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Off Topic

Otto anni di guerriglia urbana

Written by Lucia Tozzi il 7 March 2019
Aggiornato il 8 March 2019

Place of birth

Milano

Place of residence

Milano

Attività

Collettivo

Nonostante la sua aria glamour, Milano è piena di attivisti. Persone che lottano per la giustizia sociale, per salvare questo o quel quartiere, contro le discriminazioni, contro il controllo digitale. Ma Off Topic Lab, nato nel 2011, è forse l’unico gruppo che unisce all’azione politica una visione critica molto ampia sulla città e una forma di ricerca multidisciplinare capace di costruire, nell’arco di questi anni, una controretorica molto efficace sul modello Milano, con una particolare attenzione alle politiche ambientali.

Come nasce Off Topic?

Off Topic prende forma nel 2011 da una serie di esperienze, tra cui il comitato NO EXPO e il progetto Seiv de farm alla Cascina Torchiera, laboratori di autocostruzione basati sul recupero e l’economia circolare. Quello era un momento di passaggio cruciale: a conclusione di un grande ciclo di trasformazione immobiliare – di “rigenerazione urbana” delle aree postindustriali, con EXPO la città dichiara la sua presentabilità turistica, il suo presunto rinascimento. Di fronte a questa grande narrazione di propaganda, che ha occupato in modo permanente da allora l’intero arco della stampa nazionale, noi abbiamo deciso di dare vita a un progetto che fosse in grado di espandere e dare continuità alle pratiche e alle ricerche che ci interessavano, e di tornare all’Isola, storico luogo delle controculture milanesi, dal Pergola, al Volturno, alla Stecca. Così insieme ad altri gruppi, gas, San Precario, abbiamo occupato Piano Terra, in via Confalonieri: la strada di confine tra il quartiere, con anche le ultime case popolari, e il cantiere di Porta Nuova e del simbolo della sua trasformazione immobiliare, il Bosco Verticale. Uno spazio sociale aperto, su strada, in una posizione strategica per leggere la più perversa forma di gentrification operata dal Real Estate a Milano. Isola è una specie di laboratorio di quello che avviene in città: pochi scontri frontali, contrapposizioni nette. La resistenza viene spezzata con il finto “ascolto”, con la persuasione, scambiando minuscoli favori e riconoscimenti a gruppetti e soprattutto promettendo il vantaggio privato dell’aumento della rendita immobiliare.

Sì, di sicuro Isola- Porta Nuova è l’archetipo del tipo di propaganda fondata sul greenwashing: il massimo della concentrazione immobiliare spacciata per innovazione ambientale, sociale e culturale. Esattamente lo stesso schema dell’EXPO e di quel groviglio di politiche che va sotto il nome di smart city.

È per quello che abbiamo inventato un gioco, Expopolis, che rende comprensibile a tutti, anche al di fuori del movimento, l’inconsistenza di quelle retoriche. Un dispositivo ludico che utilizza il gioco più diffuso delle famiglie e si può adattare a qualunque contesto: l’EXPO, o la città della Salute a Sesto, o un’altra speculazione a Venezia. Finché c’è stato il cantiere di Porta Nuova abbiamo organizzato aperitivi, concerti e feste spostando le transenne che lo delimitavano. Quello che volevamo segnalare era che quando si rinuncia al verde orizzontale, quello pienamente pubblico, per sostituirlo con il simbolico, poi la fruizione e l’accesso diventano più difficili. Puoi passeggiare per i giardini Catella, ma prova ad appoggiarci una sedia e spunta il guardiano. Gae Aulenti è uno spazio a tutti gli effetti privato, commercializzato, pieno di recinti e lotti in affitto. Un abisso separa il PUBBLICO dall’ A USO PUBBLICO.
Abbiamo poi prodotto Pieghevole, una pubblicazione che in ogni numero ha affrontato un tema caldo delle nostre ricerche sulla città – la bulimia di eventi, la discriminazione abitativa, le politiche ambientali – addensando dati e critica, e Scandaglio, un progetto di ricerca e sperimentazione di linguaggi sui grandi temi che investono il territorio milanese: i Navigli, le Olimpiadi, le privatizzazioni dei beni demaniali. E nel frattempo abbiamo anche condotto la battaglia No Canal, contro la realizzazione delle famose Vie d’acqua di EXPO, rappresentate come idillici percorsi acquatici e che invece nella realtà sarebbero stati dei canaloni di cemento che avrebbero spezzato in due molti dei parchi della fascia ovest di Milano. La vittoria che abbiamo ottenuto è stata importantissima perché al di là del risultato abbiamo mantenuto la rete con quelle associazioni, comitati di cittadini, attivisti sul territorio che ci consente di portare avanti altre battaglie su quella fascia che si estende da Baggio al Gallaratese, da Trotto Bene Comune fino all’ultima per la difesa di Piazza D’armi.

Perché è importante Piazza d’Armi?

Perché è un polmone verde di più di 40 ettari, grande quanto Parco Sempione, al cui interno si era sviluppato un bosco spontaneo ripopolato da specie animali e vegetali oramai scomparse da Milano. L’area era di proprietà e vocazione pubblica, e poi attraverso una serie di passaggi è andata in mano a società che si comportano a tutti gli effetti come un soggetto privato. Il PGT Milano 2030 di Maran ha definito l’area strategica, aumentandone grandemente l’indice di edificabilità e destinando quindi a cubature metà del bosco spontaneo. Quello che i cittadini vengono a sapere è l’opposto: che ne dite di un nuovo parco a Piazza d’Armi? Esattamente come è successo per gli Scali ferroviari.

Un altro vostro cavallo di battaglia è la questione della qualità dell’aria

Certo, perché è il perno tra le varie retoriche del cosiddetto cambio di passo. Incrocia le campagne mediatiche degli open data del Comune, che rendono leggibili (anche se parzialmente) i dati giornalieri sulle sostanze inquinanti, della sharing economy (con i bike sharing che stanno fallendo uno dopo l’altro), della rincorsa nelle classifiche internazionali sulla qualità della vita, insomma tutto il pittoresco della smart city. Ma poi guardando il dato brutale, al netto dei presunti miglioramenti, a Milano e nell’intero territorio padano la qualità dell’aria resta pessima, da emergenza, anche perché le politiche messe in atto – area C, area B, incentivi per cambiare l’auto a chi se lo può permettere – sono del tutto inefficaci, se non addirittura controproducenti come l’aumento delle tariffe ATM che indurrà i city users a scegliere l’auto. Stiamo provando ad allacciarci a un sistema internazionale di mappatura dal basso (luftdaten.info), con delle centraline autocostruite installate sui balconi o le finestre di singoli.