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Capibara

Il 30 novembre a La Fine sarà presentato OMNIA, ovvero quello che si preannuncia uno degli album elettronici italiani dell'anno. Ci racconta tutto in questa intervista il suo autore: Capibara.

Written by Nicola Gerundino il 5 November 2018
Aggiornato il 6 November 2018

Date of birth

28 September 1989 (34 anni)

Place of birth

Roma

Place of residence

Roma

Attività

Musicista

Un disco che ci ha colpito fin dai primi brani, che ci ha dato subito l’impressione fosse qualcosa a cui dedicare un bel po’ di spazio. “OMNIA” di Capibara arriva alla fine del 2018, ma parla anche di 2019 e 2020. Sembra provenire da etichette e città lontane, eppure uscirà per La Tempesta e dentro ha tanto di Roma, a partire dal reggaeton che esce dalle macchine che scodano veloci nelle rotonde di San Giovanni. Ci siamo fatti raccontare tutto in questo intervista, in vista della presentazione ufficiale in programma il 30 novembre a La Fine.

 

Partiamo da quello che per me è un dato di fatto: "OMNIA" è davvero un bell'album! C'è dentro tantissima roba fresca e contemporanea. Che cosa hai ascoltato nell'ultimo anno - o anche due, va. Che artisti ti hanno appassionato e che dischi hai consumato?

Questa è la domanda più difficile che mi si possa fare. Ho delle “ancore” a cui mi aggrappo regolarmente, come Kanye West, praticamente tutto quello che fanno e hanno fatto Damon Albarn, Ben Frost, The National, David Bowie e così via… Per citare anche l’Italia, tra i tanti ti direi Verdena e Fine Before You Came, sempre in rotazione. Ma, a parte i “porti sicuri”, navigo parecchio tra tutta la musica che posso, cerco di ascoltarmi un paio di album nuovi al giorno, tenermi aggiornato su vari canali, anche quelli che non mi interessano particolarmente perchè non sai mai da dove può arrivare l’ispirazione. Ultimamente sono impazzito per “Astroworld” di Travis Scott – e non è il suo unico album che mi abbia fatto questo effetto – “Another Life” degli Amnesia Scanner, “Dancehall” dei The Blaze, “Forever” di Popcaan. Ma sono solo la punta dell’iceberg, i primi nomi e titoli che mi sono venuti in mente tra tanti. Se proprio dovessi scegliere tra le centinaia di artisti e album della mia vita per descrivere il mio gusto, ti direi Kanye West sposato con Matt Berninger, con le musiche nuziali di Clark e la direzione artistica del matrimonio di Hideo Kojima.

Personalmente trovo molto bello l'accostamento tra ritmiche afro e latine e suoni che sono abbastanza scuri, a volte anche minimali.

Grazie! Mi piace pensare alla musica come qualcosa di “universalmente umano” e non come qualcosa, a seconda del caso, di strettamente legato a territori o nazioni. Bisogna certamente studiare il modo in cui sono nati certi ritmi e come si sono evoluti, ma ormai per me non è più l’epoca in cui l’uomo deve guardare il suo prossimo come avversario o necessariamente altro da sé, ma come un individuo simile in un universo più grande. La mia musica vuole essere un riassunto, una rappresentazione “universale” del genere umano, con tutte le sfaccettature, anche le più impensate, che questo comporta.

Di solito i tuoi ascolti da dove partono? Come ti "informi" sulle nuove uscite e sui nuovi suoni?

Ovunque! Lavoro parecchio, ma sono abituato a seguire qualsiasi cosa mentre lavoro o appena finisco: guardo canali Youtube, passo ore su Twitch, leggo webzine italiane e straniere, riviste di lifestyle e attualità. “IL” de Il Sole 24 Ore è una delle mie letture preferite tra le italiane, da cui prendo molta ispirazione, visiva e non solo. In sostanza, cerco ovunque e sempre cose che mi diano stimoli audio/visivi/olfattivi.

Queste domande sono correlate a una città, Roma, e a un Paese, l'Italia, in cui per arrivare a certi suoni ci si deve mettere di buzzo buono, come si suol dire. Tu che ne pensi del “sistema italia” per quello che riguarda la musica?

Ci vorrebbero pagine e pagine per dare una risposta a questa domanda. È una questione su cui ho riflettuto e rifletto molto tutt’ora, per cui ho tante opinioni e idee a riguardo. Per farla brevissima, se non siamo ancora capaci di creare un mercato competitivo, un buon motivo ci sarà.

C'è da dire che negli ultimi tempi l'attenzione nei confronti della musica italiana è cresciuta tantissimo, che si tratti dell’underground elettronico o del rap radiofonico. Che ne pensi e come stai vivendo questa situazione di rinnovato interesse?

