsi, ha attraversato anni molto difficili. Poi si è inserito e Garbatella è diventato il suo quartiere, salvo poi allontanarsene per seguire il suo sogno professionale. Gli abbiamo proposto di realizzare una piccola clip per Garbatella Images e lui ha accettato. Il lavoro cerca di riprodurre il percorso e lo stato d’animo di un bambino che si naturalizza e passa dall’oscurità e dalle problematiche alla luce e alla possibilità di vedere la sua strada.

Cosa succederà nelle prossime edizioni del festival? Puoi dare qualche anticipazione?

L’obiettivo è quello di creare un grande archivio sul quartiere, quindi andremo a lavorare con le immagini dei fotografi amatori di Garbatella e anche su lavori fatti sul quartiere da persone esterne al quartiere. Ospiteremo Claudia Current, che proporrà un lavoro dove coniugherà memoria e contemporaneità; Pep Bonet, che farà ritratti agli anziani usando delle pellicole praticamente già scomparse, quindi una specie di metafora del mezzo fotografico con cui vuole fissare l’ultima memoria di persone che sono l’origine di Garbatella. Ci sarà Giacomo Infantino, che si occuperà di raccontare il quartiere di notte, ma senza focalizzarsi sulle persone; poi ci sarà un artista belga, Sanne De Wilde, che ci restituirà una Garbatella particolare catturando delle radiazioni che non sono percepibili con gli occhi, quindi un quartiere che esiste, ma non si vede. Infine, nel 2022, un romano, grande conoscitore di Roma e grande fotografo delle periferie, Angelo Turetta, e Bénédicte Kurzen, una fotografa francese che ha una sensibilità per le donne molto spiccata. Il nostro sogno è realizzare un bel sito web, ma soprattutto un applicazione georeferenziata con i materiali che abbiamo prodotto e che produrremo, per creare un luogo virtuale di raccolta di tutto il materiale. Un app che permetta di vedere, ad esempio, le foto che sono state scattate in un punto del quartiere o anche che possa guidare a partire da una foto fino all’angolo in cui è stata scattata. Poi le interviste alle persone, i filmati, le foto di famiglia georeferenziate grazie alle quali vedere com’era prima e come è cambiato nel tempo un angolo di quartiere. Ci immaginiamo una griglia sia diacronica che sincronica che permetta una percezione di Garbatella unica. Stiamo cercando fondi per sviluppare quest’ultima branca del progetto e speriamo di trovarli a breve.

Cosa pensa Francesco Zizola di Garbatella?

Io ho abitato in tanti quartieri di Roma, ma un quartiere bello come Garbatella non l’ho mai visto, c’è una dimensione umana particolare. Chi ci abita vive in una città e una città come Roma non è una città banale: ha migliaia di anni di storia e una storia stratificata. Tante città, che pure sono antiche, hanno l’abitudine di distruggere e ricostruire dimenticando il vecchio. Noi invece siamo una città in cui il vecchio non scompare mai, ma continua a essere usato assieme al nuovo. C’è una „stratificazione di pietre“ che rappresentato una storia, un vissuto e una cultura. Garbatella è un quartiere relativamente giovane, ma i suoi 100 anni iniziano a essere una parte consistente dei secoli che formano i millenni di questa storia. È un quartiere fatto con una logica che ancora oggi conferma l’importanza della relazione tra uomo e ambiente, di un’urbanizzazione a dimensione d’uomo che tenga conto della natura e contempli il vivere la città in presenza della natura. Garbatella non solo rappresenta un episodio di storia dell’architettura che ha saputo realizzare con intelligenza questo aspetto, ma è un modello futuristico e utopistico di cui dovranno tener conto per forza i nuovi amministratori delle città. Ad esempio, i giardini furono pensati anche come orti di guerra in grado di garantire l’autosufficienza alimentare, accorciando la catena di distribuzione del cibo. Uno dei progetti più interessanti di Garbatella Images è stato proprio sulla botanica del quartiere. Come dicevo, qui ci sono anche molte piante africane perché alcune delle case di nuova costruzione furono date come premio ai funzionari o ai militari che erano stati nei cosiddetti territori d’oltremare, in Africa, che ritornando avevano portato con sé i semi delle piante che avevano visto. Ora Quegli abitanti sono scomparsi, ma le piante continuano a riprodursi. Giovanni Cocco ha realizzato per noi dei ritratti alle piante che spiccano grazie a un utilizzo tecnico molto particolare del flash, per cui le foto sembrano scattate di notte anche se sono state fatte di giorno. Messe insieme, tutte le immagini formano un erbolario di Garbatella. Insomma, anche per questo mi interessa far conoscere questo quartiere: rappresenta un modello per nuovi progetti urbanistici che potrebbero sicuramente essere vincenti. Ultimamente si è parlato molto della Garbatella per un focolaio Covid, ma se si va a vedere bene ci si accorge che si è sviluppato in un palazzo moderno, quello della Garbatella dormitorio che è cresciuta a ridosso della Garbatella storica. Questo virus ha molto da raccontarci sulle scelte che abbiamo fatto come esseri umani in rapporto all’ambiente e Gabratella storica è una delle possibili risposte ai tanti problemi che sono nati negli ultimi mesi.