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Bugo

Stasera suonerà per Beck’s Cheers To Independence 2016. Ma noi lo seguiamo da quando muoveva i primi passi. E allora l'abbiamo incontrato per ripercorrerli insieme

Geschrieben von Corrado Beldì il 23 Oktober 2015
Aggiornato il 23 Januar 2017

Persone che fanno cose a Milano. Cristian Bugatti in arte Bugo, milanese d’adozione, un nuovo ep da portare in giro per l’Italia, Arrivano i nostri. Lo seguiamo dall’inizio, ma proprio dall’inizio, da quando registrava i suoi primi pezzi in cucina. Gli abbiamo chiesto di raccontarci le ultime novità, come vive Milano e non solo. In vista del primo concerto del 19 novembre alla Salumeria della Musica. Già esauritissimo.

Zero – Che cosa ci dici del nuovo disco?
Bugo – Il disco vero e proprio uscirà più avanti. Ora è uscito Arrivano i nostri un ep con sei pezzi di cui cinque nuovi e un live, Cosa ne pensi Sergio, che era uscito a maggio. Il singolo Vado ma non so è uscito da qualche giorno. A novembre si parte per un tour in tutta Italia.

Che sonorità ha?
Le canzoni le ho scritte in India, ma con l’India non hanno molto a che fare. Vado ha un testo più personale, altre sono più divertite, come Sergio. C’è una nuova squadra messa insieme da Carosello. Comunque volevo tornare con un messaggio leggero.

Che cosa ti è piaciuto nella musica degli ultimi anni?
L’ultimo di Noel Gallacher, Chasing Yesterday e poi Currents. Tra gli italiani i Verdena e poi i New Currents, veneti sconosciuti, mi piacciono: sono molto psichedelici.

Quando sei venuto a Milano?
Nel 1999, quando ho lasciato il mio lavoro in fonderia a Trecate. Per me Milano era la Mecca della musica. Ho subito conosciuto Bruno Dorella e realizzato il primo disco indipendente, La prima gratta nel 2000.

Quando hai capito che saresti diventato un cantautore di successo?
Avevo cominciato per caso, in paese. Mio padre era commerciante di metalli e mia mamma casalinga. In casa non c’era musica. Io ascoltavo di tutto: stravedevo per i Duran Duran, Wild Boys, Rio. Un giorno nella band di amici mancava il batterista, così mi sono seduto alla batteria e ho scoperto che ci stavo dentro. Poi a militare, a Macerata, ho cominciato a suonare la chitarra. Sono tornato e sono diventato il Bugo.

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Che cosa vuoi dire?
Vuol dire che ho cominciato a scrivere canzoni. Era il 1995. Quando ho scritto Casalingo e Mi rompo i coglioni mi sono detto: «Be‘, qui c’è della roba».

Ricordo il tuo primo concerto al Leoncavallo: ero impressionato dal numero di persone che conoscevano e cantavano le tue canzoni a memoria.
Era già il 2002, avevo fatto il primo disco. Certo, anche io mi ero stupito e pensai: «Sanno i pezzi! Ma come cazzo è possibile?». Comunque tutta questa roba non è caduta dal cielo, io volevo arrivare fin da subito e ce l’ho messa tutta.

Che cosa ricordi di Milano in quegli anni?
Sai, non andavo molto in giro. Ero qui per lavorare e cercare di diventare un musicista. Camminavo moltissimo. Ricordo che sono andato a vedere L’ultima cena, non si doveva neanche prenotare. Figo, comunque mi è subito piaciuta. Milano era la mia New York.

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Dove andavi?
Non sono mai stato uno da posti fissi e poi non avevo tanti soldi. Non stavo lontano dal Bar Magenta e mi piaceva andarci anche per confondermi tra i milanesi doc. Ho conosciuto il barista e allora ci andavo a chiacchierare. Gli amici musicisti mi portavano alla Cueva e poi andavo alla sala da biliardo Jolly di via Vigevano. Come da bambino quando bigiavo la scuola. Andavo anche al Surfers‘ Dem di Porta Romana. Poi ho scoperto il Bar Basso.

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Bar Basso

C’è qualche ristorante che ti piaceva particolarmente?
Come puoi immaginare all’inizio non avevo molte possibilità. Mi piacciono molto le trattorie, per esempio la trattoria pugliese all’inizio di viale Monza; e poi in via Venini c’è Pasta e fagioli, dove mangio molti primi. Mi piace molto la cotoletta alla milanese, la mangio in fondo a viale Padova in un posto che si chiama La luna e i falò.

Bevi anche cocktail?
A parte al Basso mi piace andare al Deus, quello delle moto, però ci bevo soprattutto birra e l’hamburger è fantastico. Mi piace la zona, quando ero all’Isola stavo vicino di Francesco Bianconi e andavamo sempre al Nordest Caffé.