Anche qui il discorso è abbastanza lungo. In generale, posso dire che è un bene che le persone si interessino alla musica, ma, sostanzialmente, credo che troppe volte venga ascoltata e digerita in maniera un po’ superficiale.

Chi sono i musicisti italiani che attualmente stai seguendo e di cui ti piacciono le produzioni?

Per fortuna tanti: Populous, Petit Singe, Yakamoto Kotzuga, Miracle of Love, Lorenzo BITW, Machweo, Venerus, Mai Mai Mai, Jolly Mare, Ckrono, Go Dugong, Bienoise, Furtherset, il collettivo Ivreatronic. Non parlo degli artisti con cui lavoro per par condicio – ciao Sxrrxwland e Pippo Sowlo! – ma diciamo che se li seguo un motivo c’è!

Andiamo più nello specifico sull'album. Come e quando è nato "OMNIA"?

“OMNIA” ha avuto una genesi non definita. Non c’è stato un giorno preciso in cui ho deciso di iniziare il disco. C’è stato , invece, un giorno preciso in cui ho iniziato a pensare a una nuova idea e alla sua evoluzione e “OMNIA” è stato un continuo mettere in pratica questa idea, riadattandola continuamente alle varie necessità musicali. Poi la cosa ha iniziato a prendere la forma di una colonna sonora di un dato periodo della mia vita.

Dove l'hai registrato?

Ovunque, sempre.

Che macchine hai utilizzato ?

Questa è una domanda a cui faccio fatica a rispondere. Non utilizzo degli strumenti specifici, non sono un malato della strumentazione o dei synth. Uso semplicemente quello di cui ho bisogno in base alle esigenze e alla situazione. Dal registratore del telefono che mi cattura una tastiera in prova a MediaWorld, a sample vocali di videogiochi usati come synth, ai classici VST passando per tastiere anni 90 di basso costo. Cerco ciò che mi dà il suono che voglio, a prescindere dal fatto che provenga da uno strumento o da altro.

Il nome "OMNIA" invece da dove viene?

Dal tutto, letteralmente. Perché c’è tutto quello che doveva esserci: è un disco che rappresenta al 100% questa fase della mia vita. E poi sì, è anche un po’ un richiamo all’enciclopedia digitale che avevo a casa da bambino, con quelle ambientazioni 3D fantastiche.

Già che ci sono ti chiedo anche l'origine del nick Capibara.

Il capibara è un animale brutto e peloso e ha bisogno di affetto. Praticamente sono io, ma con più cervello.

"OMNIA" è un album molto lungo, quasi doppio. Avevi molte idee per la testa?

E per fortuna che mi hanno fermato! Potevo andare avanti.

Non hai pensato a fare due uscite più ravvicinate, ma con meno brani in ognuna?

No. Credo fermamente che un disco abbia un suo senso di esistere in quanto tale, che le tracce al suo interno abbiano un proprio significato, e che, per questo motivo, il tutto resti superiore alla somma delle sue parti. Farne una questione di numero delle tracce, durata, tempi, divisione in diverse uscite, non è un’idea di musica che mi riguarda. Per me questo disco è come un film o un videogioco. C’è una storia e questa viene raccontata da ogni singola produzione.

Ci sono diverse collaborazioni nell'album. Partiamo da Maldonado.

Io e Maldoflow ci conosciamo da anni. Sono spesso da lui, mi fa sentire le cose su cui lavora, parliamo per ore di musica e cazzate. È il grande fratello che tutti vorrebbero.

Sxrrxwland.

Loro invece sono i miei fratelli minori. Tecnicamente, insieme a Danilo Bubani sono il loro manager, ma siamo per lo più amici che vogliono fare cose fiche insieme.

Dengue Dengue Dengue.

Ci siamo conosciuti durante un festival in Puglia in cui suonavamo nella stessa serata. Lì è nata l’idea di fare qualcosa insieme e poi a distanza, sull’asse Italia, Germania, Perù, l’abbiamo conclusa.

"OMNIA" esce per La Tempesta, che già qualche mese fa aveva pubblicato un album elettronico made in Rome, "Love Junction" di Lorenzo BITW. Come ti sei trovato con questa label, tradizionalmente legata a suoni rock?

Non so come dirlo. Per la pazienza, la costanza e la voglia di fare, Enrico Molteni e Paolo Baldini dovrebbero avere almeno due statue a Piazza San Giovanni. Sono stati perfetti con me: mi hanno atteso, non mi hanno mai messo pressione e soprattutto mai mandato a quel paese.

Diversi brani di "OMNIA" stanno uscendo accompagnati da un video. Quanto hai partecipato alla loro realizzazione e creazione?

