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La mappa della precarietà culturale bolognese

Tra bandi e incertezze, ecco alcuni importanti luoghi ed esperienze con “contratti” a termine.

Written by Salvatore Papa il 25 March 2019
Aggiornato il 4 June 2019

Bologna, lo sappiamo, è piena di edifici vuoti. Circa quattrocento, secondo il censimento in costante aggiornamento realizzato da Planimetrie Culturali e Coalizione Civica, ma potrebbero essere molti di più. La questione è centrale per il futuro della città, considerando anche la nuova Legge Urbanistica regionale (LR 24/2017) che tra i suoi capisaldi contiene la riduzione/azzeramento del consumo di suolo.
Eppure la discussione continua a riguardare quasi sempre chi quei luoghi prova ad abitarli con la cultura, e non solo gli “abusivi”, ma anche i destinatari di convenzioni: sia perché ottenere uno spazio di proprietà comunale in comodato gratuito è da molti considerato un privilegio, sia perché ogni attività culturale che si rispetti ha i suoi risvolti elettorali. Una messa in discussione continua che trova il proprio sbocco politico nei bandi, che se da un lato rappresentano un utile strumento democratico, dall’altro rischiano di irrigidire le logiche di assegnazione con regole uguali per tutti, nonostante la natura variegata del settore culturale.

Eppure i casi virtuosi non mancano. Una delibera del 2014 individuava, ad esempio, i luoghi del sistema teatrale cittadino (Teatri di Vita, Teatro San Leonardo, Casa delle culture e dei teatri – Teatro Ridotto, Piccolo Teatro del Baraccano, DOM – La cupola del Pilastro) assegnandoli tramite bando a specifici operatori culturali. Qual è la differenza nella pratica? La presa di coscienza da parte dell’Amministrazione pubblica che luoghi come il Sì, Dom, Teatro San Leonardo, eccetera non avrebbero senso senza le attività delle associazioni che li gestiscono. La delibera recepisce, quindi, questa corrispondenza di contenuti e contenitori mettendo in qualche modo al riparo le convenzioni, pur prevedendo – com’è sacrosanto – un monitoraggio annuale per la verifica dell’attività culturale riconosciuta.
Altro esempio interessante è quello del Cassero, luogo sempre in bilico e al centro di conflitti politici. Il fulcro fondante della nuova convenzione del Cassero è la co-progettazione. Come ci ha raccontato il presidente Vincenzo Branà: «Noi abbiamo cercato di affrontare i nostri problemi mandando una lettera al Sindaco per spostare l’attenzione sul cosa piuttosto che sul dove, per rilanciare i progetti attivi in città in capo a diverse associazioni. È, quindi, seguita una chiamata pubblica per censire tutte le realtà che lavorano con la comunità LGBT dalla quale è iniziato un lungo e faticoso percorso di co-progettazione aperto a tutti i consiglieri comunali, dal quale sono venuti fuori ben 38 progetti. A quel punto la Salara (il complesso che ospita il Cassero, ndr) da luogo affidato a un’associazione è diventato il luogo per realizzare tutte quelle proposte presentate da una cordata di associazioni di cui il Cassero è capofila. È stata perciò avviata una nuova convenzione di durata 4+4 che rientra nei patti di collaborazione del Comune. La grande differenza è che mentre prima i progetti erano una conseguenza dell’assegnazione dello spazio, oggi i progetti sono i protagonisti, oggi si parla prima del cosa e poi del dove e la progettualità di quello che facciamo viene discussa in un tavolo permanente con l’Amministrazione Comunale».

Tuttavia tra sgomberi, nuove aperture e trasferimenti abbiamo assistito negli ultimi anni a una massiccia riconfigurazione geografica della città che, se è riuscita nell’intento di regolarizzare e riempire qualche vuoto (talvolta creandone altri, vedi Atlantide e altre vicende simili), non è stata però in grado di stabilizzare esperienze importanti, prolungandone lo stato di precarietà attraverso convenzioni di breve durata che ritornano ciclicamente a bando. Una precarietà che si ripercuote sulla vita culturale, sui quartieri, sugli operatori e sugli utenti finali, rendendo spesso impossibile ogni tipo di programmazione a lungo termine, e di conseguenza la creazione di valore sociale duraturo.

Ci chiediamo, quindi: cosa rimane di tutta questa cultura alla fine di una convenzione? E, davanti a una tale quantità di spazi liberi a disposizione, è possibile creare un sistema meno rigido che guardi alle specificità e metta un limite alla precarietà? Abbiamo provato a stilare una lista con alcuni di quelli che se lo stanno chiedendo in questi giorni. E non sono pochi.