Ci parli del tuo quartiere?
Abito proprio all’inizio di via Padova; la zona mi piace un sacco perché è mista, piena di stranieri. È ancora molto acerba, nel senso che non ci sono molti posti in cui andare, ma presto arriverà qualcuno che aprendo nuovi locali farà esplodere il quartiere. Tipo l‘Osteria Crespi, un posto giusto. Ma solo dopo quel momento vorranno andarci tutti.

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Molti anni fa, in un articolo, Aldo Nove ti paragonò a Giovanni Testori indicandoti come un nuovo cantore delle periferie milanesi.
Mi fa piacere, ma allora e anche adesso Testori non lo conosco. Però in quegli anni avevo conosciuto Aldo e poi Tiziano Scarpa e mi piaceva molto il loro modo di mescolare alto e basso. Ad Aldo Nove ho dedicato nel 2006 Amore mio infinito, titolo di un suo libro.

Chi sono i tuoi amici?
Ho innumerevoli conoscenze, ma gli amici che vedo spesso sono Christian Dondi, che viene pure lui da Trecate, vive a Milano e fa video; poi Pierfrancesco Pazzi, di Pesaro, che ha un’agenzia di comunicazione.

Dove vai la sera a divertirti?
Lavoro davvero tanto, non sono uno da nightlife milanese. Non vado neanche tanto a ballare, anche se mi piace La Balera dell’Ortica perché mi ricorda il mio paese. Quando qualcuno mi scrive una mail per chiedermi cosa consigli per diventare famoso, gli dico di starsene a casa e dedicarsi alla musica. Poi certo qualche bella serata la faccio. Mi piace bere poco ma bene. Io sono così, Capossela forse no.

C’è qualcuno che sta cambiando Milano?
Io! Oh, ma perché ridi? Quando sono arrivato a Milano non c’erano i cantautori. C’erano sia i Bluvertigo, i Casino Royale, gli Afterhours; adesso invece è pieno di cantautori. Cazzo ridi? Dai passamela, questa è vera: dopo il grande Rino Gaetano in Italia e soprattutto a Milano per una certa musica c’era un buco.

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Altri milanesi?
Be‘, sicuramente chi ha permesso di mettere in piazza Affari il dito di Maurizio Cattelan e poi anche Aldo Nove, che è arrivato a Milano e ha scritto un pacco di cose. È un personaggio importante.

Mi dici qualcuno che a Milano meriterebbe di più?
Io! Sempre io! Ahaha.

Negli ultimi anni sei stato anche un po‘ a New Delhi.
Ci sono andato per quattro anni, avanti e indietro. Mi piacciono le metropoli, anche se Delhi è molto diversa da Milano, molto caotica, con 16 milioni di abitanti e senza un centro storico. Comunque anche a Milano, per me che vengo da Trecate, è una bella metropoli.

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Che cosa farai da grande?
Da vecchio, quando sarò rincoglionito e avrò cent’anni, andrò al mare. Intanto me ne resto nel caos della città, dove posso uscire e vedere tante persone.

Che progetti hai per il futuro?
Mi piacerebbe fare qualcosa al cinema, come quando ho fatto Missione di pace di Francesco Lagi con Alba Rohrwacher, Silvio Orlando e Filippo Timi. Sono stato anche a Venezia. Oh, è vero! Mi è piaciuto molto perché facevo proprio il Bugo, sembrava la mia storia.

https://www.youtube.com/watch?v=rZzkGCD5itM

Stanno girando un documentario sulla tua vita, vero?
Sì, c’è Andrea Caccia che mi ha ripreso dal 2000 e vuole fare un film sulla mia vita con 15 anni di materiale. Adesso sta cercando i fondi per finirlo.

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Mi racconti una grande soddisfazione?
Quando ho fatto un’opera pubblica a San Giuliano Milanese sulla facciata del centro commerciale, un grande ritratto di sette metri per cinque. Poi ti dico una chicca: nel 2013, per il compleanno di Vasco, feci una cover al volo di Colpa d’Alfredo. È stata su internet solo per un giorno, ma l’Ansa fece un dispaccio: «Bugo dedica a Vasco una canzone per il suo compleanno».

https://www.youtube.com/watch?v=QXBnWalH1O4

Chi sono le persone importanti della tua vita?
Mia moglie, per le solite cose, è l’angelo con cui condivido la vita: è intelligente, di vedute aperte e poi è bellissima. Bruno Dorella, che è stato importante perché è il primo ad aver creduto in me. Ero arrivato a Milano, era il 1998, mi aveva ascoltato in un posto la sua donna: «oh, guarda che questo qui spacca il culo!». Claudio Bonoldi, il discografico della Universal che nel settembre 2002 mi contattò per firmare un contratto da cui è partito tutto. Aveva sentito Casalingo e allora mi scrisse un sms: «Questo pezzo è una bomba, mi ricorda Battisti, vorrei incontrare l’artista». Pensava che fosse il cellulare del mio manager.

Che cosa fai stasera?
Resto a casa a lavorare. Devo preparare la scaletta e la scenografia per il mio tour. Tieniti libero per il 19 novembre. Ci vediamo alla Salumeria, va bene?