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JiaMo Lab

I migliori panini cinesi di Roma li prepara Chen nel suo piccolo locale di via Bergamo

quartiere MACRO

Written by Nicola Gerundino il 17 June 2022

Foto di Guido Gazzilli

Place of residence

Roma

Ormai ci siamo tutti abituati ai bao, i panini morbidi cotti al vapore che troneggiano anche nei menu di ristoranti e gastropub. La sino-avanguardia però è altrove: nella croccantezza. Un po’ come quando si va in una pasticceria napoletana e cala il silenzio quando si chiede una frolla e non una riccia. Il paragone con la sfogliatella non è casuale, perché è con un procedimento simile che Chen prepara i panini che serve nel suo JiaMo Lab di via Bergamo, a due passi dal MACRO. Medaglioni croccanti che sembrano fritti, ma che in realtà sono al forno, ripieni di carne stufata e brasata buonissima.

Insieme a mio zio abbiamo deciso di proporre ricette tipiche, più particolari rispetto a quelle della normale ristorazione cinese, per farle conoscere e anche per far cambiare idea alle persone.

Ciao Chen, raccontaci un po’ la tua storia: quando sei arrivato a Roma?

Io sono di origine cinese, sono nato lì e ci sono rimasto fino ai dieci anni. Sono del sud-est della Cina, della zona di Zhejiang. Il panino che prepariamo invece è tipico del centro-nord della Cina, della zona di Shaanxi. Il capoluogo di questa regione ci chiama Xi’an: è una città molto antica, dove hanno trovato il famoso esercito di terracotta. Ravioli, bao e gli altri piatti invece li cuciniamo con lo stile del sud, da dove provengo.

Perché hai deciso di aprire JiaMo Lab?

La mia famiglia lavora da sempre nella ristorazione, cinese e anche giapponese. Per tanto tempo abbiamo preparato piatti che non erano delle nostre zone e quando è così dopo un po’ ti stufi. È come se tu andassi a cucinare all’estero piatti italiani, ma tutti rivisitati: a un certo punto non ritrovi più te stesso in quella cucina e vuoi provare a fare altro. Insieme a mio zio abbiamo deciso di proporre ricette tipiche, più particolari rispetto a quelle della normale ristorazione cinese, per farle conoscere e anche per far cambiare idea alle persone. Molti infatti credono che esistano solo il riso alla cantonese e gli involtini primavera e che la nostra sia una cucina di basso livello. Volevamo far assaggiare piatti fatti bene, anche quotidiani, e fare capire che sono in realtà molto leggeri e buoni. Ormai ci sono tanti ragazzi di origine cinese in città che, come me, vogliono proporre e assaggiare questi cibi.

A te dove piace mangiare cinese a Roma?

Ci sono diversi ristoranti. Ad esempio quelli che fanno cucina del Sichuan, un po’ piccante, come Tin House, Mi (un ristorante che sta dalle parti di Colli Albani) o One Restaurant al Quadraro. Mi piacciono anche quelli che fanno l’hot pot: un pentolone con un brodo caldo che sta in mezzo al tavolo dove immergere cibi crudi da cucinare al momento.

Dove hai imparato a preparare i panini che servi da JiaMo Lab?

In realtà è stato mio zio il primo a imparare la ricetta e la tecnica. Nel 2015/2016 era andato a Xi’an proprio per conoscere la cucina della zona e lì ha scoperto questo panino.

Raccontaci allora come sono fatti. Cosa hanno di così particolare?

Sono dei panini fatti a base di farina di grano, uova e acqua. Assomigliano un po’ a una sfogliatella. All’inizio si fa una sfoglia unica, lunghissima, come quando si prepara la pasta qua in Italia. Poi si arrotola piano piano e l’ultima parte si taglia un po’ a forma di spaghetti, che si arricciano nella parte esterna. Poi il rotolo viene diviso in piccole pagnottelle, appiattite con un mattarello, infine l’impasto viene cotto al forno, così da diventare croccante. Molti, vedendolo la prima volta, pensano che il panino sia fritto, in realtà in quella regione è un pane quotidiano e non tutti hanno abbastanza olio per friggere ogni giorno, quindi si cucina al forno.

I condimenti invece sono tutti di carne?

I ripieni tradizionali sono con maiale stufato o con manzo brasato, poi noi ci mettiamo dentro anche verdure o pollo.

Cos'altro cucinate?

Noodles, bao, anatra alla pechinese. Altri piatti che sono più nostri.

Come siete finiti in questo quartiere di Roma? Che ne pensi?

Per me è una bellissima zona, anche abbastanza internazionale. La gente è aperta e ha voglia di sperimentare nuovi piatti. All’inizio, ovviamente, i nostri panini non li conosceva nessuno, ma c’è stato subito interesse. Ci sono tanti ragazzi di zona che vengono a mangiare da noi e i vicini sono molto carini. All’inizio ci hanno aiutato tanto a far conoscere il locale e a fare un po’ di passaparola. Si diventa amici.

Chi sono i vostri clienti?

Principalmente, come ti dicevo, è gente del quartiere, ma vengono anche da parti della città molto lontane. Inoltre, siamo vicini al centro, quindi per i turisti è abbastanza facile raggiungerci. Adesso che sono finite le restrizioni e si è ricominciato a viaggiare viene anche molta gente da fuori, tanti anche dalla Cina. Le ricette che proponiamo non sono così facili da trovare nel resto d’Europa.

Da queste parti ci abiti anche?

No, sono stato per un po’ di tempo tra largo Preneste e il Pigneto, poi due anni fa mi sono trasferito in zona piazza Vittorio, che è un po’ più vicina sia a via Bergamo che al Mercato Esquilino, dove facciamo la spesa.

È lì che vi rifornite?

Sì. Tante verdure, spezie e frutti dell’Asia si trovano solo lì. Poi conosciamo da tempo diversi fornitori che ci mettono da parte i tagli di carne più buoni. Ci sono anche molti supermercati ed è comodo per vedere gli ultimi arrivi, come le bibite o gli alcolici.

Ogni tanto fate spesa anche al mercato di piazza Alessandria?

Raramente: i prodotti sono eccellenti, ma anche i prezzi sono veramente eccellenti!

Ci sono posti del quartiere che frequenti di più?

La pizza è il mio piatto preferito: è la prima cosa che ho mangiato in Italia, per cui mi piace ogni tanto andare nelle pizzerie della zona. Mi piace anche la porchetta. Poi, io bevo litri di caffe al giorno e fortunatamente qui di bar ce ne sono tanti, quindi una volta vado da una parte, una volta dall’altra. Ogni tanto passo anche al New Age Cafè per una birra, se riesco a staccare non troppo tardi. Lavoro sempre tanto e purtroppo ho poco tempo per girare.