Stralunato e vecchia maniera, vellutato e rock’n’roll, intimista e scapestrato, Konner Whitney fa parte di quel campionato a parte di cantautori che prescindono il tempo e lo spazio. Una scrittura che piace anche ai più duri e meno puri di cuore, quel tocco magico che in diversi passaggi di “Hard to Be a God” fa sinceramente pensare a Lou Reed o a un altro paroliere geniale e defilato come Kelley Stoltz.
Canadese, due (su quattro totali) album e un EP sulla sempre santa subito Maple Death Records, Whitney K scrive ballate divertenti che strappano il cuore, riveste di tutto punto melodie che conoscevamo già, cita Dylan, Kristoffer Kristofferson e Lulù sulla copertina ambiziosa di un album complicato, ma diretto e tagliente, che fa andare d’accordo un approccio diy con le ballate country folk. Stasera abbiamo la fortuna di intercettarlo nel lungo tour italiano che farà con la band e non esserci per piangere su “Song For a Friend” sarebbe uno sfregio al vostro disco con la banana riposto religiosamente sullo scaffale.
Written by Chiara Colli