Viviamo tempi incerti e oscuri, in cui spesso, per la sovrabbondanza di informazioni, non si sa più a chi dar credito e fiducia. Da ogni parte siamo “tirati per la giacchetta” da sirene incantatrici che ci chiedono di pensare una cosa o tutto l’opposto. Ebbene, proprio in momenti così abbandonarsi a una visione artistica può essere salvifico. La visione in questo caso è quella di Ai Weiwei, chiamato dal Teatro dell’Opera a rileggere la “Turandot” di Puccini.
Un compito su cui l’artista si è buttato a capofitto, firmando la regia e disegnando scene, costumi e video. La
premessa fornita da Weiwei in un’intervista al Corriere è che si è avvicinato al compito scevro da pregiudizi di sorta, perché: «Nella controrivoluzione cinese c’era solo musica di propaganda, la classica era proibita». Fuortes, il soprintendente che si occupa dell’ente lirico romano, ritenta il colpaccio riuscito con la Traviata di Sofia Coppola e noi speriamo abbia successo anche stavolta. Non solo per le casse dell’Opera, ma anche per tornare a credere che la bellezza salverà il mondo ancora una volta.
Scritto da Enrica Murru