AGGIORNAMENTO DEL 14 MAGGIO 2019: pubblicato l’esito ufficiale dei bandi per l’assegnazione di 16 immobili di proprietà di Palazzo d’Accursio.

MERCATO SONATO


La convenzione tra l’Associazione Senzapine ed il Comune che riguarda il Mercato Sonato scade il 7 ottobre 2019. Come più volte annunciato dal Comune, anche l’edificio che ospita il Mercato Sonato sarà oggetto di lavori.
«Ad oggi non sappiamo quando inizierà e quando si concluderà il cantiere – spiegano Tommaso Ussardi e Matteo Parmeggiani, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’Associazione Senzaspine – ma, in seguito alle rassicurazioni che abbiamo ricevuto dall’amministrazione comunale, fino a gennaio 2020 porteremo avanti tutte le iniziative al Mercato Sonato come abbiamo fatto finora. Per quanto riguarda il periodo successivo, non abbiamo certezze sul luogo in cui potremo spostare le nostre attività durante il cantiere. Indubbiamente ciò ci condiziona sul fronte della programmazione e della progettazione di medio e lungo periodo. Siamo certi, però, che il confronto con il Comune continuerà ad essere costruttivo e serrato, per avere tempistiche precise e non dover disperdere, neanche temporaneamente, il patrimonio artistico, organizzativo, professionale e sociale che abbiamo costruito, con passione e fatica, in questi tre anni e che, pensiamo, sia un valore aggiunto non solo per il Quartiere, ma per tutta la città».

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LÀBAS

Dopo lo sgombero dell’Ex Caserma Masini, Làbas (tramite l’associazione Nata per sciogliersi) ha ottenuto grazie a un bando l’ultilizzo dei locali di Vicolo Bolognetti che ospitavano il Quartiere San Vitale. Attualmente la convenzione è stata rinnovata di un ulteriore anno (fino alla fine del 2019), ma resta il fatto che l’attuale sede è una soluzione temporanea che, secondo l’Assessore alla cultura, Matteo Lepore, “deve portare questo progetto eventualmente a migrare in un ulteriore spazio” da individuare e concordare.

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VELOSTAZIONE DYNAMO

Dopo poco più di tre anni la Velostazione Dynamo è alle corde. Colpa della burocrazia che sta causando ritardi ad alcuni lavori di ristrutturazione dello spazio che ormai si sono protratti troppo.
Parcheggio per le biciclette, ma soprattutto laboratorio per la mobilità sostenibile, Dynamo nacque nel 2015 da un’idea dell’Associazione Salvaiciclisti Bologna, vincitrice di Incredibol, il bando coordinato dal Comune di Bologna e sostenuto dalla Regione Emilia-Romagna per sostenere la crescita del settore culturale e creativo. Un luogo diventato in poco tempo un punto di riferimento per tutti i ciclisti e per chiunque sogni una città con meno auto e smog; un simbolo di una certa visione di futuro, che a molti non piace per nulla. Tutta la vicenda ci è stata raccontata qui e ha portato a un crowdfunding per riaprire l’area eventi che era stata disallestita per far spazio al cantiere. La scadenza della convenzione, prevista per agosto 2019, è stata prorogata di un anno, proprio per non aggiungere un ulteriore carico a questi problemi. Ma l’anno prossimo ci sarà un nuovo avviso pubblico e, come preannunciato dall’Assessore Lepore, non è detto che la Velostazione rimanga lì dov’è.

