Parole come alimurgia – la scienza che riconosce l’utilità di cibarsi di determinate piante selvatiche – e foraging – la raccolta del cibo che nasce spontaneo – possono spaventare, soprattutto se l’occasione per parlarne è l’apertura di un locale che proprio su questi concetti basa la sua filosofia. O meglio, quella di Valeria Margherita Mosca, già nota negli ambienti più di nicchia della gastronomia radicale italiana, sviluppatrice di Wood*ing Lab – laboratorio di ricerca e sperimentazione sull’utilizzo del cibo selvatico per l’alimentazione e la nutrizione umana, aperto nel 2010. Il passo in più che si è scelto di fare è aprire un bar/bistrot che su questi principi fonda la sua natura. È dalla natura infatti che ogni preparazione viene creata: drink e piatti super wild per il primo bar endemico della città.
Il Wood*ing BAR, braccio armato del Wood*ing wild food lab, non ha nessuna cucina a vista, solo un bancone del bar dove dietro ci trovi una bravissima bartender, Erica Rossi: a parte i cocktail tutto viene preparato dal team di Valeria in quello che definisce laboratorio. Ci si siede in grandi communal table di legno di cedro rigorosamente recuperato, le pareti sono quelle originali, gli interventi sono minimi e minimali, e tutto è coerente con lo spirito chic & wild di questo progetto. Le tecniche e gli ingredienti utilizzati aprono un nuovo orizzonte nel mondo della miscelazione più classica che si fa spazio tra muschi, licheni, fermentazioni e altre preparazioni che Valeria ha già raccolto nel suo libro Wild Mixology. Proviamo tre piatti e due cocktail: materie prime certamente inusuali, rispettose dell’ambiente e preparazioni probiotiche che fanno bene al corpo. Valeria e il suo team ci porta alla scoperta di piante, semi, vegetali edibili che crescono spontanei, a zero impatto sull’ambiente e tutti raccolti negli ambienti più disparati, dalla montagna fino al mare.
Erbe, radici, cactus, alghe, licheni, cortecce sono i veri protagonisti della drink list: come nel #4 con rosa, rum, Amaro Braulio (con cui firma una collaborazione) e sciroppo di sambuco, e nel Bloody Hip, un drink che ricorda il Bloody Mary più classico dove il succo di pomodoro viene ricreato con il succo di cinorrodi di rosa canina, e si aggiunge vodka, Amaro Braulio e erba castalda. Esteticamente impeccabili, i piatti del Wood*ing ricreano e ricordano l’armonia della natura.
Non manchiamo di farci raccontare da Valeria cosa abbiamo nel piatto: come il carassio, il pesce rosso d’acqua dolce che vive in ambiente quasi privi d’ossigeno, oppure i funghi di latifoglie che troviamo in una zuppa di latte di capra e foglie di faggio. Al Wood*in BAR si parla di paesaggio commestibile e niente da l’impressione che lo si faccia per moda. C’è molta passione e competenza in questi ragazzi.
Martina Di Iorio