Ho un’ossessione per il blu. Più nello specifico è un’ossessione che si manifesta anche nella contemplazione di tutti i tipi di blu che l’acqua del mare sa interpretare, come fosse un attore camaleontico. Questo per dire che ho capito già dalla copertina che “Luminescent Creatures” di Ichiko Aoba non mi avrebbe lasciato scampo.
L’ultimo album della compositrice giapponese è una carezza lunga trentacinque minuti. Galleggiamo in un orizzonte sonoro morbido e ricco di sorprese, luminescente come le creature a cui si fa riferimento nel titolo. D’altronde suono e luce sono entrambi fenomeni fisici ondulatori, con la sostanziale differenza che la luce è un’onda che può viaggiare nel vuoto, mentre il suono per propagarsi ha bisogno di un mezzo.
Non so come altro spiegarlo, ma la musica di Ichiko Aoba vive nel non-luogo fisico tra suono e luce. Come tutta la musica ha bisogno di noi ascoltatori per propagarsi e diventare magica; eppure è così leggera e sottile che è facile immaginarsela svolazzare da sola, in una giornata di sole tiepido, vicino a dall’acqua di quell’azzurro così intenso da diventare lussurioso.
Se vogliamo rientrare nelle pesanti categorie umane, potremmo dire dream-pop, ambient o il bellissimo chamber-folk (un folk “da camera”, nel senso della musica classica) usato dalla stessa Aoba su Bandcamp. Definiamola come ci pare o ancora meglio, non definiamola affatto. Mettiamoci seduti a Villa Osio e immergiamoci in musica che ci regala una sensazione unica: quella di essere il punto di fuga dei cerchi concentrici che si creano quando un sasso viene lanciato in uno stagno.
Written by Giulio Pecci