GC:
Il personale è politico.
Paul B. Preciado, figlio della generazione spagnola di Franco degli anni ’70, questo film non lo doveva nemmeno fare. Tentando di declinare l’offerta della casa di produzione più volte, prova anche la strada di un adattamento dell’Orlando di Virginia Woolf datato 1928 per raccontare la sua vita.
Ma la risposta è positiva. Si fa.
Si dia inizio alla lunga lettera dedicata a Virginia, un racconto corale di chi la transizione di genere la vive con la sua pelle, i suoi fluidi, le sue parole, le fragilità, il dolore, le necessarie alleanze, in lotta. Rimango dormiente tra scene bucoliche, coinvolta da voci senza pretese di virtuosismo, attratta per qualche attimo da volti, occhi, gambe, seni, mani che non rispondono più alle regole del patriarcato. Corpi costruiti come cattedrali seguono le metamorfosi dell’Orlando di Virginia dormendo, ringraziando la poesia, la letteratura, l’amore per poi arrivare agli ormoni che cantano farmacoliberation nello studio psicanalitico. Ogni vita individuale è collettiva e la transizione di genere ce lo ricorda.
Tutt3 abbiamo un pò di Orlando in noi.
Figli3 del patriarcato, della violenza epistemica, della necessaria lotta quotidiana. Di risposta alla psichiatria che ancora oggi guarda alla transizione come disforia di genere, Paul ci dice che è necessario sopravvivere alla violenza per raccontare la nostra storia, come è necessario raccontare la nostra storia per sopravvivere alla violenza. Epidemia di inizi, il corpo narrato sul tavolo operatorio, una somateca, riformulato il dentro e il fuori, il corpo è attraversato, gli organi rovesciati, scoperti…
ma Gilda che c’è? Sei inquieta?
GVR:
… No tresor xxx I mean I love Paul… le sorelle sono diventate educate… poi Pierre e Gilles, il corpo lesbico di Wittig, la Depentes in tribunale, adoriamo. Ma insieme a loro per chi non ha letto Deleuze, l’acceleratore lo spingono anche le soggette che raccontano che non ci sono sempre i libri ad aiutarti. Si lo so, è la bio di Paul… ma la sorella qui affianco si era un pò persa, ah no si è addormentata, pardon! Miao! Dissidenza, disidentificazione e insubordinazione cocca aprono questo spazio posizionato molto bene, e io cosa potrei dire se non ringraziare per aver risignificato un ennesimo luogo nel tempo degli arconti? Vogliamo tutto, fameliche! Ma sai che spesso perdo la calma e la rivendico. Sangue bollente a tutt3 con Paul che è Orlando che è Virginia che siamo noi, che abbiamo perso il nome (anche a chi di Foucault non ha mai sentito parlare. No?). IT’S TIME TO BITE. (fatemi una maglietta).
Ti dedico quello che mi ha detto l’altro giorno Maria (Nadotti), questo concetto di calma che trovo così sexy: “Con tantissima calma, perché uno dei problemi della violenza che ci sta intossicando è che abbiamo perso la calma. Sentiamo quanta rabbia c’è in giro, più che giustificata, ma, di nuovo per citare John Berger, la calma è una forma di resistenza, la calma non è passività, la calma è non lasciarsi disorientare, è stare con i piedi ben saldi per terra e non andare come le foglie portate dal vento, che in questo momento sta tirando forte. ”
Oggi un pò figlia del prontuario per fanciulle della Valerie (Solanas :) Ti mando baci con la lingua e spero che possiate smentire tutto ;)
Written by Giulia Currà e Gilda Von Rümelin