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CAMPI APERTI

L’associazione che si batte per la sovranità alimentare ha firmato con il Comune dei Patti di Collaborazione. Quelli che riguardano i mercati del Vag, XM24, Savena Portazza e Piazza Verdi scadono ogni due anni e il prossimo termine è a fine aprile. Tuttavia, anche i patti vengono spesso messi in discussione come “privilegi”. Tant’è che per il mercato in Piazza San Rocco al Pratello è giunta l’ora dell’ennesimo bando. Ecco quello che ci ha raccontato la presidentessa di Campi Aperti, Elena Hogan: «Una parte del nostro problema è l’ambiguità della nostra attività, che viene spesso considerata commerciale, ma che invece è culturale, perché non siamo organizzatori di mercati, ma una comunità per la difesa della sovranità alimentare. Ovviamente i mercati sono importanti perché tengono in vita 120 produttori locali, ma sono solo una parte di quello che facciamo. In questo senso le piazze in cui operiamo rappresentano per noi un grandissimo valore sociale, poiché sono i luoghi dove proviamo a ricreare una comunità solidale. Ma fare i conti con la burocrazia non è per nulla facile, soprattutto quando non è chiara. Ti dico che ogni volta che cambia assessore, cambia tutto. Per questo, la precarietà ci ha sempre accompagnato. Guardiamo il caso di piazza San Rocco: dopo tre anni di co-progettazione per creare il mercato lì, abbiamo ottenuto un patto di collaborazione di appena tre mesi, prorogato per altri tre mesi, che scadrà il prossimo 31 marzo. Adesso ci è stato chiesto partecipare a un bando che ci crea un enorme stress, poiché ci costringe alla competizione con altri piccoli produttori che come noi lavorano con margini ristretti. Ecco, non credo che il bando sia uno strumento adatto per quello che facciamo. È un modo precario di vedere un mestiere. Noi crediamo invece che a Bologna ci sia spazio per tutti, considerando anche quanti supermercati ci sono, non facciamo male a nessuno e non ci sentiamo dei privilegiati. Per questo il nostro prossimo obiettivo è quello di creare un patto di non competizione, proprio per dire che i bandi noi non li vogliamo».

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XM24

Il termine della convenzione per l’uso dello spazio è formalmente scaduto il 30 giugno 2017, anche se XM24 è ancora lì: “viviamo in una situazione di precarietà esistenziale – scrivono -, con continui e ripetuti proclami riguardo un imminente sgombero”. Nel frattempo, dal Comune, si sono susseguite varie ipotesi riguardo al futuro utilizzo di quegli spazi: caserma, case popolari, co-housing e altro. La trattativa per trovare un nuovo posto non ha ancora avuto esito e il nuovo bando vorrebbe anche dirimere la situazione, prevedendo la partecipazione anche per i gruppi informali – quindi non per forza associazioni -, purché abbiano un portavoce. Dopo un’assemblea pubblica cittadina, il 6 febbraio, XM24 ha fatto sapere, tra l’altro, che “l’esigenza reale di spazi di socialità “dal basso” in città non è comprimibile nei modi e nei luoghi proposti dal Comune coi suoi percorsi “partecipativi”, […] gli spazi di socialità autogestita in città devono essere risconosciuti per ciò che sono, senza che siano costretti a forme (associative o altro) che non siano quelle liberamente autodeterminate, e senza la costrizione a processi che sono in realtà più competitivi che partecipativi”.
Viene, quindi, da pensare che non sarà il bando a risolvere la situazione.

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VENTI PIETRE

Dopo 3 anni l’associazione ha dovuto lasciare la casa del popolo di via Marzabotto 2. Il destino era già segnato, poiché l’immobile era stato concesso gratuitamente con un contratto di comodato d’uso e ora è stato venduto. Tutto secondo le dure regole del POC (Piano Operativo Comunale) del 2015 che ne aveva già previsto l’abbattimento dell’edificio per far posto ad abitazioni singole, negozi e servizi (qui un breve approfondimento). Da circa un mese sono stati autorizzati a rientrare in sede, seppur fino a luglio. La ricerca di una nuova casa, quindi, continua.

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LINK

Il Link è uno di quei luoghi ritornati a bando e in attesa di riassegnazione. La convenzione con la Link Associated è scaduta il 31 dicembre 2017. Nel frattempo, da una costola di quell’associazione, è nata la nuova Link 2.0, al quale è stata prorogata l’assegnazione dello spazio fino al 30 aprile 2019 per poter concludere un progetto europeo, Visual Music, già avviato. Link 2.0 ha, quindi, partecipato al nuovo bando, con una cordata alla quale hanno preso parte AICS, Shape (l’associazione che organizza il ROBOT festival), Eden (ovvero OZ) e altre cooperative e associazioni che si occuperanno di progetti sociali.

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LABORATORIO CRASH

Dopo l’ordine di sgombero della Procura dell’immobile di via Don Fiammelli occupato lo scorso aprile, Laboratorio Crash ha deciso di cambiare di nuovo casa trovando con l’Amministrazione Comunale la “soluzione ponte” delle Caserme Rosse, in attesa del bando per l’assegnazione di un nuovo spazio. Ora che il nuovo bando è arrivato, l’obiettivo è l’ex Centrale del latte in via Corticella per dare continuità al percorso di autogestione nel quartiere.

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TPO

La convenzione è stata rinnovata a febbraio 2018 alle due associazioni Ya Basta! e Atash, che sono, quindi, apposto fino al 30 settembre 2021, anno delle nuove elezioni e in cui scade l’accordo tra il Comune e le Ferrovie, proprietarie dello spazio.