Sei disgustosi uomini bianchi puniscono un negro sorpreso a bere con la donna bianca: nella polvere compresa tra cinque auto, con tanto di trascinamento con corda. All’epoca – fra gli anni Sessanta e Settanta – quest’opera, Five Car Stud, scatenò l’ira di dio, le solite polemiche sui fondi pubblici agli artisti (negli USA i taxpayers non sono mai stati rassegnati come qua sull’uso del denaro), processi e ammenicoli. Kienholz era la West Coast, era il brutale contrappasso degli eleganti newyorkesi. Lo squallore delle sue mise-en-scène non ha mai avuto nessuna stilistica redenzione pop, era inequivocabile, priva di ambiguità. Le gambe aperte della donnaccia nel sedile posteriore, i fast food, l’osceno allo stato puro, lontanissimo da qualsiasi traccia di seduzione. Ed Kienholz, che negli anni 50 fondò la NOW Gallery e poi la Ferus Gallery a LA, è rimasto famosissimo per il gran rifiuto a Leo Castelli, allora forse il più potente oligarca dell’arte mondiale. Chi sa se sarebbe d’accordo sulla mostra alla Fondazione Prada, ma probabilmente si.
Scritto da Lucia Tozzi