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MACE

Tra i corpi e l'''Oltre''. Il producer milanese ha sonorizzato, insieme a Nike, l'International Yoga Day.

quartiere Isola

Geschrieben von Beatrice Atzori & Zagor Treppiedi il 29 Juni 2022
Aggiornato il 30 Juni 2022

Foto di Alberto Feltrin

Forse non tutti sanno che il 21 giugno in Groenlandia è festa nazionale. E mentre in Canada si celebrano gli aborigeni, è anche la giornata mondiale della giraffa, oltre a essere il giorno di Sant’Engelmondo di Velsen, monaco, e di Sant’Albano da Magonza, missionario. Ma siccome state leggendo Zero – e non l’edìpeo enciclopedico de La settimana enigmistica – ci basta dire che il 21 giugno di ogni anno, il Sole entra nel segno astrologico del Cancro. Accade attorno alle 15, e da quel momento è estate. E, in aggiunta, è anche il momento giusto per prendersi cura di se stessi, abbandonare il ritmo frenetico della vita metropolitana e ritrovare l’equilibrio, perché dal 2015 si festeggia l‘International Yoga Day. Per l’occasione, Nike – che quest’anno spegne 50 candeline – ha organizzato una specialissima sessione di Yoga aperta a tutti. Lo ha fatto a Milano, all’ombra del Bosco Verticale, negli spazi di BAM, il giardino botanico di Isola. Un progetto che continuerà con nuovi appuntamenti, tra yoga, training e running: un regalo alla città per celebrare tanto il viaggio quanto il traguardo, privilegiando il progresso rispetto alla perfezione, facilitando l’accesso allo sport per tutti. A rendere ancor più unica la giornata ci ha pensato MACE, il producer milanese che per l’occasione è stato chiamato a sonorizzare la pratica, per conciliare, tramite il suono, l’unione tra singolo e collettivo, tra l’uno e i molti. Produttore, beatmaker, musicista, dal 2021 tutti lo conosciamo come calamita di talenti, dopo la pubblicazione di OBE acronimo di Out of Body Experience – il suo primo album dove ha chiamato a raccolta numerosissimi artisti, tra cui Guè, Noyz Narcos, Venerus, Blanco, Rkomi – per citarne alcuni – orchestrando un complesso mosaico della musica italiana contemporanea. Risale a poco più di un mese fa la pubblicazione della sua seconda fatica, Oltre, un disco tutto fatto di musica strumentale, tracce „concettose“ – tra sonorità elettroniche e psichedeliche che ricordano Jamie xx e Bonobo  – che a giudicare dai titoli ci sono sembrate perfette per una discussione su yoga, sport e spiritualità. Ecco il resoconto della nostra chiacchierata.

Ciao MACE. Da quando ti conosciamo ti sei sempre occupato di agitare corpi e di far ballare le persone durante le serate di clubbing. Per questo progetto sei stato coinvolto per sonorizzare una sessione di yoga, un approccio al corpo e al movimento un po’ diverso: come hai vissuto questa nuova esperienza? Era la prima volta che suonavi per non far ballare le persone?

È sicuramente un’esperienza diversa (e sì, era la prima volta). Ma la musica agisce sempre su due livelli: emozionale e fisico, che sia in una dancefloor o una sessione di Yoga. Cambiano solo i codici. È stato molto potente, diverse persone mi hanno detto di aver pianto sul climax finale!

Lo yoga è molto simile a una forma di meditazione, che si contraddistingue per essere anche una disciplina fisica. Hai mai praticato una disciplina simile a questa? Hai fatto sport nella tua vita? Se si, in che modo queste attività hanno influenzato la tua produzione artistica? E se non queste, ci racconti quali ispirazioni ti aiutano a comporre musica?

Ho praticato la meditazione trascendentale. Mi ha aiutato molto in periodi molto stressanti.

Fare sport significa anche progredire in una sfida con sé stessi. è così anche per chi fa musica?

Con la musica non amo l’approccio di “sfida”, o di “superamento dei propri limiti” tipico dello sport. Cerco più l’espressione, l’autodeterminazione e la risonanza con le emozioni altrui.

Tutti i titoli dei brani di Oltre, il tuo ultimo disco, esprimono dei concetti. Ne abbiamo scelti tre che ci hanno colpito perché legati tanto all’ambito sportivo che a quello musicale. Partiamo da singularity: lo sport è qualcosa che si può praticare individualmente o in squadra. Idem per la musica, ci sono i momenti di produzione in solitaria, momenti “orchestrali” e i live per il pubblico. Qual è il momento più importante per te: la tua ricerca personale o il rito collettivo?

Per me si devono bilanciare. Fare le cose assieme mi dà più gioia che farle da solo. Non ho alcun dubbio a riguardo. Ma necessito anche di lunghi momenti da solo – sia in studio che nella vita privata – per andare in profondità coi pensieri.

Rituale è il secondo concetto che abbiamo scelto (anche perché ci piace molto il pezzo). Quali sono i tuoi rituali nella produzione e prima di una performance?

Prima delle performance cerco di meditare o quantomeno di rilassarmi profondamente con la respirazione, mentre nella produzione non ho alcun rituale, è tutta istintività.

Infine, moto perpetuo: nello sport esiste una forma di movimento costante, l’allenamento. Nella musica troviamo allo stesso modo movimenti ripetuti, matematici, contenuti, ma anche una controparte di caos e di improvvisazione. Nel tuo approccio musicale prevale più il disordine o il metodo?

Più disordine! Ricerco molto la casualità per bypassare il lato razionale del mio cervello. Mi piace piantare dei “semi” ed essere sorpreso da quello che cresce, piuttosto che decidere prima quello che voglio fare.

Pensiamo che nello sport il traguardo sia il viaggio e i quindi miglioramenti fisici ottenuti dalla pratica sportiva. Sappiamo che ti piace molto viaggiare, in tutti i sensi. Ogni volta che viaggi qual è il tuo traguardo?

Raccogliere nuovi insegnamenti, esperienze e memorie.