Una cosa che mi piace tantissimo del mio lavoro – l’art direction, per cui teoricamente ho anche studiato – è poter scegliere con chi lavorare in base a ciò a cui si vole dare voce. Con Danilo Bubani, il regista di “Fantino”, siamo diventati prima amici e ora colleghi. Volevamo dare un segnale con un video girato praticamente con budget zero, come per dire: “Noi ci siamo e guarda cosa facciamo dal nulla”. Invece con Karol Sudolski – che ha diretto il video di “Santa Roma” e sta lavorando sui video di tutte le singole tracce – è stato subito amore. Tutti i riferimenti visivi e multimediali che gli proponevo lui li conosceva già, e quindi c’è stata fin dall’inizio questa intuizione immediata di dove voler andare a parare. Come art director mi piace poter scegliere le persone giuste per ciò che ho nella testa e poterle fare esprimere liberamente. E forse risiede proprio qui la vera capacità di chi dovrebbe fare questo mestiere.

Hai un brano preferito dell'album o uno a cui sei particolarmente legato?

Per me “OMNIA” è un intero unico brano.

Prendendo spunto dal titolo "Santa Roma", ti chiedo: quanto c'è di Roma in questo album?

Anche qui potrei parlare per ore. Direi che mi fermo a una semplice quanto perfetta affermazione: l’uomo è il diretto risultato dell’ambiente in cui vive.

Qual è stato il tuo percorso, sempre da un punto di vista musicale, attraverso Roma in questi anni?

A dire la verità, mi rendo conto che più passa il tempo e più trovo la mia dimensione nella mia solitudine. Che detta così sembra brutto e deprimente, in realtà parlo di dedicarmi appena possibile alle tremila passioni e vizi che ho. Musica, videogiochi, lettura, mostre, arte, NBA, calcio, politica, moda, etc. Per quanto riguarda la vita fuori di casa, a parte il lavoro, difficilmente ormai frequento serate o eventi, se non proprio in casi veramente straordinari o clamorosi. Diciamo che se devo scegliere, preferisco andare a un mostra che in un club. E ancora, preferisco la Playstation a una serata in piazzetta a bere.

Mi offri un assist per chiederti: calciatore, giocatore Nba e videogioco attualmente preferiti.

Come calciatori, nella mia personalissima classifica di tutti i tempi, ci sono Zlatan e Totti tre metri sopra il cielo. Per affetto, tra quelli che giocano ancora in Serie A ci metto Florenzi e Iago Falque. Per l’Nba è tosta. Tifo gli Atlanta Hawks da quando sono piccolo e per questo sono mega legato ad Al Horford. Forse per qualità attualmente ti direi Antetokounmpo, Mitchell e poi adoro Joel “The Process” Embiid. Sui videogiochi, ora come ora sono chiuso su “Red Dead Redemption 2”: lo attendevo da due anni. Sono in fissa assoluta anche per “Death Stranding”, visto che sono un fan livello stalker di Hideo Kojima. Appena posso gioco a qualsiasi cosa. Ultimamente ho rifinito “The Last Of Us” e “Detroit Become Human”, passando per “God Of War” e “Wolf Among Us”. E naturalmente il mio sportivo ė “NBA 2K”.

Nel presentare il tuo album hai detto: «Sono cresciuto ascoltando hip hop in una città in cui per riflesso assorbivo anche il culto della techno. E, contemporaneamente, sono stato sempre influenzato dai ritmi della dancehall e del reggaeton, che dalla strada mi arrivano fin dentro casa». Ecco, dove hai casa e chi ti spinge il reggaeton dalla finestra?

Praticamente, ogni macchina che passa driftando nella curva della piazza sotto casa mia spara reggaeton. Re di Roma è sempre stata un po’ coatta. E questo mi ha salvato.

Di trap non te ne arriva? Di quei suoni c'è poco o niente nell'album, giusto qualcosa nel brano con i Sxrrxwland.

Mah, in realtà un genere puro e crudo dentro questo album non c’è, piuttosto ci sono ibridazioni ed esperimenti. La trap forse c’è… Fusa da qualche parte con qualche altra cosa.

Che quartieri di Roma ti piace frequentare? Non tanto per le uscite serali, quanto viverli e attraversarli in un qualsiasi momento della giornata.

San Giovanni è casa. Per quanto l’ho sempre sentita stretta, la conosco centimetro per centimetro e ora che purtroppo non ci passo più tanto tempo ogni volta che vedo qualcosa di cambiato, anche il minimo, c’è sempre una stretta malinconica da qualche parte dentro. Il mio luogo del cuore, quello dove voglio vivere quando sarò un fantasma, è la GNAM, poco fuori Villa Borghese. Lì le mattine in mezzo alla settimana hanno un profumo diverso.

Se quest'album fosse un quartiere di Roma quale sarebbe?

Una passeggiata a Re di Roma, un mercoledì notte di agosto.

E il prossimo che quartiere sarà?

“Steins;Gate” a Ponte Lungo.

Contenuto pubblicato su ZeroRoma - 2018-